Dopo lo scandalo Cambridge Analyitica milioni di utenti hanno sentito la propria privacy vacillare. E’ arcinoto che Facebook sappia molto dei gusti, delle intenzioni e delle vite in generale degli iscritti alla piattaforma, ma la verità è che i social network non sono affatto l’unico strumento attraverso il quale le aziende vengono a conoscenza degli usi e costumi dei consumatori. La profilazione del cliente, prima dell’avvento dei social newtork e dell’uso massiccio di internet, avveniva offline: in principio furono le carte fedeltà, poi arrivarono le gift card. Tuttora rimangono ottimi strumenti e continuano a coesistere alle tecniche di profilazione online.
Fuori dal web, le aziende si sono sempre attivate per fidelizzare i propri clienti e nel contempo conoscerne i gusti e le abitudini: ricordate le cartelle punti da riempire coi bollini adesivi, che una volta completate davano diritto a un premio? La classica borsa per la palestra, il set di pentole o coltelli, oppure negli ultimi anni, anche smartphone e macchine fotografiche digitali? Ebbene erano e rimangono tuttora un’ottima tecnica per tenere stretti i clienti.
Sono poi comparse le fidelity card, tessere elettroniche che contengono tutti i dati anagrafici dei clienti e la tipologia di acquisiti effettuati: solitamente garantiscono sconti e promozioni personalizzate. Nel 2006 è stata introdotta in Italia la gift card, una sorta di tessera prepagata messa a disposizione dei clienti da molti negozi, su cui si carica una certa cifra che si intende regalare a qualcuno: la persona che la riceve può acquistare i prodotti che preferisce per l’importo prepagato, naturalmente all’interno del punto vendita o della catena se è in franchising. In America, ogni abitante ne utilizza nove all’anno in media. In Italia è una soluzione che sta prendendo piede gradualmente. Nel caso delle gift card il guadagno per l’azienda è doppio: da un lato mantenere il cliente storico con sconti e promozioni dedicate, dall’altro attirare nuovi clienti che magari non hanno mai nemmeno sentito parlare dell’azienda in questione.
Grazie a questi strumenti di profilazione offline, le aziende entrano in possesso di un numero considerevole di dati dei clienti, dalla data di nascita (utile per offrire promozioni nel giorno del compleanno), alla professione svolta, passando per lo storico degli acquisti. Un prezioso patrimonio che potremmo definire il DNA commerciale di ogni singolo cliente. Dati che se ben analizzati e sfruttati correttamente consentono di mantenere saldo il rapporto con l’utente finale. Le nostre spese parlano, raccontano molto di noi senza bisogno che proferiamo parola: quando le aziende sanno come gestire tale patrimonio hanno trovato la chiave del loro successo.
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