Un ennesimo aumento nei supermercati, un altro prodotto che porterà alle stelle il suo costo. Questa volta sembra che il rincaro interessi un alimento primario, una bevanda molto importante all’interno della dieta italiana.
Ancora una volta gli italiani si trovano di fronte ad una crisi che prevede anche l’aumento di tutti quei prodotti che nel supermercato vengono acquistati tutti i giorni.
Questa volta è il turno del latte, un prodotto che ha subito un aumento durante le fasi della produzione. Infatti, il mais con cui si nutrono gli animali, è stato oggetto di un aumento del 41%, mentre il detergente utilizzato per la pulizia degli impianti attualmente ha un costo superiore del 23%.
Se il latte verrà venduto al costo di €2 al litro, la colpa di sicuro va anche all’aumento dell’energia elettrica. Una situazione molto difficile in cui si trovano a vivere 24 mila stalle italiane all’interno delle quali sono impiegate 200.000 persone.
Un aumento che ancora una volta pende sulle spalle del consumatore che tra non molto sarà costretto a pagare il latte e la benzina quasi alla stessa cifra.
La causa principale dell’aumento del prezzo del latte è senza dubbio l’incremento eccessivo del costo dell’energia elettrica. Se si procede verso questa direzione, il rischio che si corre è che un alimento che i nutrizionisti considerano di primaria importanza all’interno della dieta italiana, possa raggiungere un prezzo che sfiora i €2.
E questo è un allarme che Lactalis e Granarolo hanno voluto lanciare cercando di attirare l’attenzione del governo.
Le due aziende produttrici di latte hanno affermato di essere molto preoccupate dell’inflazione che da circa un anno interessa il settore agroalimentare italiano in particolar modo quello lattiero caseario.
Il loro suggerimento è quello di intervenire prima che le cose diventino ancora più disastrose. Ovviamente, si tratta di una situazione insostenibile proprio a causa del costo eccessivo delle bollette elettriche.
Entrambi i gruppi infatti hanno spiegato che per colpa dell’inflazione, tutte quelle voci necessarie per mandare avanti la filiera del latte, hanno visto un aumento del doppio delle spese.
Ed è per questo motivo che anche loro si sono trovate costrette ad aumentare quasi del 50% il costo del latte.
In ogni caso la preoccupazione maggiore resta un’altra. Entrambe le aziende hanno espresso la loro ansia verso il continuo aumento del prezzo dell’energia, un qualcosa che è accaduto proprio durante le ultime settimane.
È proprio questo evento a rendere molto difficile il trasferimento sul mercato. Una cosa che è accaduta anche se sia la prima che la seconda azienda sono riuscite ad assorbire in modo autonomo un’inflazione che vada il 25% al 30%.
Nonostante ciò, si può affermare che nella stagione primaverile il costo del latte ha subito un aumento del prodotto finito esposto sugli scaffali del supermercato, portando l’importo di una singola confezione a €1,80.
I due colossi però affermano che si tratta di un’inflazione che non riesce più ad essere assorbita dalle aziende.
Le due aziende Granarolo e Lactalis continuano affermando che è impossibile pensare che un alimento primario possa causare una penalizzazione così grande nello spingere addirittura una diminuzione del consumo.
Infatti, se non si procede ad un cambio di rotta per quanto riguarda il costo dell’energia elettrica, molto presto l’inflazione potrebbe arrivare ad un aumento del 100% nel 2023.
Un costo insostenibile anche per un’azienda così grande che potrebbe colpire notevolmente i consumatori ed avere delle conseguenze sull’intera filiera.
Una dichiarazione in cui affermano che l’aumento del costo energetico ha causato un impatto devastante sull’organizzazione stessa. Ci si trova quindi di fronte ad un aumento del 220% nei confronti del 2022 e, secondo le stime, di un aumento del 90% nel 2023.
Una situazione che ha spinto allo stremo diverse imprese e che potrebbe causare la drammatica chiusura di molte di esse.
Ed è proprio in previsione di tale situazione che le due grandi filiere conosciute per la produzione del latte, hanno scelto di seppellire per un po’ di tempo l’ascia della rivalità e unirsi in un appello indirizzato al mondo politico così da far capire loro quanto sia importante intervenire al più presto.
Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, sottolinea anche come quest anno sia stato difficile a causa della siccità, una problematica che ha provocato una diminuzione della produzione pari al 10%.
Una situazione già abbastanza difficile a cui si unisce anche il conflitto tra Russia e Ucraina. È tutto ciò che ha portato ad un rialzo eccessivo del costo del gas e dell’elettricità, spingendo in alto anche i prezzi del gasolio.
Una situazione alquanto delicata che, secondo Prandini, non può attendere l’arrivo del nuovo governo.
Il rischio che si corre infatti è quello che gli stranieri possano vedere le aziende italiane in difficoltà come un qualcosa da acquisire.
La soluzione che egli propone è quella di eliminare l’IVA al consumatore e di imporre un tetto massimo alle industrie per quanto riguarda i costi dell’energia.
Infatti il presidente afferma che, se si continua basando il tutto soltanto su crediti d’imposta, il rischio che si corre è quello di vedere la chiusura di almeno un’azienda ogni 10.
Un appello a cui si è unito anche Confagricoltura la quale afferma che l’allarme lanciato da Granarolo e Lactalis è un segnale che non deve essere preso sotto gamba.
Massimiliano Giansanti, il presidente di Confagricoltura, ha chiesto espressamente un sostegno al governo da indirizzare alla filiera del latte a partire dal comparto zootecnico.
Infatti è molto importante sapere che la filiera del latte è ben diversa da tutte le altre in cui vi è la possibilità di spegnere il forno e di riprendere la produzione dopo diverse settimane.
In questo caso infatti è impossibile “mettere in pausa” il bestiame così che questo non sia più fonte di spese. In casi del genere si rischia addirittura di optare per l’abbattimento degli animali causando però la chiusura definitiva di quella filiera che non ha più le forze per andare avanti.
In Italia sono 24.000 le stalle al cui interno vengono prodotti 2,7 milioni di tonnellate nel corso dell’anno.
Sono proprio queste che alimentano una filiera lattiero casearia il cui valore è di più di 16 miliardi e che vede l’occupazione di un numero superiore a 200.000 persone.
Si tratta di cifre che, se le cose non cambieranno in nessun modo, saranno destinate a diventare sempre più basse.
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