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Lavoro: 7 aziende su 10 non hanno i manager giusti

Essere leader di un’azienda non è semplice, e spesso al comando non ci sono le giuste figure. Da una recente ricerca emerge un dato preoccupante: il 73% delle aziende è guidato da manager che non hanno gli strumenti per gestire le sfide del futuro. Le performance sono talmente deludenti che il 32% dei responsabili delle risorse umane sostituirebbero il team di leader ‘senior’ se ne avessero l’opportunità.

Le aziende non hanno i leader giusti per il futuro

7 aziende su 10 non hanno i manager giusti secondo una ricerca condotta da Shl, multinazionale della talent innovation che ha la mission di aiutare le aziende a comprendere meglio il potenziale dei dipendenti per migliorare i propri risultati. Forte di oltre 40 anni di esperienza, con un database di oltre 320 milioni di dati di assessment e 10mila clienti in 150 paesi.

La ricerca è la più ampia in tema di leadership condotta negli ultimi 25 anni. Ha coinvolto circa 9.000 leader, 6.140 team e 85 aziende. Ed è stata e insignita del M. Scott Myers Award dalla Society for Industrial and Organizational Psychology (Siop) prima di essere presentata a Milano, nell’ambito del Forum delle risorse umane.

Analizzando in modo oggettivo l’impatto dell’esperienza dei leader, delle loro caratteristiche personali e del contesto in cui operano, emerge che nonostante gli investimenti sulla leadership non ci sono miglioramenti delle performance lavorative. Il 50% dei leader in nuovi ruoli non ottiene gli obiettivi prefissati e i due terzi non si adattano abbastanza rapidamente per raggiungerli. Cala quindi la fiducia nei leader emergenti.

L’ambiente lavorativo è diventato molto più complesso

Lavorare a capo di un team è diventato più complicato. Il 50% dei leader deve ricevere l’approvazione da più persone per arrivare a una decisione e il 52% impiega più tempo del previsto per prenderla. Ad esempio il 78% deve lavorare con più persone per terminare il lavoro quotidiano; il 61% gestisce team geograficamente sparsi; il 70% deve adattarsi a frequenti cambiamenti organizzativi; il 63% dipende di più dagli altri per raggiungere gli obiettivi. E questo ha anche un costo economico: basti pensare che 10 decisioni di posizionamento errate possono costare a un’organizzazione oltre 1 milione di dollari ogni anno.

I leader faticano, dunque, a fronteggiare le sfide collegate alla maggiore complessità, interdipendenza e al cambiamento del lavoro. E anche le organizzazioni non hanno sviluppato nuove strategie di leadership che riflettano meglio il nuovo contesto lavorativo. I piani di successione, peraltro, coprono solo il 25% dei ruoli vacanti. Eppure, la maggior parte delle aziende si aspetta che più del 40% dei propri ruoli cambi significativamente entro 5 anni.

Un modello di leadership da cambiare

Sembra ormai necessaria una trasformazione radicale del modello di leadership, da un approccio generico e universale a uno più flessibile e specifico. Saper cogliere le opportunità che nascono da un contesto in rapido cambiamento rappresenta, infatti, un elemento fondamentale e offre un vantaggio competitivo.

L’approccio ‘tradizionale’ prevede che i leader generalmente siano selezionati in base a un modello di 8-12 competenze standard, nella convinzione che esista un profilo unico le cui qualità siano in sostanza sempre le stesse e che capacità di leadership considerate universali portino a una performance efficace in qualsiasi ruolo. Ma non esiste un profilo unico di leader performante. Le caratteristiche di leadership necessarie per il successo, infatti, cambiano in base al contesto. Questo perché la stessa performance del leader è influenzata dal contesto, dall’ambiente esterno all’organizzazione, dal team al ruolo.

Utilizzando un tradizionale modello di competenze, quindi, si rischia di non differenziare il profilo sulla base del contesto, perché le informazioni basate su profili tradizionali sono generiche e non restituiscono la differenziazione necessaria per prendere specifiche decisioni sul talento. Invece le imprese devono focalizzarsi sui profili di leadership appropriati al contesto, devono trasformarli da statici ad agili, devono basare le decisioni sui dati piuttosto che sull’esperienza e sull’intuizione (efficace solo nel 30% dei casi).

In un piano di successione, il peso delle competenze specifiche rispetto al contesto è pari al 70%, contro il 30% di quello delle competenze di base. Occorre, dunque, accertare che i leader posseggano i ‘fondamentali’, ma poi analizzare il contesto e individuare dove e come si vogliono posizionare le risorse in relazione alle sfide. Generando anche un piano di sviluppo personalizzato on the job.

Le nuove sfide per il nuovo leader

Shl ha messo a punto ‘Leader Edge’, modello data-driven fortemente innovativo che consente appunto di triplicare la capacità di predire la performance dei propri leader in modo totalmente autonomo, scalabile e ripetibile. La chiave è associare i leader al contesto per cui sono più adatti, trovando il giusto ‘fit’, e allineare il loro sviluppo alle sfide che si potrebbero dover fronteggiare.

Quanti e quali sono queste sfide? In tutto 27 e si stima che ogni leader si trova in media ad affrontarne 7 simultaneamente. Le prime sfide sono ottenere risultati in condizioni di alta incertezza e ambiguità, sviluppare il business attraverso l’innovazione, progettare e implementare nuove strategie, trasformare in produttiva una cultura altamente conflittuale.

Quindi occorre ottimizzare il talento, supportare creatività e innovazione ma anche la performance del network, dirigere team dispersi geograficamente, globali e interculturali, trasformare una cultura di bassa collaborazione e altamente conflittuale. Ma è necessario anche implementare nuove strategie, sviluppare prodotti, servizi e processi in rapida evoluzione, come anche l’adattamento ai frequenti cambi di leadership.

Come guidare il cambiamento

Per guidare il cambiamento, in particolare, sono indispensabili capacità quali il pensare strategicamente e in larga scala, mantenere il focus garantendo la sicurezza di persone e operazioni, gestire il rischio e la reputazione, rappresentare l’azienda esternamente, garantire la sostenibilità ambientale. L’obiettivo è ottenere risultati: raggiungere margini elevati; sviluppare il business tramite l’innovazione, la competitività dei costi e l’espansione geografica; aumentare la quota di mercato; gestire un business etico, un portfolio di prodotti e servizi ampio, un servizio clienti eccezionale; guidare una squadra centralizzata.

Il mix ideale di caratteristiche di un leader è ampio e occorre migliorare l’approccio attuale sulla scelta del leader basando la selezione sul talento specifico per il contesto che l’ambiente lavorativo oggi richiede. In questo modo si possono ottenere risultati concreti per la propria organizzazione, come ridurre il rischio, sostenere la crescita e potenziare la funzione Hr. Per questo ‘Leader Edge’ si pone come un vero e proprio strumento di business intelligence derivato psicometricamente, destinato ad aumentare del 300% la capacità di predire la performance degli executive leader.

Uno strumento rivoluzionario che permette a qualsiasi azienda di valutare, selezionare e sviluppare i leader con maggiore efficacia assicurandone il successo in un contesto che cambia rapidamente. Una sorta di ‘business intelligence’ in grado di incrociare caratteristiche personali, esperienza pregressa e piani di sviluppo nella gestione di sfide future. Uno strumento per tutti i livelli di leadership attuali e futuri e per tutti i settori e ambiti geografici. Perché differenti sfide richiedono differenti leader.

In collaborazione con AdnKronos

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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