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Politica

Le storie di Canada e Belgio, ma anche quella di Spagna-Germania, oggi, ai Mondiali

A una settimana dall’inizio del Mondiale, è arrivato finalmente un po’ di calcio anche in Qatar. Mentre i padroni di casa sono già automaticamente fuori dalla coppa del mondo che la Fifa gli ha concesso dodici anni fa, e nonostante tutto non è mai tornata indietro, il Canada e Alphonso Davies, la partita contro la Croazia dei prossimi organizzatori del torneo, nel 2026, e la sfida tutta europea tra Spagna e Germania, finita in pareggio, ci hanno riconciliato un po’ con il mondo del pallone.

Alphonso Davies che esulta con un compagno di squadra – Nanopress.it

Di sicuro, però, non si può dire la stessa cosa del Belgio. La Nazionale di Kevin De Bruyne, quello che viene considerato il miglior centrocampista al mondo, ha perso contro il Marocco, schiacciato dal gol di Abdelhamid Sabiri, che in Serie A è ultimo in classifica con la Sampdoria, e Zakaria Aboukhlal che invece in Ligue 1 naviga a metà classifica con il Tolosa. Certo i marocchini possono contare Achraf Hakimi e su Hakim Ziyech, non possono proprio degli sprovveduti, ma hanno comunque messo in luce tutti i problemi di quella che erano la prima nazionale nel rankinf Fifa fino a qualche mese fa. A Bruxelles, tra l’altro, i tifosi degli africani hanno decisamente esagerato con i festeggiamenti e hanno ribaltato auto, cose, fino a quando non è intervenuta la polizia con gli idranti.

La favola, finita un po’ male, del Canada e di Alphonso Davies e il calcio di Spagna-Germania

In un’edizione dei Mondiali brutta e vergognosa, in cui a fare rumore, anche a una settimana dalla partita d’esordio, è più la politica che il calcio, per lo meno non quello giocato davvero, a fare notizia. Ma d’altronde c’era aspettarselo quando è stato organizzato in un Paese, il Qatar, che ne ha una cultura tanto quanto ce l’ha per il rispetto dei diritti umani, per la salvaguardia delle vita dei migranti lavoratori, che sono morti a migliaia per costruire bellissimi stadi rinfrescati in mezzo al deserto. Ecco, in questa edizione della coppa del mondo, solo oggi sono arrivate delle risposte del campo.

La prima arriva da lontano, dal Canada, ed è quella di una squadra che, nella prima giornata di questo campionato Fifa, ha dato del filo da torcere anche al Belgio, non proprio l’ultima nazionale al mondo. Nella seconda, invece, quella contro la Croazia, non solo ha messo in difficoltà i vicecampioni del mondo, ma ha giocato meglio di loro almeno per mezz’ora siglando anche il primo gol di sempre alla fase finale di un Mondiale.

Certo, è solo la seconda volta che i nordamericani partecipano a un’edizione della rassegnata iridata, ma fra quattro anni il teatro della prima kermesse con 48 squadre, assieme al Messico e agli Stati Uniti, questi ultimi battuti proprio dal Paese mediorientale nell’assegnazione, molto contestata, del 2010.

A fare la prima rete di sempre, poi, è stata fatta esattamente con l’uomo che ti aspetti, quell’Alphonso Davies, che a soli venti aveva già vinto tutto quello che si poteva vincere nel Bayern Monaco, un traguardo che, per dire, il Paris Saint-Germain non è ancora neanche andata vicina ad assaporare.

Quell’Alphonso Davies che ha una storia particolare che, per una volta, ci riconcilia anche con il senso di bellezza che il calcio ogni tanto ci regala. L’esterno sinistro, che ora di anni ne ha ventidue e li ha appena compiuti, non è nato in Canada, infatti, perché il 2 novembre del 2000, i genitori si trovavano a Buduburam, in Ghana, ed erano appena scappati dalla guerra civile in Liberia, dove sono nati loro.

A cinque anni, poi, si è trasferito in Ontario. Ed è là che esplosa la stella, per prendersela, i bavaresi, hanno sborsato 40 milioni di dollari, e lui è diventato il calciatore più pagato di sempre alla Major League Soccer, in cui di solito quelli che sono stati grandi vanno a svernare.

Si era capito fin da subito che il bambino non era portato per lo snowboard, sport nazionale in Canada, era veloce sì, ma era anche bravo con i piedi. E quindi via a fare il calciatore, una scelta ripagata benissimo, anche sul dischetto, contro Thibaut Cortouis, ora il più forte portiere al mondo, lo ha ipnotizzato e ha sbagliato il tiro decisivo.

E sarà un segnale di crescita se il tecnico del Canada, John Herdman, che viene dall’Inghilterra e che ha avuto un passato importante e lunga nella Nazionale femminile sempre canadese, ha a disposizione anche Atiba Hutchinson, che gioca nel Besiktas, quindi in Europa, pure lui, ma soprattutto Tajon Buchanan che invece gioca nel Club Brugge, in Belgio. Un segnale che, per dire, non è arrivato minimamente dai padroni di casa in questa edizione dei Mondiali, presi a pallonate prima dall’Ecuador, poi dal Senegal, senza mai dare neanche una parvenza di reagire.

Dominik Livakovic e Luka Modric – Nanopress.it

Una reazione che si è vista nei croati, guidati da Luka Modric, l’unico uomo assieme a Karim Benzema a essere riuscito a strappare il titolo di Pallone d’oro a Cristiano Ronaldo e Lionel Messi da qualche anno a questa parte. Poco conta se hanno preso quattro gol, anche se rimane uno schiaffo piuttosto forte, perché ce l’hanno fatta e ce l’ha fatto quel bimbo che a cinque anni si è trasferito in Canada da una famiglia di profughi che in Qatar sarebbero potuti morire, sottopagati, e per organizzare un’edizione dei Mondiali davvero brutta e vergognosa. E che, se avesse attraversato il Mediterraneo ora, avrebbe corso il rischio di affogare, annegare, oppure di essere salvato e rimanere bloccato in una nave in attesa che qualcuno decidesse del futuro suo e di altre migliaia di persone come lui e la sua famiglia.

Spagna-Germania, invece, è storia già di per sé. Però, questa sera le due squadre erano chiamate a scrivere il presente del Mondiale, e per i tedeschi sembrava già un’ultima spiaggia, prima di un’eliminazione che sarebbe un dato clamoroso per gli schiacciasassi di Berlino e dintorni. Le Furie Rosse, però, da quella fase ne sono già usciti e brillantemente.

La Spagna ha mantenuto l’identità tecnica di Luis Enrique. E cioè quel tiki taka duro e puro, del 4-3-3 che parla catalano e che fa rima con l’essenza che ha sempre ubriacato il commissario tecnico. Il nuovo corso ha avuto la fortuna di vedere attenuato lo sbalzo per il nuovo ciclo dalla presenza di talenti meravigliosi: quei Pedri e Gavi che fanno brillare qualsiasi pallone e rendere il possesso palla maledettamente semplice e naturale. Gli schiaffoni rifilati al Costa Rica comunque si valutano da soli e si è vista una Nazionale con atteggiamento tattico ben preciso e la volontà di non mollare mai la sfera.

Stasera, dunque, si sfidavano due filosofie di gioco, due identità storicamente a confronto. Ne è uscita una partita dove entrambe le squadre hanno cercato di mettere quello che potevano, ma con esigenze diverse. La Germania la palla l’ha vista poco, ma la difesa di Hans-Dieter Flick, comandata da un campione passato anche dall’Italia come Antonio Rudiger, ha decisamente tenuto botta. In attacco, invece, i tedeschi si sono fatti vedere con poca continuità e comunque trovando una buona prestazione di Unai Simon, almeno tra i pali.

Ne è uscita una partita dall’alto peso emotivo, con una tensione palpabile in ogni giocata, anche per il forsennato pressing messo in atto. La situazione l’ha sbloccata un’altra vecchia conoscenza del calcio italiano. Jordi Alba galoppa sulla sinistra e trova una palla intelligente, bassa e sul primo palo per il taglio di Alvaro Morata. L’ex attaccante della Juventus gira con l’esterno un pallone delicatissimo che si insacca alle spalle di Manuel Neuer. Gran gol e tedeschi sempre più lontani dagli ottavi di finale.

Pedri, Jamal Musiala e Gavi – Nanopress.it

Ma la Germania non si scompone, non più di tanto. Flick opera dei cambi, la squadra alza un po’ il suo baricentro e le operazioni si accelerano e arriva anche il gol del pareggio. Jamal Musiala si accentra per l’ennesima discesa da sinistra della partita. Il pallone arriva a Fullkrug, bomber di razza, che scaglia un destro incrociato potentissimo e imparabile. La Germania è ancora viva.

Poi la partita si abbassa un po’ di intensità, la Spagna allenta la sua morsa. E pare quasi che le due squadre si spaventino più di perderla che di non portare a casa i tre punti. Gli ultimi attacchi tedeschi non portano la rimonta: si deciderà tutto all’ultima giornata, con la Spagna che ha un piede e mezzo agli ottavi e gli uomini di Flick che non sono più padroni del loro destino. Anche se la Germania riuscisse a battere la Costa Rica dovrebbe sperare che il Giappone non vinca contro la Spagna. I visi, infatti, non sono di quelli più soddisfatti, ma bisognava comunque tenere botta a delle Furie Rosse che erano in gran forma.

Ai tifosi tedeschi resta la sensazione di un nuovo ciclo che deve ancora sbocciare del tutto e con la necessità di un centravanti puro per capitalizzare la mole di gioco creata dai tedeschi. Non è antico e non è neanche peccato, ma questo andrebbe detto anche agli spagnoli.

Cosa sta succedendo al Belgio… E in Belgio

Ma oggi si giocava anche un’altra partita decisiva per questo Mondiale. Il Belgio e il Marocco sono scesi in campo per una sfida tra passato recente e futuro prossimo, ma anche per mostrare la loro identità a livello internazionale. E anche la loro nuova veste. L’esordio nella massima competizione per Nazionali era stato agli opposti. Gli uomini di Roberto Martinez venivano da una partita decisamente brutta contro il Canada. Un 1-0 in cui l’attacco aveva deluso non poco e anche la difesa ha fatto acqua da tutte le parti, salvata solo da uno strepitoso Courtois. A spronare e motivare un intero ambiente sono arrivate le parole di uno dei leader di questo gruppo e uno dei migliori centrocampisti al mondo: ovviamente, si tratta di Kevin De Bruyne.

Lo strepitoso talento di Pep Guardiola aveva scatenato le analisi dei cronisti, ammettendo che “abbiamo una buona squadra ma ora è troppo tardi, siamo troppo vecchi. La grande occasione è stata nel 2018 e non l’abbiamo sfruttata“. E ha aggiunto anche: “Non mi interessa essere uno dei migliori. Voglio essere il migliore di tutti“.

Non sono parole banali, soprattutto per una squadra che è stata non molti anni fa prima nel ranking e che ora è al tramonto di una generazione meravigliosa, ma spesso in difficoltà fisica e con alcuni titolarissimi che hanno già salutato.

E dall’altra parte c’è il Marocco. Una squadra che sta mostrando valori tecnici e una qualità fuori dall’ordinario. L’allenatore ha fatto il suo dovere: il gruppo è ben compatto e ha un’identità ben precisa. Poi in attacco Hakim Ziyech e Sofian Boufal sarebbero capaci di far impazzire qualsiasi difesa. Nella prima giornata contro la Croazia è finita 0-0, ma c’è chi sostiene avrebbero meritato più Sofian Amrabat e compagni.

Romelu Lukaku, Kevin De Bruyne e Sabiri – Nanopress.it

Oggi lo scontro diretto con il Belgio e sapete tutti com’è finita. Uno 0-2 senza attenuanti e che non ha mai visto la squadra di Martinez reagire sul serio ai colpi assestati dagli avversari. Alla fine l’allenatore ha anche sbilanciato la squadra e a dieci minuti dal termine ha gettato nella mischia anche un Romelu Lukaku in condizioni precarie. Ora la situazione è maledettamente complicata, anche perché nell’ultima partita del girone è in programma la sfida con la Croazia, che non farà sconti.

Il morale è a pezzi e la situazione sempre più difficile. Soprattutto sotto il profilo tecnico, il Belgio sembra sbagliata proprio dove prima risiedevano le sue forze. La difesa a tre non garantisce più la solidità e la qualità in costruzione a cui ci si era abituati. E i trequartisti, a partire da Eden Hazard, non riescono a garantire la gamba e la continuità dei tempi migliori. A tutto ciò, aggiungete che il miglior uomo offensivo da anni e leader del gruppo, Lukaku, è ancora alle prese con gli infortuni muscolari che da fine settembre non lo lasciano in pace.

Il tutto si è tradotto nella prestazione assolutamente deludente di oggi. E la sensazione è che stavolta sia difficile mettere le cose a posto. In Belgio, poi, la situazione non è affatto tranquilla. Dopo la fine della partita e la delusione che ne è derivata, si sono verificati degli incidenti nel centro di Bruxelles ma dalla parte del Marocco. Infatti, centinaia di tifosi degli africani si erano dati appuntamento per strada, in modo da seguire la partita. Alla fine del match sono iniziati i festeggiamenti e poi anche gli scontri. Diverse auto sono state ribaltate, poi è intervenuta anche la polizia, come riferito da Bfmtv.

Addirittura, ha avuto bisogno di accendere gli idranti in direzione dei tifosi del Leoni dell’Atlante. Già dopo la prima partita, le cose non sono andate benissimo. Stavolta, sicuramente peggio. Philippe Close, sindaco di Bruxelles, ha anche allertato la popolazione: “La polizia ha già iniziato a rispondere con la forza. Invito tutti i tifosi a non venire in centro“. Non è successo niente di che invece a Rabat, se non le forti manifestazioni di gioia il successo conseguito sul campo.

Su quello che è successo, Matteo Salvini, leader della Lega, ha fatto il suo commento su Twitter, ponendo l’accento sul fatto che in Europa ci si debba interrogare perché “alcuni importanti pezzi di città sono totalmente fuori controllo, soprattutto a causa di una gestione dell’immigrazione e di un’integrazione evidentemente fallimentari“.


Tornando al calcio e guardando il bicchiere mezzo pieno, il Belgio ha ancora la possibilità di rimediare, vincendo l’ultima partita e dimostrando che la sua qualità tecnica non è svanita. L’impressione già lasciata agli Europei, però, rischia di essere confermata anche ai Mondiali. E, per forza di cose, poi ci si dovrebbe interrogare su un forte cambio generazionale. Che, visti i giovani sfornati e i settori giovanili a disposizione, non sarebbe neanche così drammatica.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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