In data odierna, 15 giugno, Gazprom, il colosso di forniture energetiche russo, ha tagliato del 15% le entrate di gas via tubo per l’Italia senza fornire adeguati chiarimenti.
La decurtazione avviene all’indomani dell’identica mossa ai danni della Germania, a cui sono stati ridotti del 40% gli ingressi di idrocarburi dal Nord Stream 1.
Com’è ormai noto, il Bel Paese soffre della maggior dipendenza dalle materie prime di provenienza russa, soprattutto per quel che concerne il gas.
Eppure a lecita domanda su quale sia la ragione della diminuzione odierna di forniture, nessuno può dare una risposta dotata di contezza.
Questo in quanto alcuna spiegazione è stata data: l’azienda moscovita si è limitata ad informare l’Eni del mancato raggiungimento del livello quotidiano.
La cosa che più insospettisce vertici italiani ed europei è che la comunicazione avviene il giorno dopo all’annuncio dello stesso ente estrattivo del taglio del 40% alle forniture del Nord Stream 1, il gasdotto nel Mar Baltico che collega direttamente le Federazioni Russa e Germanica. In questo caso però Gazprom ha riferito di problemi tecnici ad una turbina quale causa del sostanziale dimezzamento.
In merito a quanto sta avvenendo si è espresso anche il portavoce della Commissione Europea Tim McPhie che ha tentato di silenziare le sirene di allarme interne all’Unione. Questi difatti precisa come non vi siano per ora elementi di rischio negli approvvigionamenti, i quali anzi procedono spediti e affluiscono in maniera superiore rispetto allo scorso anno.
Attualmente i depositi, che vengono riempiti quale riserva per la stagione invernale, sono al 52/53% della propria capacità, ben di più dei livelli degli anni scorsi in questo periodo.
Tuttavia serpeggia l’idea che questa sia l’ennesima dimostrazione di quanto la Russia possa far male all’economia europea. Cioè Putin, secondo la sua dottrina politica che fa della minaccia e del bluff armi importanti per vedere esauditi i desideri di Mosca, potrebbe sfruttare queste riduzioni per monitorarne gli effetti sull’opinione pubblica europea, la cui resilienza è provata da due anni di pandemia e vari mesi di conflitto ed inflazione.
Quindi una spiegazione più politica che tecnico-economica si ipotizza: in effetti appare strano un taglio così piccolo, teoricamente confinato solo alla giornata odierna e privo di una qualsivoglia giustificazione da parte di Gazprom.
Eppure non bisogna dimenticare che la dipendenza è a doppio senso: la stessa Russia non potrebbe fare a meno del quasi miliardo al giorno che l’UE (Italia e Germania in testa) versa nelle casse del Cremlino.
Da qui si intuisce perché si è riferito della dottrina putiniana come fondata sul bluff. Se fino ad oggi, nonostante guerra e sanzioni, la Russia non ha interrotto gli approvvigionamenti energetici all’Europa, mossa che metterebbe in crisi l’unità di azione e opposizione all’ex impero zarista di Bruxelles, lo si deve al danno che prima di tutto e sopra tutto investirebbe il colosso territoriale.
Per ora non si può che affidarsi fiduciosi alla ragionevolezza e senso di autoconservazione del leader russo.
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