Un continuo botta e risposta: è così che si può definire, in questa fase, il conflitto tra Russia e Ucraina. E anche oggi ne abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione. Il Cremlino ha già pronta l’ultima “punizione” dopo l’adozione del nuovo pacchetto di sanzioni da parte dell’Unione europea e prevede la mancanza di fornitura di petrolio a chi ha intenzione di imporre il price cap.
La Russia non molla la presa, anzi. Ma Vladimir Putin è sempre più accerchiato dai suoi avversari militari e politici e solo al comando, ferito dalla controffensiva ucraina e da una guerra che non sta andando affatto come desiderava. Se la minaccia del nucleare è il primo punto a spaventare Volodymyr Zelensky, l’altro punto scottante è quello della crisi energetica, per cui l’Europa si sta adoperando per dare una risposta unitaria. Le discussioni si snodano dal gas all’energia elettrica, fino ad arrivare al petrolio. E oggi sono arrivate novità importanti in tal senso.
Il nuovo pacchetto di sanzioni e l’ultima minaccia di Putin sul petrolio
Oggi è stato un altro giorno rilevante per risolvere la questione energia. Ma anche un’occasione per inasprire ulteriormente le sanzioni alla Russia, dopo le ultime prese di posizioni sconsiderate di Putin. Infatti, i Paesi membri dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo politico per il nuovo pacchetto di provvedimenti contro il Cremlino e si tratta dell’ottavo da quando è la partita l’invasione del 24 febbraio. Un’altra risposta forte da parte dell’Ue rispetto alle azioni folli che stanno mettendo in ginocchio una buona fetta del mondo, per i problemi energetici, le conseguenze gravi della guerra direttamente in Ucraina e anche per ciò che stanno affrontando i cittadini russi, dopo la mobilitazione parziale e una guerra aspra e che non sta andando a loro favore. Il nuovo pacchetto di sanzioni, dunque, è già stato deciso ed entrerà in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
We have just reached a political agreement on new sanctions against Russia – a strong EU response to Putin’s illegal annexation of 🇺🇦 territories. Written procedure follows, sanctions enter into force on publication in the Off. Journal. #EU2022CZ #COREPERII
— Edita Hrda (@EditaHrdaEU) October 5, 2022
I am glad that in such a short time the twenty-seven have agreed on another package of sanctions against Russia. It is necessary to continue to maintain unified action towards Russia.
— Mikuláš Bek (@MikulasBek) October 5, 2022
E questa era una premessa importante da fare, dato che nell’ultima tornata di sanzioni è presente il tetto al petrolio russo. Infatti, dopo l’accordo siglato oggi, ci sarà il divieto alle navi di trasporto dell’Unione europea a portare in dote petrolio russo a prezzi più alti rispetto a quello indicato come tetto, in Paesi fuori dalla Ue. La strategia è chiara: colpire ulteriormente la Russia, limitando gli introiti derivati dal petrolio.
Inoltre, il piano relativo il price cap, per cui le nazioni del G7 hanno trovato l’accordo, prevede che i paesi partecipanti neghino assicurazioni, finanziamenti, intermediazione, navigazione e altri servizi ai carichi di petrolio interessati dalle sanzioni, e quindi quelli che non entrano nei prezzi precedentemente stabiliti, come riporta la “Reuters”. Il tetto massimo stabilito, insomma, dovrà essere quello concordato dal G7.
Sicuramente, però, il Cremlino non starà a guardare e l’ha già annunciato. Innanzitutto, Alexander Novak, che ricopre la carica di vice primo ministro russo, ha annunciato che a Mosca basterà tagliare la produzione di petrolio per rispondere alla misura messa in atto dall’Europa. Ma non sarà questa l’unica contromisura di Putin.
Novak ne ha anche parlato in alcuni commenti televisivi, riportati ancora dalla “Reuters”: “Riteniamo che questo strumento violi tutti i meccanismi di mercato. Potrebbe essere molto dannoso per l’industria petrolifera globale. Saremo pronti a tagliare la produzione”. Ribadendo il piano già predisposto dalla Russia.
L’agenzia Tass è entrata ulteriormente nei dettagli, indicando che la Russia produrrà 530 milioni di tonnellate di petrolio, corrispondenti a 10,6 milioni di barili al giorno nel 2022. Nel 2023, invece, dovrebbero essere 490 milioni di tonnellate. Novak ha anche detto che, qualora fosse necessario, la Russia sarebbe pronta a fornire gas all’Europa attraverso Nord Stream 2. Poi ha insistito su quanto sia importante che anche il Cremlino faccia parte delle indagini relative le esplosioni registrare nel Mar Baltico e che riguardavano proprio Nord Stream.
Semplificando di tanto le cose, la Russia è pronta a non fornire più il petrolio ai Paesi che hanno intenzione di adottare il price cap. Un botta e risposta su tutta la linea, come vi scrivevamo poco sopra, ma evidentemente l’Ue si sta anche preparando ad attutire questo colpo.
Cosa sta succedendo per quanto riguarda il gas
Se sul petrolio, quindi, la situazione si sta decisamente inasprendo, attenzione sempre al fronte del gas che comunque rappresenta il problema principale e più stringente che l’Unione europea e i singoli Paesi stanno tentando di fronteggiare e risolvere.
È notizia delle ultime ore come il gas russo sia tornato in Italia, dopo che Gazprom ha annunciato di aver trovato una soluzione per riprendere le forniture energetiche proprio verso il nostro Paese. Ricordiamo che proprio tali forniture si erano bloccate in Austria negli scorsi giorni per problemi tecnici. Non solo Gazprom, perché anche Eni ha dichiarato che i flussi sono ripresi.
Intanto, dalla plenaria del Parlamento europeo, sono arrivate importante voci e notizie riguardanti il price cap. In particolare, è impossibile non riportare quanto annunciato dalla presidente della commissione. Ursula Von der Leyen: “L’Europa è pronta a discutere un tetto al prezzo del gas come misura temporanea”. Provvedimento che è sempre più necessario per frenare l’impennata dei prezzi dell’elettricità, direttamente collegati a quelli del gas.
L’obiettivo dell’Italia è sicuramente quello di discutere una riformulazione totale del mercato energetico europeo, esposto ben prima della guerra in Ucraina ai rischi speculativi. Se si parla solo di alcune settimane fa, però, Giorgia Meloni aveva anche annunciato di voler perseguire la strada del disaccoppiamento dell’energia elettrica dal gas. Non è così semplice, anche trattare con gli altri Paesi e, nello specifico, con la Germania che ha annunciato immissione di nuovi capitali per risolvere la crisi. Insomma, il rischio sempre più concreto è quello di un’Europa a due velocità: una risposta che Italia e Francia ovviamente vogliono scongiurare.
Von der Leyen comunque ha annunciato anche che “le forniture di gas russo sono diminuite fino ad arrivare al 7,5% del gas di gasdotti”. La situazione è, quindi, sempre più urgente e difficile, per cui sembra comunque complicato trovare un piano comune, ma non impossibile. I 200 miliardi di euro annunciati dalla Germania certamente pesano sul tavolo delle trattative, certamente perché vanno nella direzione opposta rispetto a quella di una soluzione unica ed europea. Stesso discorso vale per il nuovo fondo ad hoc per far fronte al boom dei prezzi dell’energia.
Von der Leyen ha tracciato anche la linea per slegarsi sempre di più dal gas russo. Una linea che si basa sulla necessità di intensificare i rapporti e le trattative con gli altri fornitori. E poi ha annunciato sotto forma di lettera: “Siamo stati capaci di sostituire il gas russo a velocità record, grazie a partner come Norvegia e Stati Uniti”. L’obiettivo è sicuramente quello di diminuire i costi delle forniture da parte di questi partner. Ma, ormai l’abbiamo imparato in questi mesi, l’obiettivo non può essere solo quello del price cap al gas, che comunque non può essere assolutamente slegato dall’elettricità. Per questo, sottolinea ancora von der Leyen: “Vogliamo discutere l’introduzione di un tetto massimo al prezzo del gas utilizzato per la produzione di energia elettrica”, sperando di diminuire, quindi, proprio i prezzi dell’elettricità e riformare il mercato energetico dalle sue radici.
Ne ha parlato anche Eric Mamer, il portavoce della Commissione, annunciando, esattamente come von der Leyen, l’introduzione di uno doppio tetto: “Il price cap sul gas utilizzato per generare elettricità e un tetto anche sull’energia scambiata in Europa”. E poi c’è anche l’impellenza di una riforma dell’indice Ttf, che riguarda il mercato di Amsterdam. Insomma, la carne al fuoco non è affatto poca e già nella prossima settimana il destino dell’energia in Italia e in Europa potrebbe subire una svolta sostanziale, sapendo che Putin reagirà di conseguenza.