Tre ragazze, meglio tre studentesse della Bicocca, dello Iulm e della Cattolica sono state riprese dalla regista e influencer statunitense con origini pakistane, Mahnoor Euceph, mentre ridevano e schernivano la suocera della donna, di origine cinesi, in un treno della tratta Como-Milano del 16 aprile. Il video, in cui si premeva la mano sull’atteggiamento razzista delle tre, è apparso dopo qualche giorno su TikTok ed è diventato virale, tanto che i profili delle ragazze sui social sono stati presi di mira da degli haters.
Non solo, però, perché sono state tirate in ballo anche le tre università in cui studiano le tre “razziste”, come sono state appellate ai più latitudini, che hanno reagito in maniera diversa agli insulti e ai commenti sotto i propri post. Se la Bicocca, infatti, non ha ancora fatto niente, lo Iulm ha limitato i commenti e la Cattolica si è scusata per il comportamento, dicendo che da sempre promuove i lavori del rispetto e dell’inclusione, e condannando chi invece ha un atteggiamento votato al razzismo e alla discriminazione.
Visualizza questo post su Instagram
A prescindere dal fatto che, come molti sui social hanno sottolineato, un ateneo non è responsabile per quello che gli studenti fanno al di fuori – la sottocultura statunitense porta a colpevolizzare anche le istituzioni di cui fanno parte i “devianti” -, il post non è bastato per mettere la parola fine sulla polemica, che ha coinvolto in maniera diretta anche loro, generalizzando un po’ troppo (e anche male) su chi frequenta quell’università, ovvero persone razziste e con la puzza sotto il naso, per dirla in maniera piuttosto semplice.
ovviamente le ragazze del video fanno la cattolica e sono delle figlie di papà devo stare calma https://t.co/TDxv4HZVX2 pic.twitter.com/saVudTECfn
— giorgia (@noccioline_) April 26, 2023
Non solo, ancora, perché non è bastato neanche che una delle tre ragazze, che ha provato a chiedere scusa alla regista, spiegando che no, non si sono comportate bene, abbia anche precisato che da colpevoli si sono trasformate in vittime proprio perché sono finite nel tritacarne dei social che non dà scampo a nessuno, e quindi soprattutto a loro, che di sicuro dovevano e potevano evitare di ridere e schernire una persona, a prescindere da quanto poi si è rivelata famosa, per il taglio degli occhi o il colore della pelle, o altri difetti fisici.
Di sicuro, ancora, nascondersi dietro la bravata, la ragazzata non toglie gravità a quello che è successo, tra l’altro a pochi giorni da un 25 aprile in cui le polemiche sono state le protagoniste, non sarebbe neanche giusto perché, come ha chiesto Euceph in risposta alla ragazza, ci deve essere il coraggio di assumersi le responsabilità di quello che si dice, e ancora di più di quello che si fa. La regista e influencer, infatti, non ha accettato le scuse proprio perché per lei non sono sembrate sincere in vista di quella postilla.
Ma anche quella è importante sviscerare, perché fa parte di un meccanismo distruttivo, di realtà interattiva e poco vissuta in cui tutti ci sentiamo in grado di sparare le nostre sentenze senza sapere, nei fatti, chi abbiamo di fronte, sempre dimenticandoci che ognuno ha anche il diritto di sbagliare, ma soprattutto dimenticandoci che si tratta di persone esattamente come lo siamo noi.
La differenza tra le bullette del treno e il plotone d’esecuzione che le sta giustiziano è praticamente nulla.
NI HAO#cattolica
— Vasil (@PoliticallyUn11) April 26, 2023
E non è tanto la donna ferita che si sarebbe dovuta limitare – un discorso vis a vis non è più di moda, un’immagine pixellata in nome della privacy, a quanto pare, neppure – sono anche e soprattutto le altre persone, che molto spesso riversano odio su altre per il solo gusto di farlo, neanche per chissà quale idea di giustizia da dover difendere. Chi il razzismo, però, lo disprezza, chi il razzismo lo odia, dovrebbe fare ben altro per portare avanti le proprie battaglie, innanzitutto sensibilizzando alla diversità, all’integrazione, prendendo di petto le persone più vicine che si comportano alla stessa maniera. Forse in quel caso ci sarebbero meno episodi del genere da raccontare, da commentare, e forse potremmo anche dire di vivere in un mondo tarato sul 2023, e non di cent’anni fa.