L’alto funzionario statunitense Antony Blinken ha raggiunto il Medio Oriente e ha iniziato con una tappa al Cairo, In Egitto, dove ha parlato con le autorità egiziane, partnership storica e strategici negoziatori. Poi ovviamente tutta l’attenzione era rivolta al successivo incontro di Blinken con il primo ministro Netanyahu in Israele. Il viaggio è stato attuato per provare a portare un clima più sereno e cercare di tenere gli animi calmi dotto le ultime escalation di violenza che ha provocato la morte di molte persone negli ultimi giorni.
Ad incontro compiuto emerge però che non si è fatto riferimento all’attuale instabilità che regna nei territori di Israele Cisgiordania e Palestina. Ma nemmeno della decennale occupazione israeliana dei territori palestinesi. Le ultime settimane sono state segnate da tensioni crescenti ed escalation di violenza importanti che hanno portato alla morte di numerose persone innocenti, sia israeliane che palestinesi.
Sembra proprio che il segretario di Stato americano Blinken, non appena arrivato in Israele, abbia soltanto ribadito le posizioni di lunga data, già ben note, in merito al sostegno in medio oriente e ha così ribadito l’impegno importante e ferroso Usa nei confronti di Israele, ma correlato, poi, da un invito alla calma e anche un appello rivolto sia alla Cisgiordania, Palestina e anche a Israele per suggerire di cercare una soluzione di comune accordo che riesca a portare una de escalation.
Blinken e la posizione riguardo Israele
Nel pomeriggio di ieri il segretario di Stato Usa Blinken ha raggiunto Israele e si è recato a Gerusalemme, esattamente dove sono stati compiuti gli ultimi attentati per mano palestinese, arrivati in risposta al raid israeliano avvenuto in Cisgiordania al campo profughi di Jenin. Tutto ciò che è emerso durante la conferenza stampa, non è altro che un riassunto di tutte le dichiarazioni pubbliche affermate dal dipartimento di Stato in precedenza. L’incontro con Netanyahu non ha sicuramente avuto l’esito sperato da molte autorità internazionali e la partecipazione statunitense, che effettivamente è stata offerta prontamente, non ha utilizzato l’influenza che poteva essere decisiva nel dare una piega differente alla diatriba tra Israele e Palestina.
Ci si aspettava sicuramente una presa di posizione differente, che andasse a limitare se nel concreto la pericolosità degli attacchi reciproci in Medio Oriente che stanno, di giorno in giorno, aumentando e preoccupando notevolmente le associazioni umanitarie, dato che moltissimi civili perdono la vita a causa degli scontri o rimangono senza beni di me prima necessità.
Le considerazioni emerse dopo l’incontro con Netanyahu
George Bisharat, professore presso l’UC Hastings College of the Law di San Francisco, ha spiegato che l’amministrazione Usa, vede le sporadiche esplosioni di violenza in Israele e Palestina come “inconvenienti da gestire” pur mantenendo un sostegno incondizionato al governo israeliano. Ha affermato inoltre: “Dal punto di vista degli Stati Uniti, siamo sinceri: a loro non frega niente delle vite dei palestinesi. A loro importa solo nella misura in cui Queste fiammate interferiscono con quelli che gli Stati Uniti percepiscono come i loro interessi strategici nella regione, che non hanno nulla a che fare con i diritti umani – di nessuno, non solo dei palestinesi”.
La visita di Blinken arriva dopo che venerdì un uomo armato palestinese ha sparato a morte a sette israeliani nella Gerusalemme est occupata, dopo che le forze israeliane hanno ucciso 10 palestinesi nella Cisgiordania occupata, in uno dei giorni più letali della storia recente. Nonostante le tensioni crescenti e in maniera repentina ed esponenziale rimane comunque improbabile che l’amministrazione statunitense decida di adottare un cambio di rotta in merito alla sua posizione nei confronti di Israele.
È improbabile che l’amministrazione statunitense cambi presto rotta e ad affermarlo con fermezza Annelle Sheline, ricercatrice presso il Quincy Institute for Responsible Statecraft, un think tank con sede negli Stati Uniti.
Ha poi spiegato anche all’emittente Al Jazeera che: “La politica dell’amministrazione Biden nei confronti del Medio Oriente in generale, e di Israele in particolare, si basa sul mantenimento dello status quo e sul non riconoscere i modi in cui lo status quo sta cambiando sotto i loro piedi. È passato molto tempo per un nuovo approccio, ma non credo che probabilmente ne vedremo uno“.
Ha sottolineato di non aver visto alcuna inclinazione da parte di nessuno nell’amministrazione statunitense che fosse realmente interessato a fare pressione su Israele, come invece sembrava all’inizio. Nonostante Biden abbia deciso di improntare gran parte della sua politica nel rispettare i diritti umani anche all’estero, l’amministrazione invece spinto per dare maggiore sostegno a Israele al quale, più volte, le associazioni per i diritti umani hanno contestato di attuare sostanzialmente apartheid ai palestinesi.
Va precisato che Israele riceve annualmente 3,8 miliardi di dollari in aiuti militari statunitensi e Biden ha aumentato l’assistenza di 1 miliardo di dollari l’anno scorso. Poter criticare liberamente Israele negli Stati Uniti è ancora un’azione non praticata usualmente, dato che comporta ancora, secondo gli esperti, un costo politico.
Joe Biden ha propagandato più volte la sua posizione ideologica di autoproclamato sionista e, in questo momento, sembra che tra le priorità di Biden ci siano innanzitutto la guerra tra Russia e Ucraina, l’intensificarsi costante della concorrenza commerciale tra Cina e Stati Uniti e una fitta agenda interna costituiscono ora gli obiettivi da portare avanti per il presidente Usa.
Questo denota innanzitutto che la crisi in Medio Oriente viene vista come gestibile e minore, altrimenti le azioni sarebbero state differenti anche se avrebbero molto probabilmente fatti scaturite divergenze ideologiche e politiche.
Seguendo la linea di Sheline, Bisharat ha affermato che i funzionari statunitensi che propongono e promuovono prospettive della soluzione dei due stati che servono solo a mantenere lo status quo dell’occupazione israeliana a tempo indeterminato trattandola come temporanea. Ha inoltre precisato che: “è una distrazione dalle persone che apprezzano la realtà che siamo rimasti bloccati in questo solco di colonialismo continuo e in corso in Cisgiordania e tutte le misure di apartheid che sono necessarie per questo”.
Blinken, come altri funzionari dell’amministrazione Biden, è stato titubante nel criticare pubblicamente Israele e il premier Netanyahu e ciò ha sollevato diverse critiche e lamentele, in quanto questo incontro era visto come una mossa di imposizione per riappacificare le due fazioni in contrasto.
Il diplomatico statunitense Ieri a lodato l’alleanza tra usa e Israele e ha sottolineato gli sforzi di Washington per integrare, ancora di più, Israele nel Medio Oriente, rafforzando e normalizzando i rapporti con gli Stati arabi.
Il funzionario Usa ha messo in guardia contro le mosse che andrebbero contro la “visione” della soluzione dei due stati, che a suo avviso sarebbe “dannosa per la sicurezza a lungo termine di Israele e la sua identità a lungo termine come stato ebraico e democratico“.
Inoltre, non è riuscito a fornire una risposta chiara quando gli è stato chiesto delle misure punitive che il governo di Netanyahu sta considerando di imporre alle famiglie dei palestinesi che compiono attacchi contro israeliani, tra cui deportazioni e demolizioni di abitazioni.
Blinken ha spiegato mentre si trovava al Cairo: “Non c’è dubbio che questo sia un momento molto difficile. Abbiamo assistito agli orribili attacchi terroristici degli ultimi giorni. Abbiamo visto per molti mesi un aumento della violenza che sta colpendo così tante persone”.
Durante la conferenza stampa insieme a Netanyahu ha invece reso omaggio ai sette israeliani uccisi nell’attacco armato palestinese la scorsa settimana ma non ha mai menzionato i 35 palestinesi uccise dalla controparte di cui almeno otto erano bambini e sono stati uccisi proprio per mano di Israele questo mese.
Nessuna critica alle azioni compiute e tantomeno nessuna considerazione riguardo agli insediamenti israeliani. Ma soprattutto non sono state fatte menzioni rispetto alla giornalista di Al Jazeera di cittadinanza statunitense che è stata colpita a morte dalle forze israeliane lo scorso anno. Il Dipartimento di Stato americano non ha risposto alla richiesta di Al Jazeera di commentare se Blinken avesse sollevato o meno il caso di Abu Akleh con i funzionari israeliani.
Gli osservatori palestinesi osservano che, dopo decenni di indiscusso sostegno verso Israele da parte degli Stati Uniti, sono certi che il viaggio di Blinken non porterà a nessun cambiamento concreto e non stravolgerà le dinamiche che si stanno via via prospettando. Nella giornata di oggi il presidente palestinese Abbas incontrera Blinken a Ramallah.
Yara Hawari, analista senior presso la rete politica Al-Shabak ha definito la visita di Blinken nella regione “insignificante”. Ed ha affermato anche in un’ email inviata dal Jazeera che: “In effetti, la sua visita finora è stata da manuale: ha ribadito il fermo sostegno degli Stati Uniti al regime di apartheid israeliano e ha elogiato la cosiddetta relazione speciale USA-Israele. E parliamoci chiaro, questo è un sostegno che non è solo diplomatico ma anche un sostegno che vede ogni anno miliardi di dollari di aiuti bilaterali e assistenza militare”.