Nella città di Jenin, situata nella Cisgiordania settentrionale, Israele ha attuato un raid militare nella mattinata di lunedì 19 giugno. L’operazione ha visto contrapposte forze armate israeliane e uomini armati palestinesi. Lo scontro ha mostrato l’utilizzo di mezzi militari di grande portata, tra cui un elicottero da combattimento che ha eseguito attacchi per evacuare gli otto soldati dell’IDF feriti.
Si tratta dei primi attacchi armati di Israele di tale portata, come riferito dalle autorità militari e locali, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di elicotteri, come avvenuto in questo caso, e ciò il che testimonia l’importanza dell’evento. L’obiettivo del raid era l’arresto di due palestinesi ricercati per terrorismo ma l’operazione è stata interrotta da un violento scontro a fuoco tra le forze israeliane e palestinesi, che hanno reagito agli attacchi israeliani.
Il ministero della salute dell’Autorità palestinese ha reso noto che, in seguito ai violenti scontri con le truppe israeliane nella città di Jenin, cinque persone hanno perso la vita e altre 91 sono rimaste ferite. Le vittime sono state identificate come Khaled Asasa di 21 anni, Qassam Abu Sariya di 29 anni, Qais Jabareen di 21 anni, Ahmed Daraghmeh di 19 anni e Ahmed Saqr di soli 15 anni.
Almeno altri 23 palestinesi sono rimasti feriti in maniera grave a seguito degli scontri, tra cui una giovane ragazza. Queste cifre fanno riflettere sulla gravità degli eventi a Jenin e sulla necessità di trovare una soluzione pacifica al conflitto tra Israele e i palestinesi.
Secondo quanto riportato dall’ala locale della Jihad islamica, nota come Battaglione Jenin, i suoi membri hanno innescato gli ordigni esplosivi nei pressi dei veicoli dell’IDF e successivamente li hanno colpiti con colpi di arma da fuoco.
Le dichiarazioni rilasciate da Israele hanno evidenziato che, mentre i militari stavano lasciando la città, un veicolo militare è stato attaccato con un ordigno esplosivo, il quale ha causato danni al corrazzato. La dinamica dell’evento e le responsabilità dei vari soggetti coinvolti sono ancora oggetto di indagini e di analisi da parte delle autorità competenti.
I media palestinesi hanno diffuso un filmato che mostrava chiaramente la bomba piazzata sul bordo della strada e fatta esplodere vicino ai veicoli dell’esercito israeliano, avvolti dal fumo. In un’altra clip, invece, i veicoli dell’IDF erano sotto il fuoco nemico. Spari ed esplosioni si sono potuti udire in tutta la città, come mostrato in altre clip condivise online.
Si apprende dai media locali che otto soldati e agenti della polizia di frontiera, sono feriti nell’esplosione, come riportato anche dalla nota congiunta dell’IDF e della polizia di Israele. Secondo la dichiarazione, tre soldati dell’IDF sono rimasti feriti, di cui due hanno riportato ferite di media gravità e uno lievi, mentre cinque agenti della polizia di frontiera sono rimasti feriti in maniera lieve o moderata.
L’ospedale Rambam di Haifa ha riferito che cinque militari sono stati ricoverati presso la struttura e due sono stati operati poco dopo l’arrivo. Altri due soldati sono stati trasportati all’ospedale Sheba fuori Tel Aviv, mentre l’ottavo soldato, che ha riportato solo lievi ferite da schegge, è stato invece portato in un altro ospedale.
L’IDF ha confermato che un elicottero Apache ha lanciato missili in un’area in cui sono stati individuati uomini armati, al fine di consentire l’evacuazione dei militari feriti e condurli in ospedale. Questa operazione è stata descritta dalle autorità di Israele come necessaria data la gravità delle ferite riportate dai soldati, che hanno richiesto soccorso urgenti.
Il filmato pubblicato dai media palestinesi ha chiaramente mostrato l’elicottero Apache che ha lanciato missili contro un bersaglio e ha dispiegato razzi sulla città, probabilmente per proteggersi da eventuali attacchi da parte delle milizie palestinesi di Jenin. La situazione sul campo continua ad essere tesa e in evoluzione e preoccupa le autorità internazionali che stanno lavorando per poter garantire la sicurezza delle persone coinvolte.
L’attacco aereo ha gettato nel caos la popolazione e non si vedeva un attacco del genere nella zona dal 2002. Negli anni 2000 Israele ha usato elicotteri militari nelle sue operazioni, ma ma mai in operazioni di routine. L’IDF ha comunicato inoltre che le truppe hanno continuato a operare a Jenin per diverse ore, cosi da recuperare i veicoli danneggiati.
Il portavoce dell’IDF e contrammiraglio Daniel Hagari ha dichiarato che le forze israeliane sono state prese di mira mentre rimorchiavano i veicoli danneggiati. Ha spiegato che: “Abbiamo capacità aeree e di osservazione in queste aree e la scena è gestita ed è sotto controllo”.
Hagari ha anche aggiunto che gli incidenti a Jenin saranno oggetto di indagine e che verranno tratte lezioni dallo scontro.
La situazione a Jenin rimane tesa e le autorità competenti stanno lavorando per garantire la sicurezza delle persone coinvolte. Gli scontri hanno evidenziato l’urgente necessità di trovare una soluzione pacifica ed equa al conflitto in corso tra Israele e i palestinesi.
Questa operazione durissima, attuata da Israele, ha sollevato inevitabilmente nervosismo e malcontento da parte delle fazioni islamiche palestinesi, ma ha generato anche dure critiche da parte delle autorità islamiche globali.
Nibal Farsakh, responsabile dei media e dell’informazione presso la Palestine Red Crescent Society, ha reso noto che le forze israeliane hanno attaccato quattro ambulanze che stavano cercando di prestare soccorso a Jenin, con l’obiettivo di ritardare il trasporto dei feriti, alcuni dei quali si trovavano in gravi condizioni.
Secondo le dichiarazioni di Farsakh, le ambulanze stavano cercando di raggiungere le zone colpite dagli scontri per prestare assistenza medica ai feriti, ma sono state ripetutamente attaccate dalle forze israeliane. Queste azioni avrebbero ritardato il trasporto dei feriti verso gli ospedali, aggravando la loro situazione e mettendo a rischio la loro vita.
Il ministero degli Esteri giordano ha condannato il raid israeliano a Jenin e lo ha definito come un ulteriore segnale di un “ciclo di violenza” in atto nella regione. Il portavoce del ministero Sinan Majali ha sottolineato anche l’importanza di fermare le “continue incursioni” di Israele nelle città palestinesi per proteggerle da attacchi ripetuti e evitare, cosi, qualsiasi escalation che vada incontro a una violazione del diritto umanitario internazionale e degli obblighi di Israele come potenza occupante.
Majali ha espresso il rifiuto del suo Paese rispetto a questi attacchi e si è scagliato contro le “misure unilaterali che minano gli sforzi per ridurre l’escalation“.
Ha inoltre sottolineato la necessità che la comunità internazionale intervenga e “agisca immediatamente ed efficacemente” per fermare l’aggressione israeliana e fornire protezione al popolo palestinese nei territori occupati.
Il ministero degli Esteri iraniano ha condannato l’intensificarsi “criminale” degli attacchi israeliani nei territori occupati, tra cui il recente raid a Jenin.
Lo ha definito come un chiaro esempio di “criminalità organizzata e terrorismo di stato“. Il portavoce Kanani ha invitato pertanto la comunità internazionale a intervenire per bloccare gli attacchi di Israele, che stanno causando la morte di numerosi palestinesi, tra cui donne e bambini, e la distruzione delle loro proprietà.
La posizione dell’Iran sul conflitto israelo-palestinese è stata sempre critica nei confronti di Israele e solidale con la causa palestinese. La visita di delegazioni di Hamas e del PIJ in Iran evidenzia l’importanza del sostegno iraniano ai movimenti palestinesi e la necessità di una maggiore solidarietà tra i paesi della regione per risolvere il conflitto in modo pacifico e sostenibile.
In risposta al raid israeliano a Jenin, numerosi cittadini della Striscia di Gaza hanno manifestato la loro solidarietà ai residenti del campo profughi, organizzando una protesta contro l’azione militare. L’evento è stato organizzato da Hamas, gruppo che governa l’enclave, e ha visto la partecipazione di membri dell’ufficio politico di Hamas.
Durante la manifestazione il rappresentante di Hamas Suhail al-Hindi ha dichiarato che tutte le fazioni della resistenza palestinese sono “unite” di fronte all’occupazione e ha sottolineato inoltre che la resistenza è “pronta a rispondere all’occupazione e non le permetterà di invadere Jenin“.
Queste dichiarazioni sottolineano la determinazione della resistenza palestinese nel difendere i diritti e la dignità del popolo palestinese, che nonostante la continua occupazione e aggressione israeliana e nonostante non approvino i metodi violenti delle milizie della Jihad Islamica, vogliono lottare per la loro identità e tradizione.
Hazem Qassem, portavoce di Hamas a Gaza, ha condannato il raid israeliano a Jenin e ha lodato la resistenza palestinese e ha sottolineato l’importanza dell’unità tra le fazioni nella lotta contro le forze israeliane.
Qassem ha dichiarato ad Al Jazeera che i combattenti della resistenza di tutte le fazioni erano uniti sul campo di battaglia e hanno dimostrato così che la resistenza esiste ed è ancora ben presente nelle città della Cisgiordania. Ha anche sottolineato che le minacce dell’operazione militare da parte dell’occupazione non fermeranno la resistenza in Cisgiordania.
Nel frattempo l’Organizzazione per la liberazione della Palestina sta convocando un incontro con il presidente dell’Autorità palestinese e tutte le fazioni per formulare una risposta a questo ultimo attacco.
Secondo Daniel Levy, ex negoziatore israeliano e presidente del progetto USA-Medio Oriente, il governo israeliano sta cercando ogni opportunità per provocare i palestinesi. Levy ha dichiarato che non c’è stata ancora una convocazione formale del gabinetto israeliano in merito ai raid recenti nelle città e nei villaggi palestinesi, ma ha notato che la posizione di Israele è diventata militarmente più aggressiva.
Levy ha inoltre spiegato che l’occupazione permanente dei territori palestinesi da parte di Israele inevitabilmente genera passi più aggressivi da parte della resistenza palestinese, indipendentemente dal fatto che gli estremisti di estrema destra siano dentro o fuori dal governo israeliano.
La posizione di Levy sottolinea l’importanza della necessità di una soluzione politica e diplomatica al conflitto israelo-palestinese. La comunità internazionale ha il dovere di sostenere i diritti umani e la giustizia per il popolo palestinese, agendo per porre fine all’occupazione e all’aggressione israeliana e promuovendo una soluzione pacifica e duratura al conflitto. La pace e la stabilità nella regione richiedono un impegno politico e diplomatico a lungo termine da parte di tutte le parti interessate, al fine di garantire i diritti umani e la sicurezza di tutte le persone coinvolte.
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