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#LaTrattativa, il nuovo film di Sabina Guzzanti vuole ricostruire il legame tra Stato e Mafia. Un patto che si è rinnovato? E’ la domanda che si fa la pellicola, fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. La regista ha ricevuto dieci minuti di applausi per il lavoro che intreccia immagini di repertorio documentaristico alla finzione cinematografica, insieme alla satira che contraddistingue la nota romana. Il tema è controverso, proprio per questo affine al dibattito politico, e a quello dell’opinione pubblica: mettere in scena per immagini ciò che è contenuto in verbali, registrazioni processuali e libri. “Fatti realmente accaduti – ha detto in conferenza stampa – verificati più di mille volte“.
Insomma, nulla di nuovo nei temi trattati, ma quello che cambia e sembra stupire è la modalità usata: le immagini, che integrano documenti storici e “girato”, pronte a sbarcare nei cinema di tutta Italia, dal 2 ottobre, distribuito da BiM.
Ninni Bruschetta nel cast interpreta il professore di teologia che interroga Spatuzza, ma veste anche i panni del pubblico ministero del processo dell’Utri. Compito della regista Guzzanti, a quattri anni dall’ultima opera cinematografica Draquila, sui morti de L’Aquila, è stato ricostruire gli inizi degli anni Novanta.
Gli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i magistrati italiani anti-mafia per antonomasia, finiti tragicamente nelle mani della criminalità organizzata. Ma non solo: la controversa questione del processo Stato-Mafia del 2013, ma anche mafia e Chiesa e il legame tra mafia e politica.
” (…) Lavoro di riscontro che ho fatto insieme agli esperti di questa materia, in Italia dagli anni Novanta in poi ci siamo abituati ad aspettare i risultati di un processo prima di poter parlare di qualunque cosa, ma non è che se non si trovano i responsabili penali di un fatto – spiega – l’opinione pubblica non può venirne a conoscenza“.
Poi, ha così commentato la scelta dello stile, l’integrazione tra realtà e finzione, grazie all’espediente narrativo di una compagnia teatrale che metta in scena la vicenda, in un continuo scambi di parti (“Né buoni, né cattivi“, dice, perché la realtà è più complessa delle divisioni nette).
Un connubio che, insieme al tocco satirico che da anni contraddistingue la regista romana, le ha fatto ricevere applausi per più di dieci minuti alla Mostra del Cinema di Venezia, anche se stamani non mancano i detrattori sulle pagine dei giornali cosiddetti di centro-destra (Il Giornale, Libero, etc), a cui sembra replicare in anticipo:
“Il meccanismo che consente di passare in modo omogeneo dalla finzione al documentario – ha concluso in conferenza stampa – fornisce al film una libertà creativa, un umorismo, e una recitazione un po’ brechtiana che hanno fatto sì che questo lavoro fosse un film, da vedere in modo collettivo“.
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