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Sport

Le cinque grosse novità che hanno stupito il mondo nelle imprese di Inter e Napoli

Le meraviglie di Inter e Napoli ci hanno fatto sentire un po’ più orgogliosi e italiani, almeno per una sera, a prescindere dal tifo. Il mondo ne parla con sfumature e profumi diversi, ma con la certezza che qualcosa di grande sia accaduto o stia comunque per accadere. Le due partite di ieri sera e il percorso europeo delle due società ci restituiscono cinque grosse novità da tenere al calduccio e non dimenticare.

Kvaratskhelia e Lautaro – Nanopress.it

Quando scatta la musichetta della Champions League e lo stadio intorno trema c’è poco da fare appello ad altro che non sia il calcio puro e crudo, con tutto ciò che ne consegue. Inter e Napoli ieri ce ne hanno dato dimostrazione, tra la tecnica, la tattica, la squadra nel suo senso più dolce e avvolgente, la passione e le urla finali. E comunque c’è tanto da analizzare in due imprese – una ancora da completare nel teatro dell’etere pallonaro, qual è San Siro – che hanno scritto la storia recente del calcio italiano.

Inter e Napoli sono andati a dormire con il sacco pieno di leccornie e sorprese

Chi l’avrebbe detto in piena estate, quando – distrattamente – tra un tuffo e una pennichella sotto l’ombrellone i tifosi hanno preso coscienza del girone sorteggiato a Inter e Napoli? Beh, probabilmente in pochi, i più ottimisti, quella minoranza che nel calcio piuttosto si rompe la testa, ma non se la fascia.

Eppure, il Napoli ha triturato qualsiasi avversario gli sia capitato sotto tiro: quattro vittorie su quattro, record di gol realizzati nella fase a gironi della Champions League per un club italiano, spettacolo allo stato puro al servizio del risultato. E no, tifosi azzurri, non è tempo di svegliarsi, e non per tirarvela o perché, per forza di cose, il meglio debba ancora arrivare, ma perché i risultati ottenuti finora da Luciano Spalletti sono un turbinio di bellezza calcistica da custodire per i posteri ed esporre al museo dell’archeologia mitologica del pallone. Che non esiste, ma va bene uguale. Le robe che i nipotini ne vanno ghiotti e si siedono sulle gambe per ascoltarle, chiedendo di rinarrarle allo sfinimento, allo stucchevole.

Luciano Spalletti – Nanopress.it

Sogni e solide realtà, tutti insieme, perché la squadra non vola sulle ali di un entusiasmo passeggero e illusorio, ma è assuefatta dalla bravura tattica del suo allenatore e dipendente da trame di gioco, ruoli e posizioni impeccabili, senza che nessuno voglia disintossicarsi. Non ci condannate, ma vedere giocare quei ragazzi scapigliati, dalla fame compulsiva e contagiosa è già la nuova droga legalizzata del 2022/23, senza che nessuno si debba sporcare le mani.

E poi c’è l’Inter, che è matta da legare e da questa follia non vuole nemmeno guarire, semmai dosarla e utilizzarla se c’è bisogno e alimentando la spesa cardiologica di migliaia di tifosi. Scherzi a parte, Simone Inzaghi e i suoi ragazzi si sono messi in cerchio, come si faceva tra eroi nella Grecia antica, si sono guardati negli occhi e hanno deciso che era il momento di cambiare qualcosa.

La doppia sfida contro il Barcellona era l’alibi perfetto per la disfatta che “tanto loro sono troppo forti” e, invece, ha rilanciato una stagione di quelle storte, storte, in cui ti rialzi solo se sei un duro vero. Fuori le pa…, ops gli attributi, e via dentro il Camp Nou per rifare la storia. Con tutti contro, come nei tempi migliori, che non erano affatto i peggiori, ci dispiace per Dickens.

Neanche l’1-0 di Ousmane Dembele ha steso i nerazzurri che hanno rimesso il muso avanti, poi ancora e poi hanno portato a casa un 3-3 pirotecnico e vitale, tornando a Milano con la bocca amara di chi poteva fare il colpo grosso. E di chi ha la mentalità giusta per vincere. Tranquilli, la storia l’avete fatta comunque e manca ancora il Viktoria Plzen per scrive la parola fine in una favola che più che draghi, orchi e mostri vede come antagonisti due super club come Barcellona e Bayern Monaco. E poi proprio il Plzen che non va sottovalutato.

Una scorpacciata di divano e di tutto quello che serviva al calcio italiano per riabilitarsi agli occhi dell’Europa dalle orecchie grandi dopo le disfatte di Juventus e Milan. Più la prima che la seconda. E un bottino di leccornie diabetiche e soddisfacenti che ci ha insegnato comunque cinque cose da riempirci le paginette e non dimenticare.

Le cinque novità che Inter e Napoli hanno dimostrato al mondo

Partiamo dagli Azzurri, che stavolta è doveroso non rilegarli in secondo piano. La prima cosa di cui dobbiamo essere grati a Spalletti, e in questo caso a Giuntoli e De Laurentiis, è averci insegnato che si può vendere senza ridimensionare. Ve li scriviamo lentamente, quasi sillabando: Lorenzo Insigne, Dries Mertens, Fabian Ruiz, David Ospina e Kalidou Koulibaly. L’asse di un ciclo ottimo, sicuramente, preso e consegnato al libro dei ricordi, con tante grazie, per carità, e anche milioni incassati, ma anche per soddisfare la voglia di nuovo.

E il risultato? Kvaratskhelia che fa venire il mal di testa agli avversari, un gioco ancora più fluido e letale, Lobotka e Anguissa dominanti, Kim insuperabile e un attacco strepitoso, tra i vari Simeone, Osimhen e Raspadori. Abbondanza? No, sono tutti diversi e fanno tutti la differenza, lasciate godere il povero Spalletti ogni tanto. E complimenti a chi questa rivoluzione l’ha pensata e attuata, in mezzo alle critiche.

Il secondo insegnamento che il Napoli ci ha trasferito è che non serve per forza avere grossa esperienza internazionale per far bene in Europa. Probabilmente c’è chi l’ha creduto per anni, ma di fronte all’evidenza dei fatti non può che annuire e abbozzare. Non vi rifaremo l’elenco, però tra i napoletani ce ne sono tanti che fino all’anno scorso certi palcoscenici li sognavano e basta o comunque che di presenze in Europa non ne contavano tante. E, invece, pronti, via e si vince subito, anche benissimo. Basta essere prevenuti, in Italia, veramente.

E al punto tre chi ci potrebbe essere se non lui, proprio Spalletti. L’hanno tacciato di antipatia, confusione, noia, anche cattiveria. No, è solo un uomo di sport con le sue convinzioni, la sua determinazione, le sue espressioni, la sua straordinaria capacità organizzativa e tattica, ossessiva come tutti i grandi. E ora è giusto che se li goda questi complimenti, senza nessun dubbio. Ah, qual è l’insegnamento? Beh, che etichettare gli allenatori è sbagliato, perché dipendono dai giocatori, dalle società, dalle situazioni. E se uno come Carlo Ancelotti a Napoli ha fallito, non è perché è scarso, ma per Spalletti il contrario non vale mai.

Con la quarta pillola di oggi torniamo all’Inter. I nerazzurri ci hanno fatto capire che il Barcellona, o comunque le grandi d’Europa, vanno attaccate. Nessuna tracotanza, per carità, ma Inzaghi ha pensato anche a far male, a studiare i punti deboli dei blaugrana, che non sono quelli del 2009 o del 2011, è vero, ma sono primi in Liga e meritatamente. I tre gol realizzati sono preparati e non sono casuali. E pensate che potevano essere di più. Basta catenaccio allo stato puro che non funziona più e ne parliamo ancora solo in Italia. Che non si tratta di aspettare e ripartire, per carità, sono cose diverse.

E chiudiamo con il quinto e ultimo insegnamento, che poi è un po’ concatenato nel calcio: il coraggio. Le scelte facili nel calcio portano a risultati scontati. Il Napoli ha rivoluzionato, l’Inter ha dovuto fare i conti con i problemi societari e ha avuto un inizio di stagione horror. Entrambe potevano sfasciarsi, con tempi e circostanze diversi, e invece sono riuscite a ripartire da certezze nuove e dalla loro etica del lavoro. Pensate a uno come Robin Gosens che è ultimo nelle gerarchie degli esterni di Inzaghi, ieri è entrato e ha segnato, al Camp Nou. Il coraggio è l’elemento decisivo di due imprese di cui parleremo a lungo e nel mondo del pallone molti lo dimenticano, troppo spesso.

 

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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