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Lancia 110 anni: una storia dell’eccellenza italiana

La Lancia compie 110 anni. Una storia lunghissima, costellata di momenti gloriosi e alterne fortune, insieme a periodi molto difficili. In più di un secolo, dalle fabbriche prima di Torino e poi di Chivasso sono usciti modelli con soluzioni tecniche che il resto dell’industria avrebbe adottato parecchi anni dopo. Auto dal design talmente indovinato che ancora oggi vengono ricordate con ammirazione. Vetture che hanno calcato le scene sportive conquistando successi di primo piano. Per un appassionato italiano di automobili, Lancia significa eccellenza.

La società Lancia venne fondata il 27 novembre 1906 a Torino. Vincenzo Lancia ne fu il motore, in tutti i sensi. Decise di tentare l’avventura imprenditoriale dopo alcuni anni trascorsi come pilota collaudatore della Fiat, uno dei migliori d’inizio secolo. L’azienda che portava il suo nome fin dall’inizio produsse vetture di alto livello e prezzo, molto sofisticate nella loro struttura. In un’epoca in cui viaggiare in auto era un’avventura, i modelli Lancia si contraddistinguevano non solo per l’eleganza, ma anche per la loro sicurezza. Quelle auto erano più leggere, meglio costruite, più resistenti e anche veloci.

Il primo modello destinato a suscitare scalpore fu la Lambda, nel 1922. La prima auto al mondo con una scocca portante. Negli anni ’30 seguì un altro modello chiave, l’Aprilia, sofisticata, aerodinamica e con sospensioni a ruote indipendenti. Fu letteralmente il testamento di Vincenzo Lancia, il quale morì il 15 febbraio 1937 per un’infarto, poco prima che cominciasse la produzione dell’Aprilia.

Seguirono anni travagliati, senza una vera guida e con la guerra di mezzo. Nel 1947 il punto di svolta. Gianni Lancia, il figlio di Vincenzo, assunse il controllo dell’azienda a 23 anni. Nello stesso anno venne ingaggiato l’ingegner Vittorio Jano, progettista delle più vincenti Alfa Romeo tra la fine degli anni Venti e il periodo prebellico.

L’epoca di Gianni e Jano durò meno di un decennio ma lasciò un segno indelebile nella storia automobilistica: l’Aurelia. Costruita come berlina, coupé e convertibile, disegnata da Pininfarina, fu un capolavoro dello stile e della meccanica. Jano infatti superò se stesso, sviluppando il primo motore V6 al mondo. Ricordiamo tutti l’Aurelia B24 Spider nell’indimenticabile film Il sorpasso, di Dino Risi, interpretato da un magistrale Vittorio Gassman.

Gli anni ’50 coincisero anche con un profondo impegno della Lancia nelle corse. L’Aurelia vinse per due volte la 24 ore di Le Mans nella propria classe, poi la Mille Miglia e la Targa Florio. Ma gli sforzi finanziari e organizzativi maggiori furono diretti verso la Formula 1. Jano progettò la monoposto D50, che ebbe uno sviluppo piuttosto travagliato, durato circa un anno e mezzo. La vettura fu pronta per la stagione 1955. Gianni si dissanguò per ingaggiare piloti di assoluta fama come Alberto Ascari, due volte campione del mondo, e Luigi Villoresi. Quell’anno la Lancia D50 riuscì a trovare prestazioni all’altezza delle imbattibili Mercedes di Juan Manuel Fangio e Stirling Moss. Ascari vinse i primi due gran premi, prima di finire in mare a Montecarlo. Quattro giorni dopo, il 26 maggio 1955, morì in quel terribile incidente a Monza mentre provava una Ferrari 750 Sport.

Fu la cosiddetta goccia che fece traboccare il vaso. Perché l’impegno sportivo bruciò tutte le risorse finanziarie della Lancia, nonostante le ottime vendite dell’Aurelia. Gianni stava già meditando di gettare la spugna e dopo la morte di Ascari prese la decisione: vendette l’azienda all’Italcementi di Carlo Pesenti, mentre vetture e materiale di Formula 1 furono cedute ad Enzo Ferrari, il quale le adattò per la stagione successiva e vinse il mondiale con Fangio.
Pesenti ci mise molto impegno. Nel 1963 venne aperta la fabbrica di Chivasso. Furono prodotti modelli di prestigio come Flaminia e Flavia, poi la Fulvia. Ma la concorrenza era forte e troppe risorse venivano distratte dal core business delle costruzioni. Così nel 1969 la Lancia fu venduta alla Fiat.

Proprio in quel momento fu creata la squadra corse Lancia, diretta da un giovane Cesare Fiorio. Egli comprese il potenziale della Fulvia Coupé, disegnata da Piero Castagnero. La dirigenza Fiat si lasciò convincere a tentare l’avventura del rally. Fu l’inizio di una vera epopea. Tutti la ricordiamo e ne abbiamo sentito parlare. I successi internazionali e poi i campionati mondiali di Sandro Munari con la Fulvia Rallye 1.6 HF, poi il dominio assoluto per tre anni con la mitica Stratos motorizzata Ferrari.

Arriviamo agli anni ’80, essenzialmente il canto del cigno della Lancia, in tutti i sensi. Dopo la vittoria mondiale nel campionato costruttori 1983 con la 037, arrivò la Lancia Delta, il cui modello di produzione, disegnato da Giorgetto Giugiaro su meccanica della Fiat Ritmo, uscì nel 1979. Tre nomi: S4, HF 4WD e, indimenticabile, la Lancia Delta Integrale. Piloti come Juha Kankkunen e Miki Biasion spazzarono via la concorrenza. Sei titoli mondiali costruttori e quattro piloti consecutivi.

Alla fine degli anni ’80 venne presentata l’ultima grande berlina della casa, l’ammiraglia Thema. Trazione anteriore, molte soluzioni tecniche innovative e ancora design di Giugiaro. Top di gamma la mitica 8.32 con motore Ferrari.
La storia praticamente finisce qui. Seguì un lento e inarrestabile declino.

Oggi la Lancia sopravvive con un solo modello, nel solo mercato italiano, la piccola Ypsilon, la quale peraltro si fa onore, mantenendo la terza posizione assoluta nelle vendite nazionali, preferita in grande maggioranza dalla clientela femminile.

Roberto Speranza

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