Secondo il tribunale di Forlì, la maglietta indossata da Selene Ticchi non presenta nessun elemento di incitamento o discriminazione e non rappresenta una violazione della Legge Mancino. Ticchi è stata quindi assolta dalle accuse mosse nei suoi confronti in relazione alla scritta presente sulla maglietta, che rimandava al logo Disney, indossata durante l’anniversario della Marcia su Roma a Predappio nel 2018. Nonostante la richiesta di condanna presentata dalla Procura, il tribunale di Forlì ha ritenuto che tale scritta non fosse un simbolo di apologia della Shoah o di altro tipo di discriminazione.
La Procura, tuttavia, ha deciso di fare ricorso direttamente in Cassazione, sostenendo che la scritta sulla maglietta rappresentava un simbolo usuale dei gruppi che fanno apologia della Shoah.
Inoltre, è importante considerare il contesto in cui il logo è stato utilizzato e se ci sono state intenzioni discriminanti propagandistiche dietro il suo utilizzo. Attualmente, non ci sono prove concrete che dimostrino che il logo indossato da Ticchi ‘Auschwitzland’ sia distintivo di un’organizzazione che promuova la discriminazione o abbia intenti propagandistici. Inoltre, non ci sono evidenze che suggeriscano che l’organizzazione che utilizza questo logo stia operando attivamente e in modo offensivo nei confronti di gruppi di persone.
Tuttavia, è importante sottolineare che ciò non esclude la possibilità che il logo possa essere utilizzato in modo offensivo in futuro, e che ci sia bisogno di monitorare attentamente la situazione.
Secondo le motivazioni della sentenza pronunciata dal giudice Marco de Leva il 12 gennaio, il quadro istruttorio nei suoi confronti è gravemente lacunoso, dato che sostanzialmente non è emerso nulla da parte dei testimoni, neppure da quelli di polizia giudiziaria e pertanto il giudice sostiene che: “in ordine alla portata distintiva del segno grafico esibito da Ticchi, alla genesi del logo Auschwitzland, per come ostentato sulla maglietta (rimanendo invece irrilevante la genesi storica della mera espressione lessicale), all’uso che ne viene fatto e al suo grado di diffusione”.
Ma ha anche voluto sottolineare che: “non può ritenersi abbia rilievo penale un qualsivoglia segno grafico” sottolineando che questa accusa può essere attribuita al simbolismo e che ha una certa capacità rappresentativa collettiva e non è questo il caso.
Il giudice ha portato come esempio il tricolore con nella parte bianca l’emblema del fascio littorio e ha voluto precisare la questione sottolineando che quello è: “collegato da tutti i consociati al regime fascista che è stato l’ultimo utilizzatore del simbolo”.
Pertanto Ticchi sembra avere dalla sua parte sia la legislazione italiana che nonostante la sua posizione spesso fuori dalle righe, non consona e, talvolta, definita dagli oppositori offensiva e aggressiva non ha però colpa legale in merito alla maglietta con il logo contestato.
Nella causa su Predappio è anche assente la prova: “in ordine alla riferibilità dello stesso” riferendosi quindi allo stesso disegno Auschwitzlan e prosegue precisando che manca anche la riferibilità “ad una qualche organizzazione attualmente esistente che propugni ideologie fondate sull’odio razziale”.
Pertanto è stata pronunciata una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.
La PM Laura Brunelli, che aveva avanzato una richiesta di condanna a nove mesi ha deciso di lottare in Cassazione.
La procura non ha ritenuto che l’immagine dell’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz sia un chiaro segno distintivo mettendo in dubbio la sua ideologia, simbologia e la sua diffusione.
La PM ha deciso di tentare nuovamente in Cassazione la questione Ticchi non ritenendo la sentenza giusta e ha intenzione di far valere le proprie ragioni.
Brunelli ha dichiarato: “La rappresentazione di esso, ancorché in offensiva ‘forma grafica giocosa’ rimanda sempre, pesantemente, al genocidio degli ebrei la cui denigrazione, mediante raffigurazione con stampa ‘Disney’, assume maggior efficacia di apologia della Shoah”.
Ha concluso spiegando che: “Bisogna poi tenere conto del contesto e della valenza simbolica della ricorrenza della marcia su Roma a Predappio che consente, con maggior vigore, di attribuire a quel simbolo la forza di ‘simbolo usuale’ di gruppi nazifascisti fondati sull’odio razziale e sull’apologia della Shoah”.
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