Israele ha visto ieri una grande manifestazione, che ha mostrato anche il secondo sciopero nazionale, che è stato accolto da centinaia di migliaia di persone che, dalle 8 di ieri mattina, si sono riversate lungo le strade per protestare contro la riforma giudiziaria ma, anche, per gli altri disegni di legge che erano in discussione nel pomeriggio alla alla Knesset israeliana.
Da quando il governo di Netanyahu ha assunto pienamente la carica e iniziato il mandato,a inizio 2023, la situazione in Israele ha subito una forte trasformazione, che ha mostrato nervosismo a livello interno al paese ma anche una forte pressione internazionale riguardo le questioni di politica estera e all’escalation di tensione che si è creata, a seguito delle numerose provocazioni trasformatesi, poi, in reali attacchi israeliani verso la Palestina.
Il governo israeliano, composto da ministri di ultradestra, ha provocato diverse volte la fazione rivale islamica, che ritiene terroristica, fino ad arrivare alla passeggiata alla Spianata delle moschee effettuata dal ministro della sicurezza interna Ben Gvir, che ha messo in dubbio lo status quo del luogo sacro sia per ebrei che musulmani, ma dove è concordato da tempo che i fedeli ebrei possono soltanto andare in questo luogo di culto di passaggio senza fermarsi in preghiera. Sono subentrate poi le questioni, molto più serie e concrete rispetto alle provocazioni, ovvero gli attacchi ai campi profughi di Jenin e il più recente a Nablus da parte delle forze di sicurezza israeliana o anche chiamata IDF che hanno provocato una faida armata tra palestinesi e israeliani, che mostra sempre più la preoccupazione internazionale del vedere una terza intifada palestinese ovvero una ripresa degli attacchi effettuati da kamikaze o con pacchi bomba notoriamente attuati dalle milizie della jihad islamica e che per anni hanno messo a soqquadro Israele e il suo popolo.
Oltre a ciò che ha provocato già 65 morti di cui 13 bambini in Palestina la crisi interna israeliana è qualcosa che sta preoccupando la comunità globale, in quanto le riforme proposte disegni di legge proposte da Netanyahu e dai suoi ministri vanno ad inserirsi in ambiti ritenuti pericolosi sia dall’opposizione che dalla popolazione che rischiano di diventare un concreto problema per il paese. In realtà nonostante la protesta, che ha decretato una giornata di interruzione ovvero di stop nazionale come protesta contro il governo e le sue riforme.
La Knesset ha già deciso il suo parere favorevole in merito alla questione del disegno di legge che limita enormemente la ricusazione di un premier ovvero limita le possibilità per le quali è possibile rimuovere e contestare il primo ministro in carica.
Ieri a Israele è andata in atto una giornata dedicata a uno sciopero nazionale con lo scopo di opporsi fermamente alla discussione pomeridiana dei disegni di legge introdotti dal nuovo governo Netanyahu. Si tratta di riforma che vanno a modificare il sistema giudiziario consegnandolo, in sostanza, Il potere in mano alla classe politica e anche l’unico organismo che era notoriamente imparziale ovvero la Corte Suprema vede limitare enormemente i propri poteri decisionali,in quanto una sentenza decretata dallo stesso organismo può essere contestata tramite una votazione indetta soltanto da un parlamentare e, nel caso la stessa ricevesse nella votazione 61 voti favorevoli su 120, allora la decisione presa dalla Corte Suprema verrebbe comunque annullata dalla Knesset. Per questo e per l’impostazione razzista e omofoba del governo la popolazione ha deciso de fermarsi per una seconda giornata di sciopero nazionale che è iniziata dalle 8 del mattino quando i primi a protestare sono stati i genitori e i ragazzini, che hanno scelto di non entrare a scuola ma unirsi ai gruppi del movimento di protesta contro le riforme in quanto anche l’ambito educativo risentirebbe delle decisioni prese dagli alti funzionari governativi.
Diverse categorie di cittadini hanno scelto partecipare in quanto la preoccupazione di veder precipitare Israele in una crisi difficile da risanare successivamente è alta, ma anche a causa della paura di vedere il paese sottomesso a una dittatura legale, ha spronato il popolo israeliano ad unirsi contro chi ha intenzione, a loro avviso virgola di schiacciare il paese.
Ex magistrati, avvocati, imprenditori, insegnanti e professori, medici e infermieri e moltissime altre categorie di cittadini hanno scelto di provare ad impedire la discussione alla Knesset dei nuovi disegni e hanno già dalla mattina fermato mezzi ferroviari e bloccato le le maggiori arterie stradali israeliane.
Qualche tumulto si era verificato già dalla mattina dove diversi manifestanti sono stati arrestati, ma il malcontento popolare è cominciato ad aumentare con il passare delle ore, che ha visto una manifestazione trasformarsi in reali scontri con la polizia e la tensione a tramutato la protesta pacifica in una rivolta che ha visto contrapporsi cittadini israeliani e forze di polizia.
Le città maggiormente convinta sono state Tel Aviv e Gerusalemme e uno dei luoghi dove si è verificato uno dei maggiori scontri è stata l’autostrada Ayalon. Il nervosismo ha portato inevitabilmente scontri accesi tra forze dell’ordine e manifestanti, molti dei quali hanno dovuto ricorrere a cure ospedaliere dopo essere rimasti feriti nei tumulti. La polizia lanciato granate stordenti e lacrimogeni e ha utilizzato mezzi violenti per sedare la rivolta degli israeliani.
Un migliaio di cittadini hanno raggiunto l’abitazione del leader Netanyahu e anche l’esterno dell’edificio si sono verificati scontri accesi. Sono emersi moltissimi video che documentano l’arresto di manifestanti e documentano, inoltre, l’utilizzo della forza da parte della polizia. Il ministro Ben Gvir, già a metà pomeriggio, ha chiesto alla polizia di sgomberare le strade e di non piegarsi alla furia degli oppositori.
Opposizione che ha preso voce tramite lo storico nemico politico di Netanyahu ovvero Lapid, l’ex premier battuto alle ultime elezioni dall’attuale primo ministro. Il politico si è scagliato contro le modifiche governative proposte e contro la coalizione, che sembra utilizzare soltanto coercizione voler schiacciare progressi fatti nel corso degli anni e riaccendere conflitti che porterebbero soltanto altra crisi all’interno di Israele.
Anche la moglie del premier è stata circondata dalla folla mentre si trovava dal parrucchiere ed è stata riconosciuta. È stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine per mettere in salvo la donna, nonostante non le fosse stato fatto nulla ma non era libera di poter procedere nel suo cammino.
Netanyahu si è scagliato duramente contro l’opposizione che a suo avviso incita i manifestanti che alla luce dei fatti secondo il primo ministro assomigliano più a rivoltosi e a terroristi rispetto a ciò che dovrebbero essere in realtà ovvero manifestanti pacifici. L’esasperazione popolare si evince chiaramente dal nervosismo in strada e i cittadini israeliani hanno criticato duramente anche la polizia che è ritenuta complice dell’attuale governo.
La protesta è continuata fino a tarda sera e la popolazione non ha intenzione, nonostante le discussioni dei disegni di legge procedano alla Knesset, di accettare che Israele sia rappresentato da un governo dittatoriale, che non ha cuore coesione e cooperazione tra popoli ma incita, invece, all’esclusione e alla differenza di genere rispecchiando una filosofia razzista e omofoba.
Proprio ieri Smotrich, ministro delle Finanze israeliano, ha paragonato i manifestanti a terroristi che vogliono riportare l’anarchia e ha anche detto in merito alla tragedia di Huwara che il luogo dovrebbe essere spazzato via.
Una giornata che ha mostrato chiaramente il malcontento popolare e non soltanto da parte dell’opposizione governativa di Lapid ma ogni categoria ha delegato rappresentanti per contrastare le riforme che sta attuando Netanyahu assieme alla coalizione.
L’ex premier Yair Lapid si è opposto con molta fermezza alle azioni intraprese dal governo Netanyahu riguardanti sia la crisi interna derivata dai disegni di legge proposti e soprattutto dalla riforma giudiziaria , ma anche rispetto alla scelta di alimentare un focolaio di tensione già presente da molto tempo ovvero quello tra Israele e Palestina.
Ieri il politico ha deciso di abbandonare la Knesset per scendere in piazza e manifestare accanto al popolo. A precisato che se il popolo e contro il governo Netanyahu loro sono dalla parte del popolo e appoggiano così il malcontento popolare.
L’ex primo ministro ha risposto ai commenti di Netanyahu che lo additavano come improntato alla ricerca di anarchia per trarne vantaggio e ha scritto su Twitter: “Netanyahu l’unica anarchia che viene generata e dal governo su cui hai perso il controllo. Bibi, chiunque permetta al ministro della sicurezza nazionale di giocare con gli esplosivi sa che finirà con un’esplosione”.
Ha poi precisato nuovamente che: “Se c’è una lotta tra il governo e il popolo d’israele, noi siamo dalla parte del popolo d’israele. Chiedo alla polizia di ignorare il pericoloso e irresponsabile tentativo politico di Ben Gvir di cercare di infiammare l’atmosfera e provocare più violenza e anarchia”.
Ha continuato sottolineando anche che: “I manifestanti sono patrioti israeliani che amano il paese e vogliono difenderlo. La protesta è stata una battaglia per l’immagine della democrazia israeliana. Continueremo a lottare fino alla vittoria”.
Ovviamente la reazione del partito Likud e dell’attuale governo Netanyahu non è stata leggera e in tutta risposta si sta accelerando il più possibile nel completare la procedura legislativa e burocratica necessaria ad attuare le proposte avanzate e anche a livello internazionale la situazione molto delicata in quanto dopo i colloqui avvenuti domenica scorsa in Giordania, che sembravano essere stati proficui aver apportato beneficio ai rapporti bilaterali tra Palestina e Israele la situazione è stata smentita dallo stesso governo israeliano che ha precisato che avrebbe continuato con la sua azione dei nuovi insediamenti in Giordania, che hanno alimentato ulteriormente la questione e che i terroristi sarebbero stati perseguiti comunque.
Stati Uniti e Nazioni Unite si sono già inserite all’interno dei negoziati che cercano di puntare ad un equilibrio nel quale riescono a convivere le due popolazioni ovvero israeliana e palestinese.
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