Un modello prodotto per più di trent’anni in 28 nazioni, commercializzato in oltre 100 e venduto in più di otto milioni di esemplari, è un’auto che ha cambiato la storia? Certamente in Francia, però in tutto il mondo quella forma particolare è ancora oggi nota e riconoscibile. E’ la Renault 4.
Siamo alla metà degli anni ’50, l’acerrima rivale Citroën sta spazzando il mercato francese con la 2CV, popolarissima in gran parte del mondo. La Renault ha in quella fascia solo la 4CV, un modello ormai superato. Serve qualcosa di nuovo. La ricetta per il successo è ormai nota, lo hanno dimostrato la Volkswagen col Maggiolino, la stessa Citroën e anche la Fiat con la sua 600. Prezzo basso, robustezza, praticità, design originale, bassi consumi e costi di manutenzione. Ma in più il presidente della Régie Nationale des Usines Renault, Pierre Dreyfus, vuole ampio spazio e caratteristiche più adatte ad una società che sta affollando le periferie delle città, territori non del tutto urbani e non più rurali.
Serve quindi un’auto molto versatile, da usare in ogni tipo di situazione, lavoro, vacanze, città e campagna. Dreyfus voleva “un’auto blue jeans“, qualcosa che ribalti le convenzioni e si adatti al suo proprietario.
Queste erano le sue direttive nel 1956, quando il progetto in codice 112 fu avviato. Ci vollero 5 anni, sotto la direzione del progettista Fernand Picard; la meccanica venne affidata a Guy Grosset Grange e la carrozzeria a Robert Barthaud. La nuova Renault 4 venne presentata nel 1961.
L’ispirazione nella forma alla Citroën 2CV era evidente. Ma si trattava di un’evoluzione, non di una copia. La R4 puntava su una maggiore razionalità, sfruttando meglio gli spazi e facilitando molto il carico, ad esempio con un portellone più ampio ed un piano di carico piatto e relativamente molto basso. Inoltre, grazie alla panchetta posteriore rimovibile, il volume di carico arrivava a 1.450 litri. Una capienza da record per una vetturetta lunga solo 3.60 metri; uno spazio che farebbe invidia anche a molte voluminose station wagon di oggi.
Contemporaneamente l’altezza da terra era elevata, 20 centimetri erano tanti. Unitamente alla meccanica a trazione anteriore e alle sospensioni indipendenti ammortizzate non da molle ma da una barra di torsione, ciò rendeva la R4 perfetta per l’uso sui fondi sconnessi. Era una sorta di Suv ante litteram. Inoltre il particolare sistema usato per il raffreddamento ad acqua consentiva l’avviamento del motore anche alla temperatura di -40 gradi centigradi.
Lo spazio era abbondante per quattro persone, il resto era molto spartano, perché i costi andavano contenuti. Il motore da 750 cc forniva 24 cavalli (quasi subito portati a 27), quanto bastava per le esigenze primarie.
Dopo qualche mese di affanno, le vendite cominciarono ad arrivare e furono instancabili. Ben presto la produzione si espanse in diverse altre nazioni. Per un certo periodo in Italia, in virtù di un accordo di scambio commerciale tra Renault e Alfa Romeo, la R4 fu prodotta anche a Pomigliano d’Arco e veniva commercializzata come Renault 4 Alfa Romeo. In complesso la R4 venne assemblata in 27 Paesi diversi, in Europa, Africa, Sudamerica e Australia.
Nessun modello riesce a stare sul mercato per 31 anni se non possiede la capacità di entrare nel profondo del tessuto popolare. La R4 ci riuscì perché le sue caratteristiche le permettevano di essere molto versatile: un mezzo da lavoro con la versione Fougonnette, un veicolo per trasportare la famiglia, un’auto per il tempo libero per i giovani, un mezzo economico e relativamente comodo per le esigenze di chi non aveva troppo denaro a disposizione.
Questa piccola vettura si prese anche qualche soddisfazione nelle corse, piazzandosi al terzo posto assoluto nella Parigi-Dakar del 1980.
La R4 ebbe un tale successo commerciale che consentì alla Renault di diventare nel 1977 il primo costruttore europeo. Al termine della carriera, nel 1992, in virtù degli 8.135.424 esemplari prodotti, occupò per qualche tempo la terza posizione nelle vendite mondiali di tutti i tempi, dietro ai mostri sacri Volkswagen Maggiolino e Ford Modello T.