Che parlino d’amore, di guerra o di amicizia, le poesie più belle di sempre, da Neruda ad Alda Merini, passando per Saffo, Shakespeare, Leopardi e Baudelaire, sono autentici capolavori di letteratura, componimenti entrati nella memoria collettiva che esprimono, in versi, i sentimenti più nobili o i tormenti più profondi. Parole che regalano emozioni e che ci arrivano dritte al cuore, grazie al potere sublime della poesia che riesce, anche solo con una frase, a toccare la sensibilità più intima del nostro animo.
Nell’immensa produzione che caratterizza la poesia mondiale, dal passato ai giorni nostri, è davvero difficile (se non impossibile) scovare le opere che potremmo definire come le poesie più belle di sempre. Tantissimi sono gli autori che hanno fatto di questo genere letterario – quello sublime per eccellenza – lo strumento ideale per esprimere amore, passione o tormento e se per molti la poesia è stata qualcosa di più, un modo per placare il dolore interiore attraverso l’uso miracoloso della parola, per tanti altri è servita come ‘strumento sociale’ per svelare al mondo opinioni sulla guerra, la violenza, la morte.
Stilare una classifica delle poesie più belle di sempre è cosa decisamente difficile, non solo per la vastità della produzione mondiale, ma soprattutto per la sensibilità diversa con cui ognuno di noi approccia ad un componimento poetico. Ecco perché abbiamo scelto delle poesie – alcune più antiche, altre più moderne – che potremmo considerare dei classici della letteratura mondiale, selezionate girando qua e là per capire le opere poetiche preferite dal popolo del web. Sulla base di queste considerazioni, e tenendo conto dei gusti di chi scrive, ecco una selezione delle 10 poesie che possiamo tranquillamente annoverare tra le opere più belle di sempre.
La nostra personalissima classifica delle poesie più belle di sempre inizia con un componimento antichissimo, un frammento, per la precisione, opera di una delle poetesse più famose dell’antichità, Saffo:
Raccoglimi, Saffo
Vieni
inseguimi tra i cunicoli della mia mente
tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure.
Trovami nell’angolo più nero,
osservami.
Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai miei vestiti.
Io ti seguirò.
Ovunque.
Tornando a tempi decisamente più moderni, è Alda Merini, la ‘poetessa dei navigli’ a regalarci uno splendido esempio di alta poesia:
Lettere, Alda Merini
Rivedo le tue lettere d’amore
illuminata adesso dal distacco
senza quasi rancore:
l’illusione era forte a sostenerci
ci reggevamo entrambi negli abbracci
pregando che durassero gli intenti
ci promettemmo il sempre degli amanti.
E hai potuto lasciarmi
e hai potuto intuire un’altra luce
che seguitasse oltre le mie spalle.
Mi hai suscitato dalle scarse origini
con richiami di musica divina
mi hai reso divergenza di dolore
spazio per la tua vita di ricerca
per abitarmi il tempo di un errore
e mi hai lasciato solo le tue lettere
onde ne ribevessi la mia assenza.
Parlando di poesie più belle e famose di sempre, non possiamo non citare il poeta italiano per eccellenza, senz’altro uno dei più amati, Giacomo Leopardi:
L’infinito, Giacomo Leopardi
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
E ancora Baudelaire e Pablo Neruda:
L’albatro, Charles Baudelaire
Per dilettarsi, sovente, le ciurme
Catturano degli albatri, grandi uccelli marini,
che seguono, indolenti compagni di viaggio,
il bastimento che scivolando va su amari abissi.
E li hanno appena sulla tolda posti
che questi re dell’azzurro abbandonano,
inetti e vergognosi, ai loro fianchi
miseramente, come remi, inerti,
le candide e grandi ali. Com’è goffo
e imbelle questo alato viaggiatore!
Lui, poco fa sì bello, come è brutto
e comico! Qualcuno con la pipa
il becco qui gli stuzzica; là un altro
l’infermo che volava, zoppicando
mima.
Come il principe delle nubi
è il poeta che, avvezzo alla tempesta,
si ride dell’arciere: ma esiliato
sulla terra, fra scherni ,
le sue ali di gigante gli impediscono di camminare.
Se tu mi dimentichi, Pablo Neruda
Voglio che tu sappia
una cosa.
Tu sai com’è questo:
se guardo
la luna di cristallo, il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra,
se tocco
vicino al fuoco
l’impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna,
tutto mi conduce a te,
come se tutto ciò che esiste,
aromi, luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m’attendono.
Orbene,
se a poco a poco cessi di amarmi
cesserò d’amarti poco a poco.
Se d’improvviso
mi dimentichi
non cercarmi,
ché già ti avrò dimenticata.
Se consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
che passa per la mia vita
e ti decidi
a lasciarmi sulla riva
del cuore in cui affondo le radici,
pensa
che in quel giorno,
in quell’ora,
leverò in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.
Ma
se ogni giorno,
ogni ora
senti che a me sei destinata
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amore mio, ahi mia,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne né si oblia,
il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
e finché tu vivrai starà tra le tue braccia
senza uscir dalle mie.
Anche questo bellissimo componimento di Antonia Pozzi, sfortunata poetessa milanese, morta suicida a soli 26 anni, può essere annoverato tra le poesie più belle di sempre:
Bellezza, Antonia Pozzi
Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.
Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.
Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –
E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –
O questa, composta da Montale nel ’67, e tra le poesie più famose scritte in memoria della moglie Drusilla Tanzi:
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale, Eugenio Montale
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Non possiamo parlare di poesie più belle e famose di tutti i tempi senza citare il Bardo inglese:
Sonetto XVIII, William Shakespeare
Devo paragonarti a una giornata estiva?
Tu sei più incantevole e mite.
Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di maggio, e il corso dell’estate è fin troppo breve.
Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo e spesso il suo aureo volto e’ offuscato,e ogni bellezza col tempo perde il suo fulgore, sciupata dal caso o dal corso mutevole della natura.
Ma la tua eterna estate non sfiorirà, ne perderai possesso della tua bellezza; ne morte si vanterà di coprirti con la sua ombra, poiché tu cresci nel tempo in versi eterni.
Finché uomini respirano e occhi vedono,vivranno questi miei versi, e daranno vita a te.
O l’immenso Ugo Foscolo:
Alla sera, Ugo Foscolo
Forse perché della fatal quïete
Tu sei l’immago a me sì cara vieni
O Sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all’universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
O gli splendidi versi di una delle poetesse più importanti del XIX secolo, Emily Dickinson:
Che sia l’amore tutto ciò che esiste, Emily Dickinson
Che sia l’amore tutto ciò che esiste
È ciò che noi sappiamo dell’amore;
E può bastare che il suo peso sia
Uguale al solco che lascia nel cuore.
Tra le poesie più belle di sempre, infine, vale la pena citare gli ultimi versi di un altro tra i componimenti più famosi di Giacomo Leopardi, Il sabato del villaggio:
Questo di sette è il più gradito giorno,
Pien di speme e di gioia:
Diman tristezza e noia
Recheran l’ore, ed al travaglio usato
Ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Garzoncello scherzoso,
Cotesta età fiorita
E’ come un giorno d’allegrezza pieno,
Giorno chiaro, sereno,
Che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
Stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo’; ma la tua festa
Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.