Blackburn, membro repubblicano del Senato a stelle e strisce, è giunta nella notte a Taiwan, l’isola rivendicata dalla Cina, per una serie di incontri con le autorità locali.
La senatrice è la terza personalità della politica americana a visitare l’isola in meno di un mese, la prima per il partito Repubblicano, dopo il viaggio della speaker della Camera Nancy Pelosi e del senatore democratico Ed Markey.
Mentre proseguono le forti tensioni internazionali causate o implementate dalla guerra russo-ucraina, gli Stati Uniti perseverano nell’opera di sostegno a Taiwan, irritando profondamente la Cina, attraverso i viaggi di alcuni suoi rappresentanti eletti.
Tali eventi non possono iscriversi formalmente nell’ambito delle relazioni diplomatiche, ciò in quanto il governo di Formosa non è riconosciuto né dagli U.S.A. né dalla quasi totalità degli stati globali.
Bisogna difatti rammentare la particolare condizione dell’isola, distante pochi chilometri dalle coste della Cina continentale. Taiwan è il lascito della guerra civile sinica che vide nel 1949 la vittoria del Partito Comunista Cinese di Mao Tse-tung contro le forze nazionaliste del Kuomintang di Chiang Kai-shek.
Quest’ultimo si rifugiò coi suoi seguaci su Taiwan, istituendovi un governo provvisorio che decretò la formazione di quella che ancora oggi è la Repubblica di Cina. Proprio perché ritenuta una base momentanea per poter riorganizzare le forze in vista della riconquista del grosso della Cina retta dai comunisti, Chiang Kai-shek non dichiarò mai Formosa indipendente e la stessa Repubblica Popolare Cinese (quella di Mao) fece altrettanto, considerando da allora Taipei una provincia ribelle da recuperare.
La ingarbugliata situazione storico-politica non aiuta nella strutturazione di rapporti con Taiwan, che tecnicamente non potrebbe ricevere alcuna delegazione estera poiché non uno stato sovrano con una propria rappresentanza internazionale.
Le visite dei parlamentari U.S.A. generano malumore nel governo cinese, indirettamente rafforzandolo, in quanto gli si offre il facile collante sociale interno del nemico alle porte. Non a caso dopo la prima visita a Taipei, quella della speaker Pelosi del 2-3 agosto, Pechino ha avviato una settimana di esercitazioni belliche sulle coste prospicenti l’isola in segno di disapprovazione e forza militare (in ogni caso attualmente Xi Jinping non dovrebbe essere in grado di condurre realmente uno sbarco anfibio sulle spiagge di Formosa, tanto più che si parla di una riannessione solo entro il 2049).
La tattica U.S.A. sembrerebbe invece quella di ribadire che Taiwan non sarà lasciata sola, che gli Stati Uniti difenderanno la democrazia di cui Taipei è simbolo nell’area e che, nonostante le difficoltà prima in Afghanistan poi in Ucraina, l’impero statunitense è ancora la indiscussa prima potenza mondiale.
Ecco dunque che Blackburn, ricalcando le orme dei suoi predecessori di qualche settimana fa, soggiornerà a Taiwan per tre giorni, nei quali incontrerà la premier isolana Tsai Ing-wen ed il ministro degli Esteri Joseph Wu.
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