Pericoloso chiamarli bulli. Perché dietro ai fatti di Napoli e Mantova c’è molto altro. Ci sono condotte gravi e criminali.
Anche se spesso non sanzionabili penalmente a causa del mancato compimento del quattordicesimo anno di età di chi se ne macchia. E, pertanto, del non raggiungimento della soglia prevista per la punibilità. Nuove generazioni che crescono senza conoscere il confine ed il limite del male. Senza regole e senza credi. Se non quello della violenza, concepito come l’unico mezzo per il raggiungimento dei propri fini. Che sono tutto fuori che nobili.
Secondo quanto emerso, la scorsa domenica un ragazzo di quattordici anni sarebbe stato aggredito e colpito al volto con un tirapugni di ferro nei pressi del parco comunale Anaconda a Napoli. L’adolescente se la sarebbe cavata con alcune lesioni al volto mentre i suoi aggressori gridavano: “Questa è la nostra zona”.
La vittima era in compagnia di un amico quando si è trovato di fronte due giovanissimi, che hanno immediatamente iniziato ad offendere entrambi. Senza troppi giri di parole, poi, i bulli hanno spiegato che quella era la loro zona e, mentre inveivano contro di loro con calci alla schiena, gli hanno barbaramente intimato di allontanarsi. Il giovane adolescente, però, avrebbe reagito dando così vita ad una pericolosa colluttazione. Durante la quale uno degli assalitori ha tirato fuori un tirapugni di ferro e lo ha ripetutamente colpito al volto. La prognosi del pronto soccorso è stata di cinque giorni.
Quanto accaduto a Napoli, però, riporta irrimediabilmente ai fatti occorsi lo scorso 25 febbraio a Castelbelforte, in provincia di Mantova. Dove una ragazzina di soli tredici anni è stata presa a forbiciate da due coetanee. Con l’inganno, infatti, la giovane è stata attirata nel parco da due compagne di classe. Compagne di classe e, dunque, non imputabili, non avendo ancora compiuto il quattordicesimo anno di età. La vittima, al termine di una discussione iniziata in precedenza, sarebbe stata immobilizzata da una delle ragazze, mentre l’altra la colpiva con pugni in testa e si avvaleva persino dell’uso di forbici da sarta. Proprio l’utilizzo di quest’ultime lascerebbe ampiamente presumere la premeditazione. Le forbici non fanno certo parte dell’occorrente scolastico.
Sulla scorta di quanto anzidetto, i due episodi, avvenuti nell’arco di qualche settimana, evidenziano uno spaccato adolescenziale che non può più essere sottaciuto o banalmente etichettato come bullismo.
Al contrario, siamo di fronte ad una vera emergenza sociale che investe direttamente i giovanissimi, le loro famiglie e le istituzioni. Fatti di cronaca che disegnano vere e proprie traiettorie criminali.
Nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con agguati studiati e programmati lucidamente. Con l’obiettivo neppure troppo mascherato di colpire un coetaneo avvertito come un avversario scomodo e pericoloso.
Soggetti che possono essere considerati come socialmente pericolosi a tutti gli effetti. Difatti, se per le ragazzine di Mantova è esclusa la punibilità, è possibile l’applicabilità quantomeno di misure di sicurezza. È davvero difficile e al tempo stesso fuorviante, è d’obbligo ribadirlo, derubricare a semplici atti di bullismo quanto accaduto in Lombardia e in Campania. Siamo di fronte a individui le cui caratteristiche personologiche andrebbero indagate nel dettaglio per comprendere l’eventuale sussistenza di psicopatologie. Riflettete. Se a tredici o quattordici anni si ricorre alle forbici o al tirapugni per risolvere un problema, che cosa accadrà quando questi giovani compiranno il diciottesimo anno di età? Una vera e propria cultura della prevaricazione in grado di forgiare, come ci insegna la cronaca, personalità non qualificabili se non come delinquenti. Non chiamiamoli bulli.
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