Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha parlato durante una conferenza stampa martedì, dove ha affermato che l’Occidente non è riuscito a raggiungere l’obiettivo di isolare il suo Paese. Durante la dichiarazione pubblica che si è tenuta a Teheran, Raisi ha sottolineato che il nemico ha tentato di attuare due strategie: isolare l’Iran dalla comunità internazionale e scoraggiare il popolo iraniano.
Ha poi precisato che entrambi gli sforzi sono stati vani e inutili. Raisi ha inoltre annunciato la possibilità di riprendere i colloqui sul rilancio di un accordo sul nucleare.
Le parole di Raisi e le contraddizioni emerse
Durante la conferenza stampa a Teheran, il presidente iraniano Raisi ha fatto riferimento alle sanzioni imposte all’Iran dagli Stati Uniti dopo che quest’ultimi hanno abbandonato l’accordo sul nucleare nel 2018. Inoltre, ha menzionato le proteste che sono scoppiate nel settembre 2022 a seguito della morte di Mahsa Amini, giovane donna deceduta mentre era in custodia presso la polizia morale.
Raisi ha affermato che l’Iran sta perseguendo attivamente la revoca delle sanzioni, attraverso negoziati finalizzati al rilancio dell’accordo nucleare del 2015.
Ma il presidente ha sottolineato che l’economia del Paese “non sarà legata ai desideri dei paesi occidentali.”
Nonostante il recente annuncio di un accordo tra l’Iran e gli Stati Uniti per il rilascio di prigionieri e il congelamento di fondi iraniani in Corea del Sud, però, sembra non essere prevista la possibilità di un ritorno all’accordo nucleare prima delle elezioni presidenziali americane del 2024.
Il capo di Stato ha evidenziato alcuni successi diplomatici, tra cui il riavvicinamento con i Paesi arabi come l’Arabia Saudita, l’adesione dell’Iran all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e l’invito a unirsi al gruppo BRICS. Secondo il presidente, queste alleanze con Paesi emergenti rappresentano un’opportunità per contrastare l’unilateralismo americano.
Ha inoltre aggiunto che il suo governo sta lavorando per ridurre l’influenza del dollaro sull’economia iraniana.
Ma allo stesso tempo rimane una certa ambiguiltà riguardo allo status dei beni iraniani congelati all’estero, poiché i funzionari iraniani continuano a rilasciare dichiarazioni contrastanti in merito. A volte viene affermato che tutti i fondi sono stati sbloccati, mentre altre volte le osservazioni lasciano presupporre un esito diverso. Questa contraddizione è emersa anche nelle dichiarazioni dello stesso presidente durante la conferenza stampa.
Quando un giornalista giapponese ha chiesto a Raisi il suo parere sui 1,5 miliardi di dollari di beni iraniani in Giappone, il presidente dell’ Iran ha risposto in modo vago, dichiarando che il suo governo sta lavorando per garantire il rilascio dei beni congelati e che questa è una delle priorità della politica estera.
Ha poi successivamente suggerito al Giappone di essere indipendente e di non farsi influenzare dagli Stati Uniti, chiedendo di non congelare in alcun modo il denaro che potrebbe essere presente nel Paese, sia come pagamento per beni venduti o come fondi lasciati in Giappone in forma di trust.
È stato anche menzionato che gli Stati Uniti hanno approvato lo sblocco di alcuni fondi congelati dell’Iran come circa 2,7 miliardi di dollari dall’Iraq e 6 miliardi di dollari dalla Corea del Sud. Permangono incertezze sulla quantità di denaro reale, ma sono stati menzionati beni in banche irachene e del Giappone.
Il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, ha affermato che l’Iran non ha beni congelati in nessun Paese e che può ora utilizzare le risorse a sua disposizione. Ma ha negato che il regime abbia accettato un programma di “petrolio in cambio di cibo” sotto la supervisione degli Stati Uniti, riguardante i fondi liberati in Corea del Sud.
Ha anche chiarito che i fondi ricevuti dal Regno Unito come debiti precedenti alla rivoluzione islamica del 1979 non rientrano nel concetto di “petrolio in cambio di cibo” e che non sono destinati a essere trattenuti in Oman per l’acquisto di cibo e medicine.
Dopo le parole del leader iraniano è arrivata una richiesta da parte dell’Aiea che ha riacceso timori sulle reali intenzioni dell’Iran sul nucleare.
La richiesta dell’Aiea al regime in Iran
Le dichiarazioni del direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Rafael Grossi, hanno sollevato timori e preoccupazioni sulla situazione del programma nucleare dell’Iran.
Grossi ha affermato che l’Iran ha accumulato abbastanza materiale nucleare per diverse armi nucleari, ma ha sottolineato che non ci sono prove che Teheran abbia armi nucleari attualmente.
L’AIEA, come organismo di vigilanza nucleare delle Nazioni Unite, ha la responsabilità di monitorare il programma nucleare dell’Iran e garantire la trasparenza e la conformità dell’Iran agli accordi nucleari internazionali. Grossi ha espresso preoccupazione per il fatto che i vertici iraniani non abbiano fornito chiarimenti su alcune questioni riguardanti le tracce di uranio all’ interno dei siti più vecchi.
È importante notare che Grossi ha ribadito la necessità di un sistema o un accordo che consenta all’AIEA di avere supervisione sul programma nucleare iraniano. Fa riferimento al JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), noto anche come accordo sul nucleare iraniano del 2015, come uno dei possibili strumenti per raggiungere tale obiettivo.
Le tensioni tra Israele e l’Iran riguardo al programma nucleare iraniano sono ben note. Israele ha espresso preoccupazione per la minaccia che ritiene l’Iran rappresenti con le armi nucleari. Ma in realtà ora la preoccupazione è diventata a livello globale. È importante notare che le dichiarazioni di Grossi non riguardano direttamente le azioni o le politiche di Israele, ma si concentrano sulla necessità di garantire la trasparenza del programma nucleare iraniano e di stabilizzare la situazione.
Inoltre, Grossi ha precisato che l’attenzione dei media e dei politici è stata inevitabilmente sulle preoccupazioni inerenti il conflitto in Ucraina e in precedenza anche per la pandemia da Covid-19 e non sul programma nucleare iraniano. Ma nonostante ciò la realtà quotidiana dopo l’invasione russa dell’Ucraina ha reso più reale e tangibile la possibilità di un conflitto mondiale e ha ridato importanza all’affrontare la questione nucleare iraniana, altre crisi internazionali hanno attirato l’attenzione.