Il rapporto annuale Inps svela la speranza di vita, per gli operati 5 anni minore dei dirigenti, e pensioni superiori per gli uomini. Le carriere delle donne secondo il report sono più corte rispetto a quelle degli uomini o in certi casi assenti.
Diversi i temi di analisi provenienti dal report Inps annuale. Nel rapporto si fa luce sulla differenza di spesa per le pensioni tra uomo e donna, e della speranza di vita, diversa per gli operai e per i dirigenti con cinque anni in meno previsti per i primi. L’Inps nel 2022 ha erogato un totale di 20,8 milioni per tutte le categorie, con un importo medio di 1.123 euro al mese.
Secondo quanto emerso dal report annuale Inps, la spesa per le pensioni degli uomini – che ricoprono il 48% del totale contro il 56% delle donne – percepirebbero 180,4 miliardi contro i 141,5 che invece si erogano alle lavoratrici. Gli uomini hanno un importo annuale di 23.182 euro, superiore del 36% a quello delle donne che è invece di 16.994. Includendo la tredicesima nell’importo annuale e dividendo per 12 mesi, il risultato è di 1.931 per i pensionati contro 1.416 delle pensionate.
Sono dunque 515 euro in meno per le donne, 26% in meno rispetto alla media dei pensionati complessiva. Un dato che emerge in quanto molte donne avrebbero svolto carriere più corte o addirittura assenti, ricevendo di conseguenza cifre più basse.
Salta all’occhio anche la differenza della speranza di vita, di ben cinque anni, tra il Fondo dei dipendenti nel primo quintale di reddito con 16 anni di speranza di vita, mentre per chi rientra nel quintile di reddito dal Fondo dirigenti ossia l’Inpdai si arriva ai 20,9 anni. Lavoratori che fanno parte invece del primo quintile di vita hanno una speranza di vita pari a 67 anni, 2,6 anni meno del quintile col reddito più alto poi la differenza sale a seconda delle varie mansioni avute nel corso della carriera. Un calcolo per la pensione, che tiene conto del calcolo di un coefficiente di trasformazione unico, che va a penalizzare ancora le fasce più povere, visto che il montante contributivo che viene trasformato in pensione è più basso di quello che invece spetterebbe loro se la loro speranza di vita fosse più alta. Discorso opposto per i più abbienti, che ricevono invece pensioni più alte grazie alla durata di vita media elevata, con i tassi che ne tengono conto.
Di tutti i pensionati uomini e donne, il 96% riceve una prestazione dall’Inps e il reddito mensile lordo è di circa 1.687 euro spalmato su 12 mesi. Il restante 4% invece percepisce rendite da Inali o pensioni di guerra. Rimangono poi le casse professionali, i Fondi di pensione gli Enti minori.
Le pensioni anticipate, di vecchiaia e di invalidità, ma anche di superstite, secondo il report equivalgono al 92% della spesa. Stiamo parlando dei trattamenti previdenziali. Quelli assistenziali invece, per gli invaiai civili, gli assegni sociali, restano all’8%.
Il 56% delle risorse viene impiegato nelle pensioni di anzianità anticipate, poi segue quelle della vecchiaia con il 18% e i superstiti, che invece assorbono il 14%. Agli invalidi civili il 6%, mentre invalidità e pensioni sociali il 4 e il 2%.L’Inps nel 2022 ha erogato un totale di 20,8 milioni per tutte queste categorie.
La media di importo mensile erogato è invece di 1.123 su 13 mesi, mentre per la pensione anticipata però la media è di 1.915 euro, per quella di vecchiaia la media cala drasticamente a 889 euro. Due terzi delle pensioni anticipate vanno ai pensionati maschi, secondo il rapporto del 2022. Per le pensioni di invalidità previdenziale invece lo scorso anno la media è stata di quasi mille euro al mese; i superstiti ne hanno invece ricevuti 747. Gli assegni sociali hanno fatto registrare una media di 476 mensili, meno ancora le prestazioni agli invalidi civili, con 469 euro.
L’esonero del taglio al cuneo contributivo in vigore dal luglio 2023, ha prodotto un esonero del 7% su base annua per l’imponibile pensionistico fino a 25.000 euro su base annua, mentre del 6% per l’imponibile pensionistico fino 35.000, che in totale in busta paga porterà a un vantaggio medio di nemmeno 100 euro lordi: 98. Il 57% dei lavoratori, si legge infine nel rapporto, percepirà dall’esonero più di 100 euro al mese, il 2% 80 euro e i lavoratori a tempo pieno 123 euro.
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