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La storia del cane Angelo, torturato e impiccato in Calabria ora omaggiato con una statua

[didascalia fornitore=”ansa”]Il cane Angelo in una foto diffusa dalla Lega Nazionale per la Difesa del Cane il 26 maggio 2017. [/didascalia]

La storia del cane Angelo, il mite randagio torturato, impiccato a un albero, umiliato e ucciso a bastonate da quattro persone a Sangineto (Cosenza) nell’estate 2016 aveva scioccato gli italiani, anche perché la barbara vicenda aveva trovato eco in un servizio confezionato per Le Iene da Nina. Dopo l’enorme indignazione scatenata anche dal fatto che i responsabili della violenza avevano girato un video, poi pubblicato su Facebook, in cui si vantavano dell’orrore che stavano commettendo, sono scattate immediatamente le indagini per la ricerca dei quattro coinvolti nell’uccisione dell’animale. Dopo poco tempo i quattro giovani sono stati identificati e messi sotto processo, mentre alla memoria del cane torturato e ucciso è stata dedicata una statua.

La storia del cane Angelo era salita agli onori delle cronache nell’estate 2016, quando su Facebook era stato caricato un filmato che riprendeva quattro giovani mentre torturavano e seviziavano un randagio prendendolo a bastonate, impiccandolo a un albero e aspettando che morisse in un’atroce agonia.

La notizia dell’orrore che era avvenuto a Sangineto, piccolo centro in provincia di Cosenza, aveva indignato gli italiani, che chiedevano a voce alta di individuare immediatamente i responsabili per poterli punire adeguatamente.

In seguito, per l’uccisione del randagio, quattro giovani sono stati condannati a un anno e quattro mesi ciascuno – il massimo della pena prevista dalla normativa vigente in materia di maltrattamenti di animali.

A quasi due anni dal quel tragico accadimento, è stata inaugurata a Montepaone, in provincia di Catanzaro, una statua in onore di Angelo, e l’occasione è stata sfruttata per chiedere un inasprimento delle pene per chi tortura gli animali.

A decidere di dedicare una statua al povero animale torturato è stato Rinaldo Sidoli, responsabile nazionale delle iniziative speciali della Leidaa, la Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente. Nel corso della cerimonia di inaugurazione che ha accompagnato la statua, Sidoli è intervenuto con queste parole: “La sua storia non deve essere dimenticata, deve continuare a vivere nei cuori di tutte le persone e diventare il simbolo per il rispetto della vita. Angelo è morto in cerca di una carezza, senza fare un gemito, in silenzio mentre veniva impiccato e preso a mazzate, chiedeva un po’ di pietà ai suoi quattro carnefici, scodinzolando”.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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