L’automobile ha cambiato la vita del genere umano. In meglio, nonostante quanto tentino di far credere i suoi nemici ideologici, sempre pronti ad escogitare nuovi ostacoli per gli automobilisti, mentre scorrazzano per le città a bordo dei loro Suv alla moda. L’auto ha migliorato la società perché, al passaggio tra XIX e XX secolo, ha regalato all’uomo l’ultimo vero progresso che ancora gli mancava: la libertà di muoversi rapidamente su terra decidendo individualmente dove andare, quando e come. Forse è soprattutto per questo che certi ambienti odiano l’auto: proprio perché è un simbolo della libertà individuale.
Tuttavia i progressi tecnologici e sociali non si affermano mai nello stesso tempo, ovunque e allo stesso modo. Quasi in ogni nazione ad un certo punto è stato introdotto un modello di auto che ha contribuito in modo determinante a cambiare la società intera. I motivi sono molteplici: prezzo, stile, innovazione, fate voi. Certamente tutte queste auto si sono trovate al posto giusto nel momento giusto; erano in grado di offrire alla società a cui appartenevano ciò che le persone chiedevano e nessuno aveva ancora dato loro. Appunto, le auto che hanno cambiato la storia. In Italia questa vettura è stata indubbiamente la Fiat 600. Molti potrebbero non condividere questa tesi, ritenendo invece che tale ruolo sia stato ricoperto dalla Fiat 500. Ma la 500 è arrivata poco dopo e si è trovata la strada già aperta proprio dalla 600. Ne ha poi certamente proseguito e completato il lavoro. Però prima della 600 l’Italia non poteva ancora considerarsi veramente motorizzata. L’auto era ancora un oggetto riservato a pochi. Il miracolo economico italiano degli anni ’60, il famoso “boom”, cominciò nel 1955 proprio con l’avvento della Fiat 600.
Nei primi anni ’50 l’Italia stava faticosamente risollevandosi dal disastro della seconda guerra mondiale. La ricostruzione era praticamente in via di completamento. L’economia stava ricominciando a girare, aumentavano i profitti delle imprese e quindi anche gli investimenti; a catena cominciavano a salire anche i salari. Quindi miglioravano anche le condizioni della popolazione in generale, sebbene ancora in mezzo a pesanti squilibri fra nord e sud. Soddisfatti i bisogni primari (cibo, vestiario, abitazione), sempre più persone potevano permettersi di pensare a farsi una vetturetta. Però questa ancora non esisteva, nel senso che al massimo c’era la Fiat 1100, ancora troppo costosa per le famiglie degli operai. La vetusta 500 Topolino, il cui progetto risaliva ai primi anni ’30, era ormai antiquata e non adatta a trasportare decentemente tre o quattro persone con relativi bagagli.
La Fiat stava pensando all’erede della Topolino da diversi anni. In realtà il progettista Dante Giacosa eseguì i primi studi ancora prima della guerra e nel 1945 abbozzò alcuni schemi più concreti. Ora il momento era decisamente arrivato: la Volkswagen stava spopolando in Germania col Maggiolino e minacciava di prendersi tutti i mercati. Non si poteva attendere oltre. Era il 1951, Vittorio Valletta affidò a Giacosa il compito di disegnare l’erede della 500.
I vincoli erano stringenti: l’auto doveva essere economica da produrre, acquistare e gestire. Doveva trasportare una famiglia comodamente (per l’epoca) e doveva anche essere robusta, perché le strade erano quelle che erano. Doveva inoltre avere uno stile originale e soluzioni tecniche innovative. Solo un genio come Giacosa poteva mettere insieme in così breve tempo un modello rispondente a quelle specifiche e in grado comunque di avere successo.
Nel 1953 i prototipi cominciarono ad essere sperimentati.
Si arrivò rapidamente al 1955, 9 marzo, salone di Ginevra. Il mondo poteva ammirare finalmente la Fiat 600. Era una “tutto dietro”, aveva cioè motore e trazione posteriore (come la Volkswagen e la Renault 4 CV, altra auto popolarissima in quel periodo, da non confondere con la Renault 4 che venne dopo). Il propulsore era montato a sbalzo, dietro l’asse. Esso stesso era un capolavoro di razionalità: quattro cilindri, raffreddamento ad acqua, 633 centimetri cubici, 21,5 cavalli (anche mezzo cavallo in più contava); la macchina volava a 90 Km/h e normalmente percorreva 14 Km con un litro di benzina. Non mancavano raffinatezze tecniche come la carrozzeria a scocca portante e le sospensioni a 4 ruote indipendenti, soluzioni non certo comuni a quell’epoca in un’auto economica.
Lo stile era certamente originale: tutta arrotondata e molto compatta, la 600 aveva veramente l’aria della compagna ideale e amichevole. Poco più lunga della vecchia 500, ci stavano però quattro persone relativamente comode, oltre a 30 Kg di bagagli. Soprattutto la 600 era accessibile. Il prezzo era di 590.000 lire, meno della Topolino. Significava sempre un anno di stipendio per un operaio o sei mesi per un impiegato. Ma gli italiani si precipitarono a firmare cambiali e il Paese si mise letteralmente in moto.
Così come le strade, anche il cinema si riempì improvvisamente di 600. Perché tutti la volevano comprare e moltissimi la stavano effettivamente comprando. Memorabile l’episodio “Vernissage” del film “I mostri“. Ugo Tognazzi è un timido impiegato che sta per coronare il sogno della famiglia. Si trova in un autosalone pieno zeppo di 600 quasi accatastate una sull’altra. La compra, firma il pacco di cambiali e subito, al colmo della felicità, telefona alla moglie per comunicarle con grazia e dolcezza il lieto evento. Poi, appena uscito dall’autosalone, la prima sosta è accanto ad un marciapiede, da una prostituta.
La Fiat 600 fu un simbolo in molte declinazioni. Permise ad una fascia sempre più vasta di appassionati di cimentarsi nelle corse, grazie ai kit di elaborazione di Carlo Abarth. Come dimenticare tutte quelle vetturette che sfrecciavano col cofano sollevato per far respirare il motore maggiorato (o spesso proprio per farlo entrare nel vano)? Non è solo lo sport. Già nel 1956 venne compiuto il passo ulteriore con l’introduzione della 600 Multipla, la prima vera monovolume della storia. Divenne il taxi per definizione.
Il successo della Fiat 600 fu confermato anche dai numeri. Nei 14 anni in cui rimase in produzione, solo in Italia ne vennero prodotti prodotti 2.695.197 esemplari. Il totale nel mondo però sfiora i 5 milioni, oltre 4.932.000, se aggiungiamo le 600 prodotte all’estero su licenza. Portavano i marchi Seat, Neckar, Zastava. L’Urss la copiò sfacciatamente producendo la Zaz 965 nella fabbrica dell’Ucraina (l’accordo con la Fiat e la costruzione di Togliattigrad dovevano ancora arrivare). Solo i migliori vengono imitati.
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