[didascalia fornitore=”altro”]Natalie Finn in una foto dal suo profilo Facebook[/didascalia]
Prigione a vita. È la sentenza stabilita il 26 gennaio dal tribunale di West Des Moines, Iowa, Stati Uniti, per Nicole Finn, 43 anni, madre adottiva di Natalie Finn, 16 anni, trovata morta di fame nel 2016 nella casa di famiglia. Il giudice ha riconosciuto la donna colpevole dell’omicidio della figlia e del rapimento degli altri fratelli Mikayla, 14, e Jaden, 15, adottati con l’ex marito Joe Finn II, che si è dichiarato innocente, dal momento che non viveva in casa quando Natalie morì: il suo processo inizierà il prossimo 30 aprile. La vicenda della 16enne sconvolse l’intera comunità: quando venne ritrovata, sul pavimento di casa con indosso un pannolino per adulti, pesava poco più di 38 chili e sul corpo recava segni di violenza e maltrattamenti.
Il processo a Nicole Finn ha riportato a galla la storia: in Aula sono state mostrate le immagini del corpo di Natalie, mentre i due fratelli, sopravvissuti alle angherie della donna, hanno testimoniato, raccontando l’inferno che avevano vissuto. Nel corso del procedimento è emerso che Nicole teneva i tre fratelli chiusi in camera per mesi, senza cibo e acqua, spesso legandoli al letto e, quando non erano segregati, non li nutriva a sufficienza: uno dei fratelli ha raccontato di aver bevuto l’acqua del water per placare la sete.
Come riporta il Daily Mail, in Aula è stato mostrato il cartello che Natalie aveva affisso fuori dalla finestra, nella speranza che qualcuno la salvasse: “Non posso aprire la finestra, mamma l’ha inchiodata”.
Quando è stata ritrovata, Natalie era ridotta a pelle e ossa, senza più muscoli, con ferite e segni di percosse: la mancanza di cibo e acqua le avevano provocato un infarto. Gli esperti hanno chiarito che anche i due fratelli rischiavano di morire di fame e che si sono ripresi fisicamente solo dopo mesi di cure, riportando però gravissimi traumi psicologici.
Secondo il procuratore, la donna aveva più attenzione per i gatti e i cani di casa che per i figli adottivi. Il giudice Karen Romano ha definito le sue azioni “imperdonabili” e, oltre alla condanna all’ergastolo, le ha impedito di aver alcun contatto in futuro con i figli sopravvissuti. “La corte non può immaginare quale tipo di trauma mentale questi bambini abbiano sofferto”, ha dichiarato nel confermare la condanna. La donna ha annunciato che farà appello.
Sotto accusa sono finiti anche i servizi sociali della cittadina che non si sono mai accorti di quanto avveniva in quella famiglia: Secondo quanto riporta il Des Moines Register, a oggi i responsabili dell’ufficio non hanno ancora commentato il caso. “Una volta che tutto sarà concluso, forniremo le informazioni pertinenti”, ha detto il portavoce Matt Highland.