Banca Intesa San Paolo ha iniziato ad apportare alcune modifiche sugli orari di lavoro dando la possibilità ai dipendenti di lavorare 4 giorni a settimana e ottenendo sempre lo stesso stipendio.
Non manca poi chi, all’estero, sta portando avanti un periodo di prova proprio come sta facendo la Spagna. Degli esperimenti che hanno dimostrato che da produttività aumenta notevolmente.
Inizio dei test per la settimana di lavoro corta
La tanto declamata “settimana corta” sta iniziando a prendere piede anche in Italia.
L’esempio più grande è quello dato da Banca Intesa San Paolo, un gruppo bancario che per primo l’ha introdotta in Italia.
In particolare modo la proposta avanzata da la possibilità al personale di aumentare volontariamente la scelta di lavoro flessibile da casa per un periodo che non va oltre i 120 giorni all’anno.
Non manca poi un’indennità buono pasto di 3 euro al giorno necessari anche per sostenere le spese per il lavoro da casa.
In questo modo arrivano a 9 le ore di lavoro giornaliere portando a casa però sempre lo stesso stipendio e senza essere obbligati ad avere un giorno fisso.
Proprio come ricordo Repubblica, anche Lavazza ha scelto di muoversi verso un modello più o meno uguale.
I lavoratori potranno avere la possibilità di uscire in anticipo il venerdì senza nessuna riduzione di stipendio.
Nei giorni passati si era diffusa anche le notizie che l’azienda Artigiana di Cesena, la ditta Face sas aveva intenzione di diminuire le ore settimanali passando dalle attuali 40 e modificandoli a 36.
Un orario lavorativo che verrà introdotto nel 2023 per un periodo di 6 mesi durante i quali verranno effettuati tutti i test del caso.
Lo scopo è poi quello di prorogarlo nel caso in cui i risultati ottenuti siano positivi.
Diversi sono i benefici che si sono ottenuti durante gli esperimenti della settimana corta tra cui anche la possibilità di ottimizzare le risorse energetiche utilizzate nella produzione nel momento in cui il riposo settimanale è lo stesso per tutti i dipendenti.
La settimana corta all’estero
Questa modalità di lavoro all’estero è già utilizzato da diverso tempo. In Belgio infatti è stata approvata una legge che dà la possibilità di usufruire della settimana corta con lo stesso stipendio.
In questo modo il lavoratore avrà la possibilità di rifiutare anche se dovrà specificare il tutto tramite una dichiarazione scritta così che ogni cosa abbia delle basi abbastanza solide.
Anche in questo caso ciò che è previsto è un periodo di prova della durata di 6 mesi.
Come ricorda Il foglio, diverse sono le nazioni europee che hanno portato avanti i primi test tra cui l’Irlanda.
Questa nazione ha iniziato a proporre ai dipendenti un orario lavorativo di 36 ore a settimana divise in quattro giorni senza però a portare nessun taglio allo stipendio.
Uno sperimento che ha portato già i primi benefici in quanto la produttività è stata modificata in maniera positiva.
Anche in Nuova Zelanda era stata fatta una proposta da parte delle aziende.
Un’iniziativa finanziata in seguito dalla premier Jacinda Arden la quale ha voluto utilizzare la settimana corta per far ripartire l’economia a seguito della pandemia.
Una situazione simile si sta verificando anche degli Emirati Arabi Uniti in cui il Sottosegretario ha proposto, durante i primi giorni di maggio, un orario di lavoro che prevede l’occupazione di quattro giorni a settimana.
Alla fine del 2021 invece la Scozia aveva dato inizio ad una fase di prova. E’ questo ciò che aveva proposto lo Scottish National Party il quale si era impegnato anche in un finanziamento di 10 milioni di sterline.
Dal mese di agosto del 2019, la Microsoft in Giappone aveva dato via ai test per la settimana corta lavorativa ed aveva ottenuto un aumento del 40% della produttività.
I risultati altrettanto positivi erano quelli che sono stati ottenuti in Panasonic.
Nonostante tutti i testi, per il momento ancora nulla è cambiato. Continua ad andare avanti invece il test in Spagna iniziato nel 2021 e che proseguirà per tre anni.
Il partito di sinistra Más País aveva pensato di diminuire le ore lavorative a 32.
Una modalità che era già stata utilizzata da alcune aziende durante quel periodo in cui in molti stavano facendo i conti con le difficoltà provocate dalla pandemia