L’Iran è al centro di una discussione diplomatica internazionale, non soltanto a causa della repressione attuata durante le proteste della popolazione iraniana e per le azioni compiute nei confronti dello storico nemico Israele, che hanno mostrato un botta e risposta importante e molto violento, ma ora l’attenzione è più alta che mai in merito all’accordo sul nucleare del 2015. Nel 2018, gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo, reintroducendo le sanzioni contro l’Iran e mettendo fine all’equilibrio che era stato raggiunto dopo lunghi negoziati con i membri Onu e Ue.
Nonostante la volontà degli Stati Uniti di riavviare i colloqui per trovare una soluzione, i funzionari europei stanno considerando la possibilità di violare l’accordo nucleare, il che potrebbe avere conseguenze serie e vendicative da parte dell’Iran. Questo ha sollevato preoccupazioni riguardo alla stabilità della regione e alla possibilità di un’escalation violenta del regime iraniano.
L’ipotetica decisione delle potenze europee di violare l’accordo nucleare iraniano rappresenterebbe un rischio significativo per la stabilità in Iran, ma in realtà per tutta la comunità globale. La violazione dell’accordo potrebbe portare ad una serie di conseguenze imprevedibili dato che l’Iran incolpa l’Occidente della crisi economica e sociale.
Dopo la scoperta fatta dall’Aiea, che ha rivelato una percentuale elevatissima riguardo all’arricchimento dell’uranio che ha raggiunto l’84% già da diversi mesi, sono sorti timori Internazionali in quanto basta veramente una piccolissima percentuale in più per creare un’arma nucleare. L’Agenzia per l’energia atomica e nucleare ha espresso preoccupazione per la situazione e chiede equilibrio per evitare catastrofi irreparabili.
Secondo alcune fonti diplomatiche, la giustificazione della violazione dell’accordo da parte delle potenze europee è basata sulla violazione dell’Iran degli impegni presi nell’accordo, tra cui la vendita di droni a Mosca da usare in Ucraina e il possibile trasferimento di missili balistici alla Russia.
Ovviamente si tratta di un’ipotesi delle autorità occidentali ma in ogni caso la possibile violazione dell’accordo nucleare dell’iran rimane una mossa rischiosa che richiede una valutazione attenta degli scenari e delle conseguenze possibili. Il rischio di un’escalation del conflitto storico con Israele e la destabilizzazione della regione è elevato.
La comunità internazionale, secondo diversi esperti, dovrebbe continuare a cercare una soluzione diplomatica e basata sul dialogo per risolvere le controversie e garantire la sicurezza nella regione, soprattutto in merito alla delicata questione del nucleare.
La violazione dell’accordo nucleare rappresenta una mossa che potrebbe aumentare la tensione nella regione che è già attraversata da una crisi profonda sia a livello economico che sociale.
Il recente annuncio del capo dell’ispettorato delle armi nucleari delle Nazioni Unite Grossi ha esternato i suoi timori sulla situazione dell’accordo sul monitoraggio del programma nucleare iraniano.
Grossi ha ammesso che l’accordo è diventato molto limitato e frammentato e ha aggiunto che i deputati iraniani si sono opposti all’installazione di telecamere di sicurezza nel laboratorio di produzione di centrifughe a Isfahan, già concordata tra le parti in precedenza.
L’accordo sul nucleare del 2015 prevedeva una serie di clausole con scadenze precise entro le quali diverse sanzioni contro le autorità iraniane sarebbero state revocate dall’occidente. Ma la violazione dell’accordo da parte dell’Iran ha messo in discussione la validità di queste clausole, e le recenti opposizioni iraniane all’installazione di telecamere di sicurezza hanno ulteriormente complicato la situazione.
La verificata violazione iraniana dell’ arricchimento ha sollevato preoccupazioni sulla capacità dell’Iran di sviluppare armi nucleari e ha portato all’introduzione di sanzioni internazionali.
Va precisato fin dall’inizio che la violazione in questione riguarda le sanzioni imposte all’Iran e che, secondo quanto emerso, rimarranno in vigore anche dopo la scadenza prevista per ottobre, violando così l’accordo che prevedeva la loro sospensione.
L’accordo sul nucleare del 2015 aveva previsto la sospensione di alcune sanzioni internazionali contro l’Iran in cambio dell’impegno dell’Iran a limitare il proprio sviluppo nucleare. Ma l’amministrazione statunitense ha deciso di ritirarsi dall’accordo nel 2018, introducendo sanzioni contro il regime e creando, di conseguenza, una situazione di tensione tra i due Paesi.
Le sanzioni occidentali “invitavano” l’Iran a non sviluppare missili balistici in grado di trasportare armi nucleari e proibivano l’acquisto, la vendita o il trasferimento di droni e della loro componentistica in grado di volare per più di 300 km, senza autorizzazione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Il futuro dell’accordo sul nucleare iraniano è in evoluzione dopo i recenti colloqui tra Stati Uniti e Iran in Oman. Gli incontri sono stati attuati per cercare una sorta di punto d’incontro con l’Iran sul non sforare il 60% di arricchimento dell’uranio. In cambio il regime avrebbe potuto ottenere lo svincolamento di diversi fondi congelati da parte delle Nazioni occidentali e hanno discusso anche del rilascio di prigionieri Usa detenuti a Teheran. Washington ha dichiarato successivamente che nessun accordo è stato formulato durante le trattative.
Inoltre, il negoziato tra gli Stati Uniti e l’Iran è stato offuscato dalla sospensione dell’inviato speciale Usa Malley dal dipartimento di stato per la presunta cattiva gestione di informazioni riservate. A Malley è stata ritirata la sicurezza diplomatica in attesa di un’inchiesta.
L’idea di un accordo limitato con l’Iran minaccia di diventare una questione importante negli Stati Uniti, con i leader repubblicani che denunciano l’idea di un ulteriore accordo con l’Iran. L’ex segretario di Stato americano Mike Pompeo ha paragonato l’amministrazione Biden a uno zombi per voler concludere un altro accordo con l’Iran, parlando a una conferenza del Consiglio nazionale per la resistenza dell’Iran a Parigi.
È importante notare che, nonostante le tensioni tra Israele e l’Iran riguardo al programma nucleare iraniano, il consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro Netanyahu ha dichiarato che attualmente non è previsto un attacco preventivo contro i siti nucleari iraniani.
Gli Usa stanno attualmente negoziando con l’Iran per trovare un accordo che limiti il programma nucleare iraniano e riduca le tensioni tra i due paesi. Israele ha affermato che non si sente obbligato ad aderire ad eventuali accordi e che si preparerà a difendersi contro qualsiasi minaccia proveniente dall’Iran.
L’Iran ha negato di avere ambizioni di armi nucleari e che l’accordo del 2015 aveva limitato l’arricchimento dell’uranio del paese.
Attualmente non sembra che Israele abbia intenzioni di attaccare i siti nucleari iraniani, ma rimane timoroso per la capacità di sviluppo nucleare dell’Iran e si prepara a difendere il Paese contro qualsiasi minaccia.
In questo contesto, è importante che la comunità internazionale lavori insieme per trovare una soluzione sostenibile e diplomatica al problema del nucleare iraniano, al fine di prevenire la proliferazione nucleare e garantire la stabilità nella regione. La questione delle sanzioni ha generato malcontento in Iran e il governo ha cercato di realizzare un piano per tentare di arginare la crisi economica.
Secondo quanto riportato da un funzionario commerciale iraniano, Hadi Talebian Moqaddam l’Iran sta mirando ad avviare il baratto di petrolio in cambio di beni con il Pakistan, mentre le finanze del paese rimangono in difficoltà a causa delle sanzioni internazionali in corso.
Moqaddam ha dichiarato che l’Iran inviterà presto il Pakistan a tenere colloqui sul baratto di materie prime e merci, con l’obiettivo di creare un libero scambio tra i due Paesi.
In particolare, Moqaddam ha parlato del settore tessile definendola un’area in cui il Pakistan potrebbe rifornire l’Iran, ma ha anche accennato all’importazione di riso.
L’economia iraniana è stata colpita duramente dalle sanzioni internazionali che hanno impedito all’Iran di vendere il proprio petrolio sul mercato mondiale. Ciò ha portato a un aumento dei prezzi alimentari e delle medicine, causando difficoltà per la popolazione iraniana. L’Iran sta cercando nuove soluzioni per diversificare la propria economia e superare le difficoltà causate dalle sanzioni.
Il baratto di petrolio in cambio di beni e servizi con il Pakistan potrebbe rappresentare una soluzione interessante per l’Iran, ma è importante che le due parti lavorino insieme per garantire che gli scambi siano equi e sostenibili a lungo termine. Inoltre, è importante che la comunità internazionale continui a lavorare per trovare una soluzione diplomatica al problema delle sanzioni contro l’Iran, al fine di prevenire la proliferazione nucleare.
Le sanzioni statunitensi imposte all’Iran dal 2018 hanno seriamente limitato le esportazioni di petrolio del paese e le sue entrate, che sono vitali per fornire valuta forte a un governo che controlla l’economia ed è responsabile di fornire cibo e medicine alla popolazione iraniana.
Anche se le esportazioni di petrolio sono notevolmente aumentate negli ultimi due anni, le entrate non sono state sufficienti per soddisfare tutte le esigenze di una popolazione di 85 milioni circa che si trova in una profonda crisi economica e in estrema difficoltà.
Secondo le stime della US Energy Information Administration, le esportazioni totali di petrolio dell’Iran nel 2023 raggiungeranno i 46 miliardi di dollari. Questa è solo una previsione basata sui prezzi internazionali dell’energia, non su dati certi che l’Iran ha comunicato.
Le autorità iraniane e quelle di Mosca, anch’esse sanzionate, applicano sconti ai loro acquirenti. L’importo di questi sconti non è noto, ma alcuni hanno affermato che l’Iran potrebbe trovare il modo di vendere il petrolio in modi poco trasparenti, per esempio Iran International riferisce di vendite a piccole raffinerie cinesi a partire da 40 dollari al barile.
Queste attività di vendita clandestine possono comportare rischi e conseguenze per l’Iran, come ulteriori sanzioni o altri provvedimenti da parte della comunità globale. Inoltre la dipendenza del Paese dalle esportazioni di petrolio rappresenta una vulnerabilità economica che richiede una diversificazione a lungo termine dell’economia iraniana.
Teheran deve utilizzare intermediari per vendere il proprio petrolio a causa delle sanzioni internazionali e che ciò comporta costi aggiuntivi. Il regime ha difficoltà a gestire il denaro a causa dell’isolamento dal sistema bancario internazionale.
La politica estera dell’Iran e il suo controverso programma nucleare hanno inevitabilmente limitato le sue opportunità commerciali e gli accordi internazionali rispetto ad altri paesi della regione, come l’Arabia Saudita. È importante sottolineare che l’economia iraniana è stata in difficoltà anche prima delle sanzioni internazionali, a causa della corruzione, dell’inefficienza e della mancanza di investimenti nelle infrastrutture.
Il commercio di baratto con il Pakistan può rappresentare quindi una soluzione parziale per l’Iran, ma è un modo per trovare soluzioni a lungo termine che non implichino l’approvvigionamento occidentale.
È chiaro che le sanzioni hanno avuto un impatto significativo sull’economia dell’Iran e sulla vita del popolo iraniano e causato un aumento dei prezzi di medicine e cibo.
Il Qatar, invece, ha investito pesantemente nello sviluppo delle sue risorse di gas naturale e ha attirato l’interesse di società internazionali, come la Shell e la ExxonMobil, che hanno fornito tecnologie e capitali per sviluppare i suoi giacimenti di gas naturale.
Il Qatar per esempio ha sviluppato una rete di infrastrutture di trasporto di gas naturale liquido. Questo ha permesso al paese di diventare uno dei principali esportatori di gas naturale al mondo.
L’Iran ha tentato di espandere la sua capacità di esportazione di gas naturale attraverso il progetto di gasdotto Iran-Pakistan-India, ma il progetto è stato bloccato a causa delle tensioni politiche e delle sanzioni.
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