Polonia, l’attivista pro aborto Justyna Wydrzyńska ha ricevuto la sentenza dal tribunale polacco che l’ha ritenuta colpevole di aver aiutato una giovane donne, dopo un processo iniziato da un anno che ha attirato l’attenzione mediatica. Si tratta di un delicato argomento ovvero l’aver aiutato una donna ad abortire che è un tema controverso in Polonia ma che sta riscontrando partecipazione da parte della popolazione femminile che chiede di essere tutelata e non accusata.
Justyna Wydrzyńska è stata condannata oggi 14 marzo dopo un anno di processo e l’attivista dell’Abortion Dream team si è presentata con enorme appoggio e sostegno al tribunale polacco dove si è svolta, per l’appunto, l’udienza che poteva costarle fino a tre anni di detenzione in carcere.
Il sostegno del popolo non è di certo mancato alla donna che ha affermato di essere consapevole di non essere sola e ha ringraziato per l’appoggio ricevuto.
Il processo all’attivista ha segnato una svolta storica e per la prima volta un’attivista ha deciso di presentarsi davanti al tribunale polacco pur sapendo di rischiare molto, ma ha deciso di mettersi in gioco totalmente per la causa che sostiene e ritiene giusta.
Il tribunale distrettuale di Varsavia-Praga ha emesso la sua sentenza e ha condannato il 14 marzo l’attivista Wydrzyńska a otto mesi di restrizione della libertà e allo svolgimento di lavori socialmente utili.
Ciò è stato causato dal fatto di aver aiutato una giovane donna ad abortire e per la precisione per aver ordinato il farmaco che le avrebbe permesso di interrompere la gravidanza. La giovane Anna ha chiesto il supporto dell’organizzazione Aborto Senza Frontiere e così il meccanismo di supporto si è messo in moto, dato che la decisione era stata già presa dalla ragazza. Il percorso d’aiuto verso chi necessita di essere seguito consiste nel fornire sicurezza e soprattutto cerca di ridurre al minimo il fenomeno, sempre più diffuso, che vede le donne rivolgersi a metodi non legali, che non tutelano la salute ma agiscono puramente a scopo di lucro.
La donna ha fatto in modo di far arrivare ad Anna il misoprostolo e questo ha scatenato il caso contro di lei che non ha mai nascosto di sostenere la decisione di abortire in sicurezza per ogni donna. Le è stata revocata però l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti con l’intento di commerciarle.
Wydrzyńska ha iniziato il suo cammino da attivista 16 anni fa e da allora sostiene le donne e si è focalizzata poi nell’aiutare le ragazze impossibilitate a interrompere la gravidanza e ha creato il gruppo Abortion Dream Team che ha supportato la causa di Aborto Senza Frontiere e ottenuto, così, il sostegno di numerosi cittadini polacchi e internazionali.
Ciò che ha decretato la denuncia che ha, poi, trascinato Wydrzyńska in un processo mediatico, che si protrae da un anno, è l’aver procurato le pillole abortive a una giovane donna che ha chiesto aiuto. Ha riferito in merito: “Ho inviato le pillole a qualcuno che si è avvicinato ad Aborto Senza Frontiere. Questa ragazza era decisa fin dall’inizio a interrompere la gravidanza, ma ha rivelato che suo marito era contrario e ha cercato di controllarla. Il compagno, che voleva costringere la moglie ad avere un figlio, ha contattato la polizia.”
L’ attivista ha poi sottolineato che: “Tutta questa storia è molto triste, perché dimostra che in situazioni di vita così critiche, le donne possono contare principalmente su altre donne. Sorelle, amiche, ma a volte perfetti sconosciuti che non hanno mai incontrato. Il contatto con i volontari per l’aborto in Polonia e all’estero avviene solitamente tramite il numero verde o le chat room.”
Il fatto di aver ordinato le pillole non ha portato all’infrazione di nessuna legge polacca ma è diventata una testimone e quindi parte dal caso contestato. Successivamente è stata denunciata dalla procura e, ora, dopo un anno dall’inizio del processo, è arrivata alla sentenza, che si appresta a essere un precedente in Polonia.
Nonostante la pena non preveda le detenzione la sola decisione di rendere colpevole legalmente Wydrzyńska è un passo significativo, che ha sollevato malcontento tra gli attivisti e i sostenitori della donna.
Ordo Luris, membro del partito sociale, ha chiesto che Wydrzyńska fosse condannata a un anno di reclusione mentre lei stessa ha invece richiesto una completa assoluzione.
Il 14 marzo durante la sesta udienza è stata emessa l’attesa sentenza per l’imputata Wydrzyńska. Fino dalle prime ore del mattino un gruppo di sostenitori di Wydrzyńska si sono radunati fuori dal tribunale di Varsavia, con striscioni contornati da slogan con scritte come “io sono Justyna” e hanno atteso la fine dell’udienza.
Si sono ritrovati per l’occasione anche i membri della sinistra polacca tra cui Agnieszka Dziemianowicz-Bąk, Wanda Nowicka, Katarzyna Kotula, Magdalena Biejat e Marcelina Zawisza ma ovviamente erano presenti anche gli oppositori antiabortisti.
Justyna ha riferito in aula: “In questa sala tocchiamo i diritti umani fondamentali, compreso il diritto all’autodeterminazione. Dietro di me ci sono le mie amiche e centinaia di altre donne. Non dovrei mai essere perseguitata per attività che proteggono la vita e la salute delle donne, questo processo non dovrebbe nemmeno aver luogo.”
Ha precisato inoltre che le organizzazioni umanitarie hanno la missione e la volontà di salvare le donne dal mercato nero degli aborti e dai trafficanti senza scrupoli.
L’attivista ha anche detto: “Non mi sento in colpa. La colpa è di questo stato polacco. Ho aiutato Anna quando nessun altro voleva aiutarla. È un elemento di umanità a cui non rinuncerò. Non mi vergognerò né considererò ciò che ho fatto un crimine. Vale la pena essere decenti e onesti, anche se non sempre ripaga.”
La solidarietà dimostrata a Wydrzyńska davanti al tribunale è stata consistente e i sostenitori hanno ringraziato la donna per il prezioso aiuto che, nonostante le difficoltà, continua a fornire.
La popolazione che sostiene Justyna afferma ha specificato che nella stessa situazione si sarebbe comportata allo stesso modo e fornire aiuto non può e non deve diventare sbagliato e proibito..
È stata anche organizzata una petizione che ha raccolto già 150.000 firme e l’attivista ha ricevuto il sostegno dell’Associazione internazionale dei ginecologi e ostetriche FIGO, dei governi di Francia e Belgio e anche delle Nazioni Unite.
Il tribunale, che si trova nel quartiere Praga di Varsavia è stato circondato dalle forze dell’ordine e per la prima volta è stata limitata la possibilità di manifestare e dimostrare solidarietà a Wydrzyńska.
All’esterno dell’edificio è apparso anche un camion del Movimento pro-life, dal quale venivano trasmessi pianti di bambini e gli attivisti urlavano “Ave Maria”.
Justyna è stata ritenuta colpevole ai sensi dell’articolo 152 par. 2 cp, e cioè per “aiuto all’aborto”.
La sentenza riporta: “otto mesi di restrizione della libertà attraverso il servizio alla comunità. L’attivista deve lavorare non retribuito per 30 ore al mese. Il suo lavoro deve essere controllato. Justyna Wydrzyńska deve anche sostenere le spese del processo.”
Kinga Jelińska, appartenente all’Abortion Dream Team, ha dichiarato: “Il verdetto è stato patetico, distaccato dalla realtà. Stigma, spaventare, mostrare il dito, mancanza di comprensione per le donne. Ma molto sta cambiando in Polonia. Cresce il sostegno all’aborto. Questo è ciò che i politici e i tribunali devono compensare.”
Il difensore di Wydrzyńska ha anche precisato che la sentenza rivela un aspetto importante ovvero che l’informazione sull’aborto non è punibile.
Anna Bergiel, legale dell’attivista, ha sottolineato che: ‘Questa è un’informazione importante per gli attivisti.”
La leader dell’Abortion Dream Team ha sottolineato che continuerà ad aiutare le donne che necessitano di sostegno nell’aborto. La manifestazione è proseguita e la folla ha urlato a Wydrzyńska che non sarebbe mai rimasta sola. Justyna è la prima attivista di un’organizzazione che viene processata in Europa.
Le udienze sono state rimandate a causa dell’assenza dei testimoni ovvero della giovane Anna, che Wydrzyńska ha aiutato, e il suo ex compagno.
Anna dopo aver chiesto aiuto a Justyna è stata scoperta del suo ex marito, che ha poi denunciato tutto alla polizia.
La giovane non ha potuto recarsi in tribunale dopo che il suo ex marito è riuscito ad intercettare la sua corrispondenza e creato situazioni che hanno allungato le tempistiche.
Anna è riuscita a presenziare a febbraio in tribunale e ha voluto innanzitutto ringraziare Wydrzyńska, per il suo appoggio, e ha scritto in una lettera: “in una situazione in cui persone che avevano un obbligo morale e alcuni di loro anche un obbligo legale di aiutarmi sono rimaste a guardare”.
Il volto di una madre che ha perso una figlia racconta spesso più di mille…
Un silenzio solenne avvolgeva le strade, rotto solo dal suono cadenzato dei passi e dal…
Ci sono momenti in cui sembra impossibile mantenere la concentrazione. La mente vaga, le distrazioni…
La stagione fredda porta con sé molte domande sulla routine quotidiana, ma c’è un gesto…
Se c'è un momento in cui tutto sembra sospeso, è quando un atleta raggiunge un…
Il riscaldamento a pavimento è una delle soluzioni più moderne e apprezzate per il comfort…