Nel Consiglio dei ministri di ieri, il governo guidato da Giorgia Meloni, oltre a dare il via libera alla Nadef, ha deciso di sbloccare le concessioni per l’estrazione del gas naturale nel mar Adriatico. In parole povere, ha detto sì alle trivelle, che porteranno l’Italia a essere più indipendente dal punto di vista energetico. La scelta, però, è stata salutata con una certa diffidenza dalle opposizioni.
Sia Giuseppe Conte, presidente del MoVimento 5 stelle, sia Matteo Renzi, leader di Italia Viva e alleato di Carlo Calenda nel terzo polo, infatti, hanno ricordato alla premier che, qualche anno fa, era stata lei la prima a votare contro le trivellazioni in mare. Ma al di là dello scontro politico, secondo Angelo Bonelli, co-portavoce dell’alleanza tra Europa Verde e Sinistra italiana, la scelta potrebbe portare l’Italia a non rispettare gli obiettivi climatici per il 2030, oltre a non avere gli effetti benefici decantati dall’esecutivo. Posizione simile a quella del presidente di Legambiente, Stefano Ciafani.
Per il governo Meloni potrebbe nascere anche il problema trivelle
Tra le priorità del nuovissimo governo targato centrodestra, il primo con una donna al vertice, Giorgia Meloni, oltre a proibire i rave party e bloccare migranti in mare, c’è anche il caro energia. In effetti, sarebbe stato strano il contrario considerato quanto, negli ultimi mesi, si sono alzati i costi delle bollette di gas e luce di conseguenza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, la Nadef, il primo step per l’approvazione della legge di bilancio, l’esecutivo ha deciso di stanziare 30 miliardi di euro fino al 2023 per aiutare imprese e famiglie a contrastare, appunto, i prezzi quasi ingestibili. Lo si farà con un piccolissimo scostamento di bilancio, che in realtà in campagna elettorale la leader di Fratelli d’Italia ha sempre scongiurato.
E, in misura minore, con un emendamento al decreto Aiuti ter, anche liberando alcune estrazioni di gas italiano, che faciliteranno le concessioni già esistenti e ne aggiungeranno di nuove in maniera tale che, poi, da gennaio le imprese energivore possano usufruirne a prezzi calmierati.
Detto in parole povere: il governo ha deciso di dare il via libera alle trivellazioni in mare che, secondo le previsioni del ministro per l’Ambiente e per la Sicurezza energetico, Gilberto Pichetto Fratin, “potenzialmente si stima una quantità di 15 miliardi di metri cubo sfruttabili nell’arco di dieci anni“. Il tutto, ha poi precisato, “deve avvenire al di sotto del 45esimo parallelo con l’unica eccezione che riguarda il ramo Goro del fiume Po“.
La norma, però, non è passata inosservata alle opposizioni, e per due ragioni. La prima, propriamente di natura politica, è stata portata all’attenzione sia da Giuseppe Conte, sia da Matteo Renzi; la seconda riguarda, invece, l’impatto ambientale del sì alle trivelle che preoccupa tanto Angelo Bonelli quanto Legambiente, ma anche l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
La situazione precedente e le posizioni in campo sulle trivelle
Prima di addentrarci nel merito delle polemiche, strumentali o reali che siano, facciamo un piccolo passo indietro. Le estrazioni di gas nel mar Adriatico sono da sempre un problema annoso soprattutto per le resistenze di alcune amministrazioni locali, ma anche per le leggi nazionali che le vietavano a meno di 12 miglia dalla costa.
Con l’emendamento presentato dall’esecutivo Meloni, si potrà trivellare anche tra le nove e le 12 miglia a patto che, però, i giacimenti abbiano una capacità stimata superiore ai 500 milioni di metri cubi di gas. Ma il gioco potrebbe non valere la candela, e questo è la prima critica che è arrivata per la misura licenziata dal Consiglio dei ministri.
Come ha messo lo stesso Pichetto Fratin, e come si legge anche nel sito del ministero a cui fa capo, infatti, le estrazioni non saranno affatto sufficienti per renderci del tutto indipendenti dal gas importato, perché, a fronte dei 30-40 miliardi di metri cubi che potrebbero arrivare dal mar Adriatico – ma quelli stimati, dicevamo, sono molti meno – l’Italia ne consuma più del doppio – 75 miliardi – in un solo anno.
Oltre a questo, c’è da considerare l’impatto ambientale delle trivelle. E di questo hanno parlato sia il co-portavoce di Europa Verde, Bonelli, sia il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani.
E’ un governo nero come il petrolio, che racconta falsità, perché nei nostri mari abbiamo solo 37 mld di mc di gas, la metà del nostro fabbisogno annuale. Partono le trivellazioni nel golfo di Napoli, Salerno,isole Tremiti ed Egadi. Sono Killer del climahttps://t.co/ehFbMROqk2
— Angelo Bonelli (@AngeloBonelli1) November 5, 2022
Dunque, le parole dall’associazione ambientalista: “Le quantità sono ridicole perché tra riserve probabili e certe abbiamo 90 miliardi di metri cubi di gas e anche se le dovessimo estrarre tutte con uno schiocco di dita le esauriremmo in quindici mesi perché ogni anno consumiamo 70 miliardi all’anno“, che ricalcano del deputato del MoVimento 5 stelle che si era espresso prima che, di fatto, la scelta venisse presa dal governo. Anche se si riuscisse, infatti, a estrarre del gas, non sarebbe mai utilizzabile prima di qualche mese.
Dai pentastellati, però, è arrivata anche un’altra critica, espressa direttamente dal presidente Conte, che non ha fatto altro che riprendere le parole di Meloni nel 2016 per dirsi contrario alla decisione presa nel Consiglio dei ministri. Ironia della sorte, anche il leader di Italia Viva e senatore del terzo polo ha utilizzato la stessa situazione per attaccare la presidentessa.
“Basta alle trivellazioni, basta all’inquinamento del nostro mare e basta a un governo ipocrita e servo dei poteri forti”. Per commentare le decisioni del suo Governo prendiamo in prestito le sue parole del 2016, Presidente Meloni. Non avremmo saputo dirlo meglio. pic.twitter.com/JkXrfUyyuF
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) November 4, 2022
Certo, dalla sua parte più di qualcuno, compresa la capogruppo al Senato, Raffaella Paitta, ha applaudito alla scelta di aver cambiato la politica del no a tutto. Su quanto sarà utile, poi, ce lo diranno i fatti.