Il calcio regala emozioni e la serata di Champions League di ieri non è stata da meno. Non ci riferiamo solo alla qualificazione dell’Inter o all’ennesima vittoria del Napoli, ma anche a ciò che ha riguardato personalmente la famiglia Simeone. Giovanni, infatti, ha scritto la sua storia, eguagliando il record del padre, mentre in Spagna, a Madrid, il Cholo veniva lentamente e inesorabilmente eliminato dalla massima competizione europea. Dal sogno all’incubo, con emozioni che solo il gioco più bello del mondo sa dare.
La vita è fatta di progetti, duro lavoro e spesso anche seguire le orme dei propri genitori, fino a eguagliarli o superarli. Renderli semplicemente orgogliosi, per affermare se stessi e il proprio futuro nel passato di chi ci ha messo al mondo. E nel calcio queste storie probabilmente contano un po’ di più, visto la risonanza mediatica, il peso economico e sociale di questo meraviglioso sport. Conta ancora di più se di cognome fai Simeone e la storia la scrivi mattoncino dopo mattoncino, di generazione in generazione. Ma ieri l’incrocio avvenuto in Champions League è andato oltre le semplici questioni di famiglia o sportive, ci ha fatto capire cosa voglia dire il calcio, nella sua grande bellezza che si fonde con la crudeltà mistica e talvolta surreale degli sconfitti. E di mezzo c’è pure un record unico per l’Argentina e di cui parlare alle generazioni che verranno.
Il sogno di una notte di mezz’autunno ha scritto una nuova pagina di storia per la famiglia Simeone
Ieri allo stadio Maradona è andata in scena una festa, più che una partita, per Napoli e per il Napoli. L’occasione per rivedersi in un idillio che non smette e che ha portato a un inizio di stagione strepitoso, sotto il profilo del gruppo, tecnico, del gioco e ancora di più dei risultati.
La macchina perfetta di Luciano Spalletti non si inceppa e l’ha dimostrato anche contro il Rangers. I partenopei hanno portato a casa tre punti non importantissimi, per il destino degli azzurri in Champions League, che tanto la qualificazione era già arrivata, ma fondamentali per continuare una scia di gioco e di vittorie che è già storica per le italiane e ancor di più per i partenopei.
Ne è uscito fuori un magnifico 3-0 che alimenta ulteriormente il record di gol fatti da un club del nostro Paese nella fase a gironi della massima competizione europea. Ed è stata la serata, in particolare, di Giovanni Simeone. Sì, proprio lui. Quel ragazzo saggio, un po’ zen e poco hipster. Un figlio d’arte con l’autocontrollo glaciale e che trasuda l’emozione di uno che vive per il calcio e per il gol a ogni pallone toccato e a ogni esultanza.
Uno che l’anno scorso, a prescindere da che famiglia provenisse, ha spaccato la Serie A a furia di gol pesanti, ma che in estate era passato al Napoli un po’ in sordina, come una di quelle riserve che è una ciliegina sulla torta scomoda in una rosa già completa. Sì, non è utile nasconderlo: il Cholito parte praticamente da terza punta nelle gerarchie di Spalletti, dietro Victor Osimhen e uno scatenato Giacomo Raspadori. Di conseguenza, ogni occasione che ha deve sfruttarla, a partita in corso o dal primo minuto, per mettersi in evidenza e mettere ancora più in difficoltà il tecnico di Certaldo.
E ieri come è andata? Beh, già all’undicesimo minuto ha dimostrato chi comanda nell’area di rigore o nei suoi pressi. Giovanni Di Lorenzo avanza e serve proprio l’ex Verona, che non fallisce l’appuntamento con il gol, lasciandosi andare a un’esultanza incontenibile, piena di emozione, ma per lui non è una novità.
E nessuno si è illuso che sarebbe finita la sua fame di gol. Infatti, gli bastano solo altri cinque minuti per raddoppiare. Stavolta, il Napoli sfonda dall’altro lato a sinistra, Mario Rui alza la testa e mette al centro una palla a giro con il mancino. Simeone taglia sul primo palo e si tuffa di testa, firmando il 2-0. Poi arriverà anche il gol di Leo Ostigard, nella ripresa, per concludere un tris eccezionale per il Napoli.
E, a proposito di record, Simeone ne ha firmato uno tutto suo con la doppietta al Rangers, e che è sempre una roba di famiglia. Il Cholito l’ha scoperto direttamente nel postpartita, ai microfoni di “Sky Sport”: “C’è stato un altro argentino prima di me che è riuscito a segnare quattro gol nelle prime quattro partite di Champions in carriera? Mi trovi impreparato – risponde subito il bomber -. Forse Lavezzi?”. Poi l’attaccante capisce la verità ed esclama: “Papà? Veramente? Non lo sapevo e non l’avrei pensato”. D’altronde chi potrebbe dargli torto: l’ex Inter e Lazio era un centrocampista difensivo, ma con un grande fiuto per il gol. Questa è una statistica comunque da bomber veri e, quindi, molto particolare.
In una serata del genere, qualsiasi genitore sarebbe felice per il figlio, e siamo sicuri che anche per papà Diego sarà stato così. Ma il Cholo avrà avuto il cuore diviso, visto ciò che ha vissuto in contemporanea al Wanda Metropolitano. Ne ha parlato sempre Giovanni a Sky: “Mi spiace molto per l’Atletico. Sarebbe stato bello vedere qualificati anche loro, ma papà sarà contento per me“.
Lo psicodramma dell’Atletico e una famiglia divisa tra la gioia e il dolore sportivo
Se ci trasferiamo direttamente in Spagna, abbiamo una storia diversa da raccontare e sicuramente con cui potrete provare una sfumatura empatica decisamente differente. Sempre alle 21, infatti, andava in scena il match tra Atletico Madrid e Bayer Leverkusen. I ragazzi di Simeone arrivavano alla partita con un solo risultato buono per qualificarsi: la vittoria. Infatti, anche un pareggio in casa avrebbe reso impossibile il passaggio del turno. E così è andata.
Certo, il risultato finale non ha lasciato più possibilità di recuperare alla squadra della capitale spagnola, che si è dovuta arrendere al destino di un’eliminazione corretta per il gioco espresso dai materassai. Il discorso è semplice: i Colchoneros quest’anno hanno smarrito, soprattutto in campo europeo, la solidità che li aveva caratterizzati nel ciclo cholista e che portato finali e vittorie pesanti, storiche semplicemente.
Anche ieri sera, i padroni di casa hanno subito due gol in 29 minuti tra le mura amiche e fino a qualche tempo fa non era affatto consuetudine per gli spagnoli. Il secondo tempo, è stato praticamente un tiro al bersaglio ed era partito anche con i presupposti giusti: la sostituzione di Simeone ha funzionato e l’ingresso di Rodrigo De Paul ha subito portato il pareggio sperato con un bel tiro a giro sul secondo palo, come ne abbiamo visto tanti in Italia.
Il Bayer Leverkusen, però, alla lunga, ha tenuto il colpo, fino ai minuti di recupero. Proprio quando le speranze sembravano ridotte al lumicino, l’arbitro ci ripensa e assegna un calcio di rigore pesantissimo ai Colchoneros. Dal dischetto si presenta Ferreira Carrasco che è stato uno dei calciatori decisivi per il ciclo di Simeone in panchina ed era andato in gol già nel primo tempo. L’esterno d’attacco, però, si fa ipnotizzare e il portiere avversario para la sua conclusione. Non è finita, perché da dietro arriva Saul, ma il suo colpo di testa si ferma sulla traversa. E ci prova anche Reinildo, ma colpisce Carrasco che completa il suo minuto di terrore. L’arbitro fischia tre volte e condanna Simeone a un’eliminazione clamorosa per quella che erano le difficoltà oggettiva del girone e le ambizioni dell’Atletico Madrid.
Una sentenza definitiva e senza attenuanti per cui tocca fare una riflessione un po’ più approfondita sul ciclo dei Colchoneros. La difesa arcigna e totale portata in grembo e poi allevata dal tecnico argentino pare non funzionare più come un tempo. Colpa dei singoli, sicuramente, ma anche di una mentalità che non pare più combattiva come quella di una volta. Il gruppo sembra un po’ svuotato, in alcuni dei suoi cardini, di quello spirito operaio e che non ti fa mollare fino alla fine, che poi è anche insito nella storia del club. C’è chi dice che il ribaltone in panchina sia all’orizzonte, chi afferma che Simeone avrebbe bisogno di stimoli nuovi, chi ancora pensa che il Cholo debba tornare in Italia, dove probabilmente il suo stile tornerebbe a splendere.
Se ne riparlerà al termine della stagione, ma poco prima di Halloween la famiglia Simeone è tornata, nel palcoscenico più ambito, a farci capire quanto possa essere stregato, beffardo, magico e crudele il calcio allo stesso tempo. Ma soprattutto quanto possa impregnarsi di quel profumo agrodolce che è infuso nei momenti più emozionanti della vita. Non basta citare l’idillio napoletano in confronto al fallimento cholista.
È qualcosa di meno intuitivo e più profondo. È un padre che raggiunge il punto più basso della sua carriera da allenatore, negli ultimi anni, mentre il figlio tocca con mano la sua legittimazione in campo europeo e raggiungendo un record del padre che non sapeva neanche esistesse. Suona un po’ come un passaggio di consegne, come un ciclo che inizia e uno che finisce, nella stessa famiglia.
E sa di beffa, per come i Simeone vincono il calcio. Perché mentre il Napoli vola grazie ai gol di Simeone in uno stadio tutto in festa, dall’altra parte c’era la fibrillazione che anticipa i grandi disastri sportivi. E a Barcellona ne sanno qualcosa, visto quanto ha combinato l’Inter un paio di settimane fa al Camp Nou. Sicuramente poi c’è da non fermarsi a un turbinio di emozioni raro nella storia del calcio e da pensare al futuro. Diego Simeone non smarrirà la sua identità di fronte a un fallimento sportivo, proverà a far funzionare le cose o, al massimo, cambierà, come già fatto da calciatore, che è logico e naturale sul lavoro e in questo sport. Il bomber del Napoli, invece, cercherà di far sempre più parte integrante del gioco e del progetto di Spalletti. E lo scudetto ora non può più essere un progetto da sussurrare, ma un sogno da cullare con le sicurezze di chi sa di poterlo realizzare.