Quando si parla di sperimentazione animale bisogna affrontare il muro di favorevoli e contrari che spesso fanno perdere di vista la domanda più importante: quale metodo può salvare più vite umane possibili? Per questo motivo, Ecoo ha intervistato Massimo Tettamanti, laureato in Chimica con un Dottorato di Ricerca in Scienze Chimiche presso l’Università degli Studi di Milano, e Consigliere scientifico dell’associazione Atra. Quali sono i metodi alternativi all’utilizzo di animali nella ricerca? Sono più o meno efficaci di quelli che si mettono in campo ogni giorno in Italia?
La sperimentazione animale può essere ancora valida sugli esseri umani? Le reazioni sono davvero le stesse? “Assolutamente no – afferma Tettamanti – Si tratta proprio di andare a studiare storia della medicina. Siamo arrivati a una medicina sempre più specializzata, che prevede ad esempio differenti dosaggi tra uomini e donne e tra diverse etnie, senza contare le incredibili potenzialità delle nanotecnologie. Il grandissimo problema e il perno di tutto, è che abbiamo purtroppo una legge che impone la validità di un test solo se dà gli stessi risultati della sperimentazione animale. Avere il modello animale come confronto è follia pura, quando potrei avere un riscontro invece diretto su dei tessuti umani e non su quelli di un ratto”. Un problema quindi anche legislativo, che sembrerebbe impedire di fatto l’utilizzo valido di altre metodologie.
In rete moltissimi parlano di “unico metodo valido”, ma ci sono prove che la ricerca su animali sia utile all’uomo? “Viene ancora condotta perché “da 150 anni funziona così”. È molto più difficile scardinare un intero sistema di cultura, di metodologie insegnate all’università, piuttosto che sviluppare un nuovo sapere, anche se è già lì, pronto per l’uso. Già in un articolo del 2004 pubblicato sul British Medical Journal vengono messe in dubbio molte delle metodologie messe in campo nella sperimentazione animale” continua Tettamanti.