La Corte Suprema di Israele ha stabilito che il ministro della Sicurezza nazionale israeliana Itamar Ben Gvir non potrà impartire ordini operativi alle forze dell’ordine in merito a come gestire le proteste e all’utilizzo della forza nei confronti dei manifestanti.
La sentenza è arrivata nella giornata di oggi, ovvero domenica 19 Marzo, dopo che è stata indetta una petizione dal Movimento per un governo di qualità in Israele, ovvero il MQG, il quale ha affermato che Ben Gvir ha utilizzato in maniera politica la possibilità di dare ordini alla polizia all’interno delle proteste, attuando così un atteggiamento illegale e non finalizzato al bene del Paese. La popolazione intanto all’interno di Israele continua da 11 settimane la protesta contro le riforme proposte dal governo Netanyahu e dai suoi ministri e, man mano che i giorni trascorrono, il nervosismo e la tensione crescono a dismisura, così come le azioni della polizia diventano sempre più violente nel sedare i manifestanti.
Il sabato sera appena trascorso ha visto 260.000 persone manifestare nelle strade del Paese ma, nonostante ciò, il governo sta procedendo con la riforma giudiziaria tanto contestata e che comporterebbe un deterioramento della democrazia di Israele e un peggioramento nelle condizioni delle minoranze presenti sul territorio. Una situazione complicatissima, che oltre alla crisi interna e alla spaccatura politica e popolare, vede anche una pressione internazionale causata dalla questione dell’escalation di violenza nei confronti della Palestina da parte dell’esercito israeliano, che ha necessitato dell’intervento di delegazioni statunitensi e europea per cercare di mantenere equilibrio in Medio Oriente data la tensione sempre maggiore.
Una sentenza dell’Alta Corte impedisce a Ben Gvir di dare ordini alla polizia
La posizione mostrata dal ministro della Sicurezza israeliana nei confronti dei manifestanti ha destato preoccupazione, in quanto è stato mostrato il pugno duro e più volte dichiarato alla polizia di adottare misure più punitive che convincessero la popolazione a desistere e a lasciare da parte manifestazioni e le proteste.
Durante le giornate di sciopero nazionale e di resistenza, indette dall’opposizione politica di Netanyahu contro la riforma giudiziaria e contro il deterioramento della democrazia israeliana, è stato necessario attuare misure di contenimento per i manifestanti che hanno bloccato l’autostrada Ayalon di Tel Aviv e durante la manifestazione serale, lo scorso sabato, si è verificato anche un attacco rivendicato dal gruppo islamico di Hamas, attuato come vendetta all’uccisione di due giovani militanti islamici avvenuta la stessa mattina.
Un botta e risposta di violenza che è stata sicuramente incentivata dalla presa di posizione del governo di Israele nei confronti della fazioni islamiche, che si è andata ad unire al malcontento generato dalla riforma di Levin e le due crisi concomitanti stanno portando portato sull’orlo di una guerra civile Israele.
Ben Gvir ha cercato di frenare la situazione sopprimendo le proteste e la libertà di esprimere la propria opinione e per questo è stata presa la decisione dall’Alta Corte di evitare che il ministro prenda decisioni in merito al controllo delle proteste.
Durante gli scontri precedenti il parlamentare si è recato personalmente al centro di controllo comando della polizia e ha impartito specifici ordini su come procedere nella risposta nei confronti dei manifestanti e, anche, su quali strategie attuare per la riapertura delle autostrade per garantire l’accessibilità ad ogni parte del paese senza impedimenti da parte dei manifestanti.
Pertanto il partito MQG ha deciso di avanzare una petizione dove ha chiesto esplicitamente di vietare ai ministri della polizia di attuare tattiche di intervenire nella strategia attuata per sedare le proteste e in sostanza Ben Gvir non potrà prendere decisioni riguardo la popolazione in rivolta e quindi viene vietato il suo appoggio in ambito operativo.
Il giudice della Corte Suprema Isaac Amit ha precisato: “Al Ministro non è consentito impartire ordini operativi sulle modalità di attuazione della sua politica, sul modo in cui viene esercitato l’uso della forza, sulle forme della forza da impiegare, sui metodi di dispersione della folla, sulle condizioni di tempo, luogo e modo in cui viene condotto l’incidente e simili [tali ordini]”.
E ha aggiorno poi che: “Il ministro deve quindi astenersi dal dare ordini operativi alle forze dell’ordine, direttamente o indirettamente, a maggior ragione riguardo a proteste e manifestazioni contro il governo”.
Nel mentre si apprende da fonti di polizia che e in preparazione una strategia speciale in occasione del mese sacro musulmano del Ramadan a Gerusalemme, dato che è un evento che richiama migliaia di visitatori in città.
La polizia ha affermato in una dichiarazione ufficiale che: “Lo scopo della preparazione e dell’attività di polizia a Gerusalemme durante il Ramadan è quello di consentire la libertà di culto… mantenendo la sicurezza, la legge e l’ordine pubblico”.
Per evitare che scoppi il caos i funzionari del distretto di polizia di Gerusalemme hanno tenuto diversi colloqui, nei giorni scorsi, con i leader della comunità per coordinare le attività e mettere in sicurezza la zona senza tralasciare ogni eventualità che potrebbe accadere.
Nella giornata di venerdì prossimo verrà dispiegata una notevole forza di polizia nella città di Gerusalemme, specialmente nella città vecchia e nella zona vicino al Monte del tempio, dove è previsto che si fermino in preghiera i musulmani alla moschea di Al-Aqsa. Le forze dell’ordine ebraiche hanno anche confermato che quest’anno verrà attuata una preparazione più attenta nei confronti della Pasqua ebraica che quest’anno coincide con il mese del Ramadan.
In un comunicato si legge che: “La polizia agirà per mettere in sicurezza tutti i fedeli che arriveranno nei luoghi santi in questi giorni, musulmani, ebrei e cristiani, con l’obiettivo di consentire a tutti la libertà di culto”.
Gli alti funzionari di polizia sono precisato anche che: “chi tenta di approfittare delle festività per diffondere materiale di incitamento sui social media, false voci e disinformazione, in particolare in relazione ai luoghi santi”.
Non è di certo una situazione nuova che i gruppi terroristici, in passato, abbiano utilizzato il Ramadan per incitare e provocare disordini a Gerusalemme proprio durante la festività.
Si evince chiaramente dalla dichiarazione delle forze dell’ordine che la polizia agirà: “senza compromessi contro i rivoltosi e coloro che infrangono la legge, che danneggiano o tentano di danneggiare coloro che pregano e celebrano, o che sfruttano le festività per danneggiare i civili o le forze di sicurezza”.
Il Ramadan Inizierà nella giornata di giovedì e la preoccupazione dei possibili attacchi mirati è molto alta.
Mentre accade tutto questo il primo ministro Netanyahu ha criticato gli israeliani che protestano contro i piani governativi nella giornata di domenica 19 Marzo e le accusa di voler ribaltare ingiustamente la riforma giudiziaria e il governo stesso.
Il primo ministro si è scagliato inoltre contri i capi delle forze di sicurezza israeliane, della polizia e dello Shin bet che a suo avviso non sono intervenute in maniera efficiente per placare le manifestazioni e dovevano utilizzare misure più decisive.
Secondo il premier Netanyahu le forze dell’ordine hanno mostrato segni di cedimento e hanno rivolto attenzione particolare alle parole dell’opposizione politica e pertanto sono ritenute colpevoli le disordini generali. A suo avviso non si tratta di manifestanti ma di anarchici che si contrappongono con una riforma che apporterebbe a suo avviso beneficio Israele non lo distruggerebbe come è stato riportato da media israeliani e internazionali che stanno attuando una campagna di diffamazione nei confronti della coalizione israeliana al governo.
Il leader ha specificato, dopo che per l’ennesimo sabato consecutivo centinaia di migliaia di persone si sono radunate contro il governo che: “Non accetteremo l’anarchia“.
Il premier Netanyahu, parlando all’inizio della riunione di gabinetto settimanale, ha spiegato che lo sconvolgimento giudiziario strettamente collegato all’opposizione politica che sta alimentando il malcontento e fomentando la popolazione. Ha anche spiegato che è stato pubblicizzato e politicizzato ogni argomento importante e statale come la posizione in merito al programma nucleare iraniano e la posizione in merito alla tensione con la Palestina.
Proprio riguardo la questione palestinese si è tenuta nella giornata odierna nella località turistica egiziana di Sharm El Sheikh un vertice tra funzionari italiani e palestinesi, con l’intento di riuscire ad appianare le divergenze, che stanno portando a una crisi in Medio Oriente profonda e rischiano di vedere un conflitto armato nel breve termina se non si cerca un modo per equilibrare le esigenze di Israele e della Palestina.
Il vertice tra Palestina e Israele a Sharm El Sheik
Le autorità israeliane incontrano nella giornata odierna ovvero domenica 19 Marzo le autorità palestinesi nella località egiziana di Sharm El Sheikh. Il vertice ha pensato per appianare le divergenze che stanno portando il Medio Oriente ad una crisi profonda e preoccupante a livello internazionale per la possibile escalation di violenza che può scaturire in qualsiasi momento in un conflitto reale armato.
Dopo gli attacchi ripetuti d’Israele ai campi profughi di Jenin e Nablus e la risposta di Hamas lanciato razzi dalla Striscia di Gaza, si sono innescati botta e risposte armati, che hanno messo in difficoltà la popolazione che non rientra nelle fazioni ribelli in contrasto. Proprio per questo hanno deciso di intervenire le nazioni europee e una delegazione statunitense che si sono recate direttamente sul territorio e ora invece è stato organizzato il vertice a Sharm El Sheik per cercare di risolvere una situazione che sta portando Israele alla guerra civile e potrebbe portare ad una terza intifada palestinese che spaventa enormemente la comunità globale.
La spirale di violenza, che si è innescata tra palestinesi e israeliani, preoccupa enormemente e si sta cercando di correre ai ripari prima che esploda una situazione ingestibile.
L’incontro segue un primo vertice avvenuto nelle scorse settimane ad Aqaba, dove si sono incontrate le autorità giordane, quelle statunitense e quella egiziane con l’obiettivo di interrompere questo picco di violenza inaudita.
Anche se l’esito del colloquio era stato molto positivo sulla carta, la realtà in Palestina ha mostrato attacchi continui con le forze israeliane e la violenza non ha di certo subito nessuna frenata dopo la risoluzione emessa durante la riunione politica.
Subito dopo la notizia dell’accordo raggiunto tra autorità israeliana e palestinesi è avvenuta l’uccisione, da parte di una fazione islamica, di due fratelli israeliani nella città di Huwara e i cittadini ebrei hanno scatenato il caos all’interno della città, bruciando abitazioni e auto e portando alla distruzione la zona intera.
Il portavoce del ministero degli esteri egiziano Ahmed Abu Zaid ha spiegato che all’incontro parteciperanno: “funzionari politici e di sicurezza di alto livello” di entrambe le parti, nonché di Egitto, Giordania e Stati Uniti.
Spiega inoltre che la partecipazione regionale internazionale all’incontro è stata studiata per poter attivare immediatamente “meccanismi” nel caso in cui le parti riescono a trovare un accordo e a delineare punti da cui partire per una risoluzione pacifica del problema.
Israele presenta una delegazione guidata dal consigliere della sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi e dal capo dello Shin Bet Ronen Bar.
Il primo ministro Netanyahu hanno fatto riferimento alla riunione in programma a Sharm El Sheikh nemmeno durante la riunione di gabinetto settimanale. L’incontro che si è tenuto ad Aqaba è stata criticato e deriso dalla maggior parte dei membri della coalizione al governo.