Le differenze tra Iliade e Odissea, i due grandi poemi epici della letteratura classica, riguardano innanzitutto il proemio e il tema trattato: la prima opera narra della guerra di Troia, la seconda delle vicende di Ulisse e del suo periglioso viaggio che, dopo la fine della guerra, intraprenderà per far ritorno a casa. Attribuite al poeta greco Omero – e costituite entrambe da ventiquattro libri scritti in esametri dattilici – la tradizione vuole che sia l’Iliade che l’Odissea siano state composte intorno al IX secolo a.C. nella Ionia d’Asia.
Nati sottoforma di racconti orali, i due poemi epici hanno attraversato un percorso che è stato tradizionalmente suddiviso in tre fasi: quella orale, che coincide con il medioevo ellenico, durante la quale cominciarono a circolare racconti epici e storie di eroi; la fase aurale, quando i poemi, grazie ai cantori, cominciarono ad assumere una certa organicità; e quella scritta, che coincide con l’inizio dell’età ellenistica, quando le opere cominciarono ad ottenere una vera e propria forma scritta. Stando a questo tipo di suddivisione, alcuni studiosi ritengono che l’Iliade sia stata composta intorno al 750 a.C. mentre l’Odissea intorno al 720, ipotesi suffragata dall’uso, documentato, che ne fece il tiranno ateniese Pisistrato quando nel VI secolo a.C. decise di dare forma scritta ai poemi omerici, tramandati, fino ad allora, solo in forma orale.
Ma, come dicevamo, la prima grande differenza riguarda le tematiche che i due poemi classici trattano. I ventiquattro libri dell’Iliade, infatti, raccontano 51 giorni dell’ultimo anno della guerra di Troia: il protagonista è Achille, il valoroso guerriero acheo che incarna gli ideali del coraggio, dell’onore, dell’amore e della patria. Attorno alla sua ira, causata dalla morte del cugino Patroclo per mano di Ettore, si snoda tutta la vicenda, che vede schierati Achille, Agamennone, Menelao e Ulisse nella parte dei greci assedianti; mentre Ettore, Priamo, Paride, Cassandra ed Ecuba, nella parte dei troiani. In una guerra in cui compiere imprese gloriose significa innanzitutto guadagnarsi l’immortalità, poichè le gesta dei grandi eroi vengono ricordate per sempre.
Nell’Odissea, al contrario, che racconta del lungo viaggio verso casa di Ulisse – ostacolato dagli dei che sono in collera con lui – i temi cardine sono la nostalgia per la patria e la valorizzazione dell’amore coniugale, ideali incarnati dal protagonista (ideatore, tra l’altro, dello stratagemma del cavallo di Troia, narrato nel precedente poema) che, rispetto ai personaggi dell’Iliade, sembra molto più simile ai mortali che non agli dei: lo stesso, infatti, rifiuta di sposare Calipso – che lo avrebbe così reso immortale – proprio per conservare la sua natura umana e poter far ritorno così dall’adorata Penelope.
Rispetto all’Iliade, inoltre, in cui l’azione si svolge in uno spazio piuttosto ristretto, Troia, nell’Odissea le vicende narrate hanno luogo in tutto il Mediterraneo, con un solo protagonista principale: Ulisse. Insieme a lui tutta una serie di personaggi distinti nettamente in positivi e negativi, con grande rilievo dato anche alle figure femminili: c’è Circe, Calipso, le Sirene e naturlamente Penelope, che rappresenta l’alter ego dell’uomo, in questo caso di Ulisse. Nell’Iliade, invece, la donna (rappresentata da Elena) diventa sclusivamente oggetto di contesa.
Anche la presenza degli dei cambia da un poema all’altro: nell’Odissea essi puniscono Ulisse poichè ha peccato di presunzione attribuendo a se stesso il merito della vittoria dei Greci sui Troiani, nell’Iliade invece intervengono a favore o a sfavore di tutti i protagonisti.
I due poemi principali della letteratura classica occidentale – che erano, tra l’altro, alla base dell’insegnamento elementare già all’epoca di Pisistrato – si differenziano, infine, anche per il proemio, in cui si denotano differenze stilistiche e non solo. Entrambi, infatti, iniziano con una invocazione alla musa che vale la pena di riportare per intero, iniziando dall’Iliade:
‘Cantami, o diva, del Pelide Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei‘
Mentre l’Odissea inizia così:
‘L’uomo ricco d’astuzie racconta, o Musa, che a lungo
errò dopo che ebbe distrutto la rocca santa di Troia‘
Fin dai primi versi i due poemi annunciano quella che potremmo definire la parola-chiave dell’intera vicenda, quella cioè che sarà il filo conduttore di tutta l’opera: l’ira, di Achille, su cui poggia la struttura narrativa dell’Iliade, e l’uomo, concetto basilare di tutto il racconto di Ulisse. Nel primo caso, la scelta di rendere l’ira funesta – scatenata da un sopruso che ha leso l’onore di Achille – argomento principale dell’opera, è stata, da parte dell’autore, ben precisa, poichè contribuisce a rendere l’atmosfera narrativa più drammatica, dando rilievo alla preminenza ‘bellica’ del valoroso eroe.
Nel proemio dell’Odissea, invece, è presente una novità sia dello stile che della concezione omerica: al centro del poema, infatti, non vi è un dramma voluto dagli dei e interpretato dagli uomini, ma un eroe che non è visto come un valoroso guerriero ma più semplicemente come una creatura umana, intelligente e al contempo sofferente.
I due poemi omerici, dunque, pur conservando diverse analogie differiscono, come abbiamo visto, per contenuto, sì, ma anche per stile. L’anonimo autore del Sublime, ad esempio, considerò, in base allo stile diverso dei due poemi, l’Iliade l’opera di un Omero giovane, l’Odissea quella di un Omero più vecchio. Tutto ciò analizzando i personaggi principali, per cui Achille sarebbe l’espressione degli ideali della gioventù, portati avanti con forza e fierezza, mentre Ulisse l’espressione dell’uomo più pacato, più maturo. Ma non solo: l’Odissea, scritta alcuni decenni dopo rispetto all’Iliade, denota una maggiore raffinatezza dell’arte poetica che, insieme ai valori presenti, rappresenta l’espressione della maturità stilistica del poeta ma anche di una società, quella greca, molto più evoluta.