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Categories: Spettacoli

La tv si fa detective con la seconda edizione di Così lontani così vicini

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E’ stata decisamente una giornata all’insegna delle emozioni e dei sentimenti quella vissuta dagli spettatori di Rai Uno il 13 dicembre. All’interno della programmazione, infatti, molti sono stati i momenti dedicati alla maratona benefica Telethon con i racconti, le storie toccanti di chi, quotidianamente, vive in prima persona il duro confronto con le malattie genetiche. In prima serata, invece, ha preso il via le seconda edizione di Così lontani così vicini, condotta da Al Bano assieme alla sua nuova compagna d’avventura Paola Perego.

L’obiettivo del programma è quello di far sì che persone che sono state separate da varie vicissitudini della vita possano ritrovarsi.
Nulla di nuovo sotto il sole: una mission analoga ha animato, in parte, programmi come Carramba che sorpresa e C’è posta per te. La tv, in questi casi, si trasforma in detective e fatina buona allo stesso tempo, capace di realizzare i sogni e i desideri profondi delle persone.

In Così lontani così vicini, a differenza di quanto accade in altre trasmissioni come quelle sopraccitate, tuttavia, la dimensione utility non si mescola con quella del varietà; il programma segue gli stilemi tipici del factual: niente studio televisivo, niente riflettori, niente lustrini, tutto si svolge interamente nei luoghi in cui vivono i protagonisti delle storie.

I due conduttori si suddividono chiaramente i ruoli: Al Bano si occupa di coloro che si rivolgono al programma per cercare la persona lontana, contribuendo a raccontare e commentare le loro storie.
Paola Perego, invece, incontra le persone che vengono ricercate. Proprio la fase della ricerca viene valorizzata a sottolineare la valenza utility del programma: la conduttrice ne descrive i passaggi, i tentativi andati a vuoto, le difficoltà.

Il racconto delle storie è demandato quasi totalmente ai loro protagonisti. I conduttori svolgono un ruolo di supporto e commento. Nel complesso la narrazione tende ad avere un ritmo piuttosto lento, elemento che rischia di inficiare la capacità di coinvolgere lo spettatore nonostante le vicende siano intense dal punto di vista emotivo e vogliano fare chiaramente leva sulla commozione.

Ancora una volta il piccolo schermo ci propone un programma basato sulle emozioni, sui sentimenti e anche, inutile negarlo, sulla lacrima facile. Se tuttavia, spesso, il lavoro di postproduzione mira a rendere la narrazione più emozionante, coinvolgente, seppur magari a tratti patetica, in questo caso la scelta di lasciare spazio al racconto più puro, senza calcare troppo la mano (almeno apparentemente) sull’editing, rende la narrazione piuttosto debole dal punto di vista patemico.

Maria Elisabetta Santon

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