Lavoratori italiani che lavorano in Italia ma vengono pagati con la moneta romena, dopo aver firmato un contratto di lavoro romeno. Peccato che più che di contratto bisognerebbe parlare di contratto-truffa, e più di pagati bisognerebbe scrivere sottopagati: lo stipendio ammonta infatti a 1.400 lei, equivalenti a circa 300 euro al mese. Una miseria. Questa è la situazione di 70 lavoratori italiani della Ceva Logistics di Stradella, vicino Pavia. I quali però, grazie all’aiuto del sindacato Filt-Cgil, si sono ribellati e hanno deciso di scioperare.
Perché hanno firmato un contratto romeno? La risposta è la solita: perché nell’Italia della crisi economica, della disoccupazione e delle aziende che spesso marciano sulla pelle dei lavoratori, si tende ad accettare qualsiasi trattamento economico al ribasso. Perché è stato possibile che un’azienda operante in Italia abbia potuto sottoporre un contratto romeno ai propri dipendenti italiani? Grazie al gioco di appalti e subappalti tra agenzie interinali. Il contratto proposto da un’agenzia interinale con sede a Bucarest, la Byway Jpb Consulting srl, alla quale si erano rivolte a catena altre due agenzie, in un perverso gioco di costi al ribasso, era di fatto una trappola. Prevedeva infatti che lo stipendio fosse elargito in modo misto: la parte fissa in lei, la moneta romena (un leu equivale a 0,21 euro) e una piccola parte in euro. Risultato, a fine mese i lavoratori guadagnavano 1.400 lei, ovvero circa 300 euro. Pochissimo, per la mole di lavoro svolto. L’ulteriore beffa era che non ricevevano alcun contributo.
«Questi contratti – spiega a Repubblica ancora Massimo Colognese, segretario provinciale della Filt-Cgil – prevedono una retribuzione mensile di 1400 leu (307 euro), ma il costo del lavoro per l’agenzia è molto più basso. Ed è anche più bassa di quella che viene pagata in euro agli altri lavoratori». Sono stati i sindacati a convincere i lavoratori a scioperare: venerdì scorso ci sono stati attimi di tensione fuori dall’azienda. La speranza è che la loro situazione lavorativa possa però finalmente normalizzarsi.