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Politica

L’aborto, per fortuna, è ancora un diritto garantito alle donne italiane

Intervistata da Serena Bortone a Oggi è un altro giorno, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, già finita nel tritacarne mediatico per altre affermazioni, ha detto che “purtroppo” in Italia le donne hanno il diritto all’aborto. Stando, però, ai disegni di legge che hanno presentato i partiti di maggioranza, prima Forza Italia con Maurizio Gasparri, poi Fratelli d’Italia con Roberto Menia, dobbiamo considerarci fortunate (e fortunati) se invece interrompere una gravidanza è ancora consentito.

Eugenia Roccella – Nanopress.it

L’aborto, per fortuna, è ancora un diritto garantito alle donne italiane, e nonostante quello che pensa la ministra Eugenia Roccella, e i disegni di legge presentati dal centrodestra, perché, a prescindere da quello che succede alle donne che decidono arbitrariamente di abortire, per molto di loro è anche una salvezza, specie se l’embrione è il frutto di una violenza sessuale che vorrebbero dimenticare, ma non solo.

Diventare madri, d’altronde, non è un dovere che si deve assolvere, è piuttosto una scelta che si deve prendere consapevolmente, senza avere il terrore di poter incorrere in un processo penale, o al meglio del giudizio della gente. E poi, siamo così certi che rendere illegale una pratica come l’aborto sia veramente la soluzione? Non diventerebbe, nei fatti, un problema molto più grande di quello che pensano di avere dal centrodestra?

Prima della legge 194, la tanto discussa legge 194, introdotta nel 1978 e per cui c’era stata anche una consultazione popolare con un referendum, l’interruzione volontaria di gravidanza era da considerarsi un reato punito dal codice penale (l’articolo di riferimento era il 553), e non si poteva neanche fare propaganda. Abortire di fatto era un rischio, per chi decideva di ricorrerci (è capitato che si morisse, è capitato che si rimanesse sterili, si potevano contrarre infezioni), ma anche per chi aiutava le donne a praticarlo.

Non era solo, e non lo è tuttora, una semplice questione da femministe, per quanto le loro lotte, aiutate dalla sentenza della Corte Suprema statunitense Roe contro Wade, siano state fondamentali per aprire un dibattito e per arrivare alla modifica del Codice Rocco.

Non era solo, e non lo è tuttora, una questione che riguarda solo le donne, ma sono soprattutto loro che si possono colpire con uno stravolgimento di questo genere, e anche in un Paese in cui gli obiettori di coscienza – ovvero i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario che decide, perché ne ha diritto, di non praticare gli aborti – sono sempre di più.

Il reparto di ginecologia di un ospedale – Nanopress.it

A questo proposito, stando ai dati della Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza per il 2019, il 67% dei ginecologi, il 43,5% degli anestesisti e il 37,6% del personale non medico ha presentato obiezione di coscienza. Quanto alle strutture con reparto di ostetricia e/o ginecologia, tre anni fa a fronte di 564, effettuavano l’aborto “solo” 356, ovvero il 63,1% del totale. Solo nella provincia autonoma di Bolzano e in Campania, il numero di punti è inferiore al 30%, mentre in altre otto regioni il la percentuale è più alta del 70%. Considerando il numero delle strutture in rapporto alla popolazione femminile in età fertile (15-49 anni), si rileva che a livello nazionale sono presenti 2,9 punti ogni 100mila donne in età fertile.

Tornando alle parole della ministra Roccella, non certamente tra le più progressiste tra le politiche, ma neanche del governo di Giorgia Meloni, sono preoccupanti per due ragioni fondamentali. La prima perché non si rende conto che, appunto, si tornerebbe indietro nel tempo, un tempo tutt’altro che roseo, la seconda perché sconfessa quello che la stessa premier diceva in campagna elettorale, ovvero che non si voleva in alcun modo toccare la 194.


Il sentore, effettivamente, che quelle parole fossero un po’ vane, dicevamo, lo avevamo avuto quando, al primo giorno di legislatura, il vicepresidente del Senato in quota forzista ha ripresentato un disegno di legge che vorrebbe riconoscere l’autorità giuridica a una persona fin dal momento del suo concepimento (e non della nascita, com’è ora), e anche quando dal partito della prima presidente donna della storia della Repubblica italiana si è fatto lo stesso.

Manifestazione in difesa della legge 194 a Napoli – Nanopress.it

Le intenzioni, così come i ddl – diversi in tutto e per tutto dai dl, che sono invece i decreti legge che vengono approvati dal governo e che il Parlamento deve convertire in legge entro sessanta giorni perché non perdano, fin da subito, i loro effetti -, difficilmente si potranno tradurre in cambiamenti epocali. Sia perché le opposizioni metterebbero ancora di più i bastoni fra le ruote, sia perché ci sarebbero delle sommosse popolari da parte di tutte quelle persone che, invece, pensano che “meno male” che c’è l’aborto, per fortuna si può ancora ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza.

Piuttosto, se proprio si vuole scongiurare che lo si faccia, si dovrebbero sensibilizzare i giovani e non all’utilizzo di contraccettivi, specie l’uso dei profilattici, che servono non solo a limitare le gravidanze indesiderate, ma anche (e soprattutto) a evitare le infezioni e le malattie sessualmente trasmissibili, problemi ben peggiori di donne che decidono di abortire. Nel caso, poi, degli stupri, serve molto più che l’educazione sessuale affinché delle vittime innocenti non rimangano incinta e contro il loro dovere.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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