Il part-time agevolato, previsto nella legge di stabilità 2016 per quei lavoratori che si dirigono verso la pensione si sta rivelando un flop. Infatti da giugno scorso, mese di entrata in vigore della legge, le domande presentate e accolte dall’Inps sono state 200, nonostante l’orario si dimezzi ma lo stipendio no. Il ministro Poletti aspirava a raggiungere quota 30mila, ma la realtà è ben diversa
Come approfondito in questo articolo sul part time agevolato, la misura prevede che i lavoratori (con contratto a tempo indeterminato e a full time, cioè orario pieno) che matureranno il requisito di vecchiaia entro la fine del 2018 (20 anni di contributi entro il 31 dicembre 2018) possano ridurre l’orario con un sostegno allo stipendio e contribuzione figurativa versata.
Chi ha i requisiti potrà poi concordare con il datore di lavoro il passaggio al part-time che prevede una riduzione dell’orario tra il 40 ed il 60%, ricevendo ogni mese in busta paga, in aggiunta alla retribuzione per il part-time, una somma esentasse corrispondente ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per l’orario non lavorato. Nessuna penalizzazione per la futura pensione: per il periodo del part-time lo Stato riconosce al lavoratore la contribuzione figurativa corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell’età pensionabile il lavoratore percepirà l’intero importo dell’assegno pensionistico
Il contratto di part time agevolato è vantaggioso per i lavoratori vicini alla pensione ma meno conveniente per le aziende che pagano una quota in più rispetto alle ore lavorate. Secondo i calcoli effettuati dai Consulenti del lavoro su classi di retribuzioni annue lorde che vanno dai 25.000 ai 43.000 euro un lavoratore che firma un contratto di part time agevolato al 40% delle ore (16 a settimana a fronte delle 40 dell’orario intero) ha in busta paga il 72% della retribuzione mentre l’impresa ha una riduzione del costo del lavoro del 49% (a fronte di una riduzione dell’orario del 60%). La contribuzione figurativa, commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata, è stata riconosciuta nel limite massimo di 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018, cifre a questo punto, almeno per l’anno scorso, largamente inutilizzate.
Per accedere al beneficio il lavoratore dovrà richiedere all’Inps o per via telematica o recandosi allo sportello, la certificazione che attesta il possesso di tutti i requisiti richiesti. Dopo il rilascio della certificazione Inps si potrà stipulare il nuovo contratto con il datore di lavoro che durerà fino alla pensione. Dopo la stipula del contratto, il decreto prevede il rilascio, in cinque giorni, del nulla osta da parte della Direzione territoriale del lavoro e, da ultimo, il rilascio in cinque giorni dell’autorizzazione conclusiva da parte dell’Inps.
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