Credo ormai ci sia da alzare bandiera bianca. Il terzo successo consecutivo in Europa League del Siviglia giunge come una spada di Damocle per il calcio italiano. Non solo vige la supremazia spagnola, che con la finale di Champions League a Milano tra i due club di Madrid il prossimo 28 maggio suggellerà per il terzo anno consecutivo il totale dominio iberico nelle coppe europee, (2014 Real Madrid e Siviglia, 2015 Barcellona e Siviglia, 2016 Real o Atletico Madrid e Siviglia), ma ci mette in ginocchio di fronte al fatto compiuto che la settima forza della Liga è in grado di portarsi a casa un trofeo continentale, con una squadra che gioca un calcio eccelso, con un allenatore umile e preparatissimo e un club in grado di vendere pezzi pregiati (vedi Bacca, Rakitic, Diego Perotti) riuscendo tutte le volte a rinnovarsi con un mercato tutt’altro che faraonico.
I pezzi giusti al posto giusto, piccoli ritocchi ogni anno e un ambiente talmente sereno e con radici ben piantate che riesce a resuscitare anche un Rami qualunque preso a calci nel sedere dal Milan. Ricordo ancora quel Siviglia che il 26 agosto del 2001 riemergeva da un anno di purgatorio in serie B ed esordiva in Liga perdendo in casa con il Barcellona per 2-1. Allora il 18enne Reyes (nella foto in alto con la Coppa), oggi una leggenda del club andaluso, mi diede subito idea di un grande progetto che in quella città stava nascendo. E non credo di essermi poi tanto sbagliato. Ben 5 Europa League alzate in 10 anni e 3 successi consecutivi in questa competizione (due furono consecutive già nel 2005-2006 e nel 2006-2007). Ed in 10 anni che girandola di nomi, da Luis Fabiano e Maresca fautori della prima storica Europa League con il 4-0 al Middlesbrough, passando per il capitano Coke (doppietta nella finale vinta 3-1 con il Liverpool) a nomi di spicco come Dani Alves, Iva Rakitic, Jesus Navas, Diego Perotti. E a Siviglia nel 1992-93 passò per caso anche un certo Diego Armando Maradona.
In Italia oggi di Siviglia non ne abbiamo, ma nemmeno l’ombra. La Juventus è l’unica che cerca di fare a spallate (in Champions League), per il resto si snobba l’Europa League (che non porta soldi) e ci si ritrova a dover abdicare guardando in televisione una società che in Spagna non arriva mai tra le prime quattro in campionato alzare coppe su coppe. Un disastro. E questo filone ahimè non si placherà a breve. Anche se il ciclo spagnolo a livello di nazionale probabilmente ha terminato i fasti dei due campionati europei e un mondiale vinti, se parliamo di club non c’è storia. La Spagna è destinata a dominare le coppe ancora a lungo. E parlando di televisione prepariamoci a dover digerire una finalissima di Champions League con Madrid che si trasferirà sotto la Madonnina. Per chi faremo il tifo? Io probabilmente mi consolerò con una paella di pesce giusto per rimanere in tema.
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