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Ladri d’auto identificati dal telefono, caccia sui social

Connessioni bluetooth e social network per identificare ladri d’auto? Accade in America. A Baltimora, circa tre mesi fa tre giovani ladri si sono introdotti in un appartamento, hanno trovato le chiavi dell’auto del proprietario, una Jeep, e l’hanno rubata. Dopo averla usata per una decina di giorni, l’hanno abbandonata. E’ stata poi ritrovata dalla polizia. Tuttavia i tre sono stati ripresi dalla videocamera di sicurezza dell’appartamento; in questo modo la polizia è riuscita ad identificarne uno e l’ha arrestato. Minorenne, non ha voluto fare i nomi dei suoi due complici.

Ciò che rende la notizia curiosa sono i fatti successivi. Il proprietario dell’auto non si è rassegnato a lasciare che gli altri due ladri restassero ignoti. Così ha cominciato a diffondere sui social network una delle immagini riprese dalla videocamera. Però senza ottenere risultati.
Ma una volta rientrato in possesso dell’auto, si è accorto che i tre ladri avevano scioccamente accoppiato i loro telefoni cellulari al sistema UConnect della vettura, attraverso la connessione bluetooth, e ovviamente non avevano cancellato gli accoppiamenti.

C’era una nuova traccia, dunque, seppure molto debole. L’uomo, un esperto di sicurezza informatica, ha proseguito la sua indagine personale. Partendo dai nomi dei telefoni accoppiati, ha scoperto che su Instagram esiste un account con lo stesso nome di uno di essi. La foto sull’account sembra corrispondere alle immagini riprese dalla videocamera dell’appartamento durante il furto. Inoltre tra i contatti dell’account c’è un nome che coincide con quello di un altro dei telefoni inseriti nella Jeep.

In questi giorni la polizia ha contattato il proprietario dell’auto a proposito della lista dei bluetooth e della caccia attraverso i social. Gli agenti stanno seguendo diverse piste, come si usa dire. Ad ogni modo, diamo a Cesare ciò che è di Cesare. L’unica traccia decisiva che ha finora portato ad un risultato concreto, cioè un arresto, è la ripresa della videocamera nell’appartamento. Che tutto il resto possa poi reggere in un processo, è ampiamente da dimostrare.

Roberto Speranza

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