La storia di Luigi Chiatti, ovvero il Mostro di Foligno che uccise due bambini. Dall’abbandono della madre all’adozione.
La storia che sconvolse l’Italia.
Luigi Chiatti nasce a Narni il 27 maggio 1968 da madre nubile. Chiamato Antonio Rossi da quest’ultima – che decide di non riconoscerlo – viene accolto nel brefotrofio Beata Lucia, ove rimane fino all’età di sei anni.
Antonio Rossi mostra fin da subito di avere una personalità ribelle, indisciplinata e offensiva soprattutto con riferimento alle figure femminili.
Nel marzo del 1975 viene adottato da una coppia di anziani coniugi senza figli: Ermanno Chiatti, che di professione faceva il medico, e da Giacoma Ponti, insegnante elementare in pensione. Il suo nome mutava così da Antonio Rossi a Luigi Chiatti.
Durante la crescita e la permanenza nella nuova famiglia, però, Luigi comincia a sviluppare ostilità e comportamenti aggressivi sia nei confronti dei genitori che dei compagni di classe.
Del periodo trascorso nel brefotrofio sembra non ricordare nulla e i comportamenti ribelli da lui tenuti rendono ben presto necessaria l’assistenza psicologica.
Cresce in un ambiente familiare connotato da rigidità che lo porta a reprimere ulteriormente i propri disagi interiori. Ciò conduce ben presto a far emergere le sue perversioni.
Alle scuole medie crea una setta basata su pratiche sessuali perverse e giochi erotici tra adepti. La masturbazione diviene progressivamente la principale e pressoché esclusiva attività sessuale di Luigi. Un’ossessione. Difatti, Chiatti sperimenta il suo primo rapporto erotico soltanto all’età di diciannove anni. E lo sperimenta con un bambino di soli tre anni, figlio di amici dei genitori.
Dopo essersi diplomato come geometra, nel 1989 Luigi Chiatti parte per il servizio militare e fa le sue prime esperienze omosessuali senza avere rapporti. In quello stesso anno inizia a pensare ad una fuga con un bambino di quattro o cinque anni che aveva in progetto di rapire. Inizia così ad acquistare gli abiti necessari per il rapimento. Che, però, vengono scoperti dai genitori in soffitta. In quell’occasione, Luigi si giustifica affermando di essersi occupato personalmente di una raccolta riservata ad un’organizzazione umanitaria.
Due anni dopo – seppur assistito da supporto psicologico – pensa concretamente di rapire uno o più bambini e di crescergli fino agli otto anni. Difficile fermarlo. Ed infatti, era il 4 ottobre 1992, Chiatti incontra casualmente, nel paese di Casale, la sua prima vittima: Simone Allegretti. Senza compiere alcuna violenza, Luigi fa salire il bambino in auto e lo porta nella sua casa di Foligno.
Queste le parole agghiaccianti durante la confessione: «Gli presi il pisellino in bocca, mi stavo eccitando ma il bambino si mise a piangere, voleva tornare a casa». Nel racconto, l’uomo prosegue : «Il suo pianto mi bloccò l’eccitazione, temevo che i vicini udissero il pianto. Avrei voluto riportarlo a casa sua, ma temevo che la polizia mi avrebbe scoperto e poi il bambino piangeva, soffriva e così gli ho messo una mano sul collo, ho stretto il più possibile senza pensare che lo stavo uccidendo. Avevo voglia di troncare tutto come se non fosse accaduto niente».
Atteso il buio, Chiatti ripose il piccolo Simone in un sacchetto di plastica e lo caricò nel bagagliaio dell’auto. Convinto che non fosse del tutto morto e sentendolo muovere durante il tragitto, accostò la macchina sul ciglio della strada e lo colpì al volto con due colpi di coltello. Dopodiché lo fece rotolare in una discarica e sparse intorno i vestiti. Rientrò così a casa, ripulì l’auto e asciugò la pipì fatta dal bambino durante lo strangolamento.
Le ricerche del piccolo Simone andarono avanti senza esito. Così, dopo qualche giorno, si costituì Stefano Spilotros, agente immobiliare di Milano. Dichiarando di essere lui ad aver rapito e ucciso il piccolo Simone. Dopo diverse contraddizioni, però, Spilotros dovette ammettere di non aver niente a che fare con il rapimento, ma di aver voluto esclusivamente attirare l’attenzione della fidanzata che lo aveva lasciato.
Al contempo Chiatti – preoccupato che qualcun altro potesse prendersi i meriti dell’omicidio – inviò un messaggio anonimo: «Aiuto! Non riesco a fermarmi! L’omicidio di Simone è stato un omicidio perfetto! Io sono ancora libero e consiglio di sbrigarvi!!Perché ho detto di sbrigarvi? Perché ho deciso di colpire nuovamente la prossima settimana. Volete saperne di più? Vi ho già detto troppo, tocca a Voi evitare che succeda. IL MOSTRO».
Il 7 agosto 1993 scompare dalla sua abitazione Lorenzo Paolucci, 13 anni. È Marcella Sebastiani, nonna dell’adolescente, a dare l’allarme.
Chiatti aveva conosciuto Lorenzo in un fine settimana trascorso nella casa di campagna dei suoi genitori, lo aveva invitato a giocare a carte e, indispettitosi dalle confessioni del ragazzo sulla cotta che aveva per una coetanea, aveva deciso di colpirlo mortalmente con un coltello durante una banale partita a carte. In preda al panico lo aveva poi trascinato sul ciglio di una strada consapevole che in questa occasione non sarebbe riuscito a ripulire tutto. I segni del trascinamento e del sangue fresco riconducevano tutti alla sua abitazione.
L’8 agosto 1993 Chiatti venne arrestato e, senza fare troppa resistenza, confessò di essere lui l’autore di entrambi gli omicidi.
Il mostro di Foligno è stato condannato a 30 anni di carcere dopo il riconoscimento della semi infermità mentale. Dal settembre del 2015 sconta la sua pena nella Residenza per l’esecuzione delle Misure di Sicurezza di Capoterra in Sardegna.
Luigi Chiatti, il mostro di Foligno, ha chiesto scusa solo nel 2018: «Quel mostro non esiste più».
Ha fatto a lungo discutere la lettera inviata dall’uomo al direttore dell’Unione Sarda. In quello scritto, Luigi aveva dichiarato di essere consapevole della difficoltà che avrebbe incontrato nell’ottenere il perdono dalle famiglie di Simone Allegretti, ucciso nel 1992, e di Lorenzo Paolucci, ucciso l’anno successivo. «Oggi, nel loro ricordo, provo una forte sensazione di dolore personale, tanto da chiedermi se sia giusto o meno concedermi la possibilità di rinascere».
Ma, in quelle righe, aveva voluto ugualmente rivolgere le proprie scuse. Inoltre, dalla residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza dove si trova dal 2015, Chiatti aveva altresì voluto far sapere di aver cercato di trasformare tutto il male arrecato in «gesti di aiuto». Le famiglie di Simone e Lorenzo non hanno mai risposto.
Luigi Chiatti rientra nella categoria dei pedofili che giungono a concretizzare il proposito omicidiario. Fin da piccolo ha sperimentato una ridotta capacità socializzante.
Non è un caso che le sue prede siano state dei bambini. Difatti, per le sue caratteristiche personologiche, strettamente collegate all’infanzia, non sarebbe stato in grado di rapportarsi con soggetti adulti. In aggiunta, nel momento stesso in cui si è trovato a confessare gli omicidi, ha dichiarato che il suo scopo non era quello di uccidere Lorenzo e Simone. Ma di essere stato costretto a farlo. Tipico comportamento giustificatorio messo in atto dai pedofili.
A quasi un anno dalla morte di Giulia Cecchettin, evento brutale che ha acceso un’ulteriore…
E sono sempre di più gli italiani che vorrebbero andare in pensione in anticipo. Per…
Lazio, l'utente mostra quanto spende per una cena: il costo è davvero insolito e scatena…
Quest'uomo trova una strana scatola nel bidone della spazzatura e quello che scopre mette davvero…
Vendi e guadagna con le tue creazioni: con 3 bottoni crei l'impensabile e piace molto…
In arrivo arretrati fino a 4000 euro: ecco per chi sono. Proprio questi cittadini italiani…