Ancora oggi, in buona parte d’Italia, può accadere d’incrociare una Fiat 500. Non stiamo parlando della 500 nuova ma della Nuova 500. Il gioco di parole, per quanto brutto, è necessario. Perché Nuova Fiat 500 indica indiscutibilmente il modello nato sul finire degli anni ’50. Oggi la chiameremmo citycar o segmento A, però in quegli anni la si usava anche per andare in vacanza. E’ stata fondamentale perché ha completato l’opera di motorizzazione dell’Italia avviata dalla sorella maggiore Fiat 600. Un’auto che ha cambiato la storia del nostro Paese.
Cosa si può dire della Fiat 500 che non sia stato già ampiamente raccontato, scritto, disegnato, filmato e cantato? Nulla. Limitiamoci a tracciare le fasi principali di una “carriera” incredibile. La 500 tecnicamente avrebbe dovuto sostituire la Topolino degli anni ’30, dotata dello stesso nome. Tuttavia questo ruolo nel mercato fu ricoperto dalla 600, il cui sviluppo, data l’importanza strategica del modello, assorbì quasi tutte le risorse aziendali nei primi anni ’50. Così, nonostante l’idea della Nuova 500 fosse nata prima della 600, il suo arrivo nei concessionari fu successivo: nel 1957, due anni dopo l’esordio del modello più grande.
Nei piani della Fiat la 500 avrebbe dovuto completare il lavoro avviato dalla 600: far salire in macchina tutti gli italiani. La supercompattissima doveva raggiungere quella fascia ancora molto numerosa di popolazione che non poteva permettersi il modello maggiore. Infatti, sebbene relativamente poche, le 590.000 lire necessarie per comprare la 600 erano ancora troppe per gli operai col livello di retribuzione più basso, nonostante la formula del pagamento rateale tramite cambiali. Serviva qualcosa di ancora più economico ma dalle caratteristiche decisamente di base, in modo da non creare una guerra fratricida tra due modelli della stessa casa. Il target di clientela, come si dice oggi, era quell’enorme numero di persone che potevano permettersi solo la moto.
Il professor Vittorio Valletta, presidente della Fiat in quegli anni, affidò al capo dei progettisti Dante Giacosa (che vediamo in una di queste foto in mezzo alla nuova e alla vecchia 500) il compito di sviluppare la mini-vetturetta fin dal 1953, però tutto venne accantonato per dedicarsi alla 600 che sarebbe uscita nel 1955. Varata la 600, l’attenzione tornò alla sorella piccola, presentata il 2 luglio 1957 al circolo Sporting di Torino. Venne mantenuta la stessa impostazione tecnica e stilistica: motore e trazione posteriori, design dalle forme molto compatte e arrotondate. La 500 presentava però differenze sostanziali. Innanzitutto era omologata per due soli posti, il divanetto posteriore doveva servire per qualche bagaglio (anche se poi tutti ci mettevano i bambini). In secondo luogo, il motore era un bicilindrico raffreddato ad aria, 479 cc, 13 cavalli, un po’ pochini anche dati i parametri iniziali, velocità massima 85 Km/h. Accessori: nessuno. Finiture: inesistenti. I finestrini avevano i vetri fissi, l’unica apertura era data da due piccoli deflettori.
La Fiat aveva ecceduto nell’economicità per se stessa, mentre era stata un po’ “tirata” dal lato cliente. Infatti il prezzo iniziale di 490.000 lire venne giudicato eccessivo in rapporto a ciò che veniva offerto. Col sistema delle cambiali, a conti fatti conveniva puntare direttamente sulla 600 con qualche sacrificio in più. Infatti inizialmente le vendite furono bassine. Allora al Lingotto decisero subito d’intervenire. La carrozzeria guadagnò diverse cromature, sempre un dettaglio molto apprezzato dal pubblico; i finestrini diventarono scorrevoli; venne anche rivisto il motore, che guadagnava un paio di cavalli, sufficienti per arrivare a 90 Km/h; a quei tempi la velocità massima era un parametro col suo peso. Questa fu la versione Normale, uscita a novembre e venduta al prezzo originario. Invece la prima versione prese il nome di Economica e fu proposta al prezzo ridotto di 465.000 lire. Inoltre ai clienti che avevano già comprato i primi esemplari, vennero rimborsate le 25.000 lire di differenza e venne aggiornato gratuitamente il motore.
Queste modifiche ebbero un impatto importante. La versione base ora era scesa di quel poco che bastava a fare la differenza per le tasche degli operai a salario minimo, mediamente 40.000 lire mensili. Invece la versione più accessoriata aveva le caratteristiche giuste per piacere ad una fascia un po’ meglio stipendiata, ad esempio i tanti dipendenti pubblici dei livelli retributivi più bassi; c’erano poi le donne e i giovani delle famiglie di quadri e dirigenti, i quali di auto potevano permettersene due.
La 500 divenne l’auto perfetta per la moglie casalinga che accompagnava i figli a scuola, per gli universitari che assaporavano la libertà generazionale, per le giovani coppie piene di sogni ma ancora abbastanza vuote di portafoglio; e per un esercito di operai che finalmente potevano affrancarsi dalla motoretta o dalla bicicletta. Mentre la 600 continuava a macinare vendite tra le famiglie di reddito un po’ più sostenuto, ma sempre tendente al basso. La Fiat aveva eseguito una perfetta manovra a tenaglia per trasformare gli italiani in un popolo su quattro ruote, complice il boom economico sull’orlo dell’esplosione.
La Fiat 500 uscì per sempre dalle linee di montaggio nel 1975, esattamente il 1° agosto. La sua vita produttiva fu più lunga del previsto; infatti, nonostante la sua erede, la Fiat 126, fosse uscita fin dal 1972, gli italiani erano troppo affezionati a questa macchina; tra l’altro, dopo lo shock petrolifero del 1973 i suoi circa 25 Km con un litro di benzina tornavano estremamente comodi.
La 500 venne costruita in più di 4.250.000 esemplari. Ma la sua impronta nello spirito italiano non è mai sparita. Non importa quanto la tecnologia evolvesse, quanto i gusti cambiassero o quanto le condizioni economiche migliorassero: anche quando il Paese si riempì di Uno e Panda, si trovava sempre una 500 infilata da qualche parte. Per questa ragione la Fiat nel 2007 decise di produrre un nuovo modello con quel nome e che richiamasse anche il design della celebre scatoletta a cui tutti sono affezionati. Ancora oggi si stima che ne circolino poco meno di seicentomila, accudite e venerate dai proprietari che le sfoggiano orgogliosamente nei raduni, tirate a lucido come se fossero nuove. L’orgoglio di una nazione che correva in avanti.
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