L’allarme di Bankitalia è abbastanza chiaro: in Italia persistono i rischi dell’inflazione insieme alla frenata del PIL.
Qual è la causa che si nasconde dietro all’incremento dell’inflazione? Nel corso degli ultimi mesi l’inflazione sta continuando ad aumentare non a causa dei salari ma perché le aziende tengono alti i profitti.
Le cause dell’inflazione
Bankitalia ha lanciato un allarme all’interno del quale si afferma che in Italia “permangono i rischi da inflazione e frenata del Pil”. Qual è la causa che si nasconde quindi dietro l’inflazione? Molto spesso si afferma che risulta essere molto pericoloso incrementare i salari in quanto ad ogni aumento ne eseguirebbe un altro causando quindi una continua salita dei costi. In verità, nelle ultime settimane si sta facendo spazio un’altra ipotesi, ossia quella secondo la quale l’inflazione sia aumentata non a causa dei salari ma perché le aziende hanno deciso di mantenere alti i prezzi così da aumentare i profitti.
Inoltre Bloomberg, basandosi su Eurostat, ha realizzato un grafico all’interno del quale è possibile comprendere cosa ha spinto l’aumento dei prezzi durante gli ultimi quattro anni. Si evidenzia quindi che, dal 2019 fino ad oggi, la parte che viene considerata più importante è proprio quella riguardo ai profitti delle aziende, un valore che sembra essere il colpevole principale dell’inflazione.
Inoltre risulta essere molto interessante anche l’elaborazione dei dati sul nostro Stato. Sempre prendendo sotto esame tali analisi, l’elaborazione Bloomberg la quale si riferisce agli ultimi quattro mesi del 2022, mostra che in Italia il 61% dell’inflazione è provocata dall’aumento dei profitti dell’azienda, degli aumenti che vanno a pesare sui consumatori. In poche parole, ogni ditta ha aumentato i prezzi così da mantenere alti propri profitti. Dall’altra parte invece i salari hanno un valore molto più basso pari al 39%.
Un argomento che durante gli ultimi giorni di marzo, era stato affrontato dal membro del board BCE, Fabio Pannetta il quale aveva affermato “In alcuni settori i profitti stanno crescendo con forza e i prezzi al consumo stanno salendo rapidamente. Questo nonostante il fatto che i prezzi all’ingrosso siano in discesa da un po’ di tempo”. Inoltre anche la BCE ha affermato che c’è la possibilità di diminuire i profitti così da non aumentare troppo i prezzi. In alternativa la BCE continua a tenere i tassi alti provocando delle conseguenze sempre su famiglie e consumatori.
L’allarme di Bankitalia
E’ questo un allarme che è stato lanciato anche da Bankitalia. Infatti, l’istituto ha affermato che a causa dell’alta pressione dei prezzi e alla frenata dell’economia globale Europea si rischia perdere una stabilità finanziaria in Italia: “Per gli altri Paesi dell’area dell’euro pesa”, ha aggiunto, anche “la persistente instabilità geopolitica”.
Bankitalia inoltre ha spiegato che l’inflazione ha colpito sia il reddito disponibile che i risparmi delle famiglie italiane la quale ha risentito molto del rialzo dei tassi di interesse dei mutui. All’interno del rapporto dedicato alla stabilità finanziaria, è stato rilevato, da parte della Banca d’Italia, una flessione del reddito disponibile reale, alleviata in parte dalle misure del governo, una diminuzione del 5,6% durante il secondo trimestre e del 5,3% nell’ultimo trimestre. Inoltre, solo il 37% del totale comprende i mutui variabili mentre il 30% è dedicato ai nuovi mutui.
Nel rapporto dedicato alla stabilità finanziaria quindi si legge “Le condizioni della finanza pubblica sono migliorate nel 2022 sono diminuiti, in rapporto al Pil, sia l’indebitamento netto sia il debito; il Def prevede che la riduzione continui nei prossimi anni. In prospettiva, il consolidamento di tali tendenze resta fondamentale”.
Per ciò che concerne i salari, anche l’Istat ha divulgato un’analisi affermando che durante i primi tre mesi del 2023, anche se c’è stato un graduale rallentamento della crescita dei prezzi, resta più alto di 7 punti percentuali la differenza tra dinamica o dell’inflazione e quella della retribuzione contrattuale. Quindi, tra gennaio e marzo del 2023 la retribuzione oraria media ha visto un aumento del 2,2%, se si fa il confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente. Nel mese di marzo del 2023 si è registrato un aumento dello 0,1% sull’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a differenza del mese precedente, un valore che è aumentato il 2,2% se si fa il confronto con il mese di marzo del 2022. È dell’1,4% l’aumento tendenziale per i dipendenti dell’industria mentre per quello dei servizi privati è pari allo 0,9% e per i lavoratori della Pubblica Amministrazione è del 4,9%.
In base a ciò che spiega l’Istat, “Nel primo trimestre 2023, gli incrementi a regime dei rinnovi del comparto pubblico relativi al triennio 2019-2021 accelerano la crescita delle retribuzioni contrattuali, che tuttavia rimane contenuta”. L’istituto economico continua affermando che la dinamica retributiva per combattere industriale si unisce all’indennità limitata degli indumenti fissati dei rinnovi tra il 2020 e il 2021 .“Nel settore dei servizi, la più contenuta crescita salariale è anche legata al fatto che più della metà dei dipendenti è in attesa del rinnovo del Ccnl”