Il tema dei migranti è ancora, e giustamente, al centro del dibattito, tanto in Italia quanto nel resto d’Europa, nei Paesi dell’Unione soprattutto. Ciò che è successo tra la Francia e il governo di Giorgia Meloni non è passato inosservato e, in attesa di domani, quando la Repubblica ceca ha convocato una riunione straordinaria dei ministri dell’Interno, l’Italia, Malta, Cipro e la Grecia hanno fatto una nota congiunta con quelli che sono le loro proposte.
Una nota che, però, da quanto ha spiegato all’Ansa un portavoce del ministero dell’Interno spagnolo, non piace all’esecutivo di Pedro Sanchez. Madrid, ha detto, “non può sostenere proposte che premierebbero i Paesi che non rispettano i loro obblighi in termini di diritto internazionale“. Intanto, dalla Francia, sono arrivate altre dichiarazioni contro l’Italia.
La reazione della Francia dopo il tira e molla del governo di Giorgia Meloni per lo sbarco, e poi la ricollocazione dei migranti bloccati in mare sulle navi delle Ong, ha riaperto il vaso di Pandora di quelli che sono i problemi che, da qualche decennio a questa parte, devono affrontare i Paesi dell’Unione europea che si affacciano nel Mediterraneo.
E anche oggi, delle dichiarazioni del portavoce del governo francese, Olivier Veran, non hanno fatto che andare in questo senso. “L’Italia non mantiene l’impegno fondamentale nel meccanismo di solidarietà europea” e la Francia non manterrà l’obbligo previsto, “ovvero accogliere 3mila migranti attualmente sul territorio italiano“, ha detto all’emittente Bfmtv.
Sebbene la crisi diplomatica si sia consumata solo i nostri “cugini” d’Oltralpe e noi, è impossibile che tutto ciò che ne è scaturito non abbia riguardato anche gli altri Stati. Alcuni, come la Germania, hanno deciso di tenere comunque fede ai patti sottoscritti e non accolto l’appello lanciato dai membri dell’esecutivo francese, altri, invece, si sono schierati apertamente con l’Italia. Ma qualcos’altro si muoverà domani, con la riunione dei ministri dell’Interno convocata a Bruxelles dalla Repubblica ceca, in cui si proverà a risolvere una volta per tutte la situazione.
Intanto, dicevamo, una nota congiunta dell’Italia, della Grecia, di Malta e di Cipro, in quanto Paesi di primo ingresso in Europa, ha cercato di spiegare la situazione in cui si trovano, ovvero “sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori del Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali e delle norme dell’Ue“, hanno iniziato.
Loro, hanno spiegato, hanno sempre sostenuto “la necessità di sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e di asilo, realmente ispirata ai principi di solidarietà e responsabilità, e che sia equamente condivisa tra tutti gli Stati membri“, e tal proposito hanno citato la Dichiarazione politica del 10 giugno 2022 che istituisce il meccanismo di relocation temporaneo e volontario, “nonostante i Paesi MED 5 sostenessero uno schema di relocation obbligatoria“.
“Purtroppo, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti – hanno continuato – rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno“. Non solo, però, perché lo stesso meccanismo è stato definito anche lento nel raggiungere l’obiettivo “di alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti, in quanto finora solo un esiguo numero di relocation è stato effettuato“. La delusione poi, in un momento come questo in cui i flussi migratori mettono “a dura prova il nostro sistema di asilo e di accoglienza“.
E quindi la richiesta affinché quella dichiarazione venga rispettata in toto perché Italia, Grecia, Malta e Cipro non possono sottoscrivere “l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali – hanno scritto ancora nella nota -, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti“.
Un invito, però, è stato fatto anche le Ong, chiamate a rispettare la “cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue“. “Ogni Stato – si legge – deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera“, per questo è urgente e necessario che sia fatta una discussione sul coordinamento delle organizzazioni non governative: “Tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali“, hanno concluso.
A questo punto, sono intervenuti dalla Spagna, ponendosi in maniera diametralmente opposta rispetto agli altri Paesi del Sud. In una dichiarazione del portavoce del ministero dell’Interno, si è fatto sapere che da Madrid non si possono sostenere “proposte che premierebbe i Paesi che non rispettano i loro obblighi in termini di diritto marittimo internazionale e che andrebbero a discapito di quelli che, come la Spagna, rispettano i loro obblighi internazionali e salvano vite con risorse pubbliche“.
Certo, questo non significa, hanno precisato, che non serve un meccanismo che consenta un'”equa distribuzione delle responsabilità tra i Paesi dell’Ue in materia di migrazione“, ma ecco, sarebbe bene che prima di fare note congiunte ci si prendesse la briga, almeno, di evitare di lasciare i migranti a galleggiare in acqua per giorni.
Dalla Basilica di San Pietro, in occasione della Giornata mondiale dei poveri, anche Papa Francesco ha voluto lanciare, a modo suo, un messaggio per quanto riguarda la situazione dei migranti: “Anche oggi – ha detto il pontefice – vediamo sollevarsi popolo contro popolo e assistiamo angosciati al veemente allargamento dei conflitti, alla sciagura della guerra, che provoca la morte di tanti innocenti e moltiplica il veleno dell’odio. Anche oggi, molto più di ieri, tanti fratelli e sorelle, provati e sconfortati, migrano in cerca di speranza, e tante persone vivono nella precarietà per la mancanza di occupazione o per condizioni lavorative ingiuste e indegne“.
I poveri, ha spiegato, “sono le vittime più penalizzate di ogni crisi“, ed è per questo che non possiamo non ascoltare “il loro flebile grido di dolore“. Per il Papa, invece, non si deve dare ascolto “ai profeti di sventura. Non facciamoci incantare dalle sirene del populismo, che strumentalizza i bisogni del popolo proponendo soluzioni troppo facili e sbrigative. Non seguiamo i falsi ‘messia’ che, in nome del guadagno, proclamano ricette utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi, condannando i poveri all’emarginazione“.
“Al contrario – ha concluso il Pontefice -, rendiamo testimonianza: accendiamo luci di speranza in mezzo alle oscurità; cogliamo, nelle situazioni drammatiche, occasioni per testimoniare il Vangelo della gioia e costruire un mondo più fraterno; impegniamoci con coraggio per la giustizia, la legalità e la pace, stando a fianco sempre dei più deboli. Non scappiamo per difenderci dalla storia, ma lottiamo per dare a questa storia un volto diverso. Dove trovare la forza per tutto questo? Nella fiducia in Dio, che è Padre e veglia su di noi. Se gli apriamo il cuore, accrescerà in noi la capacità di amare: questa è la strada“.
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