Il Lecco e la Reggina pur avendo rispettato i tempi stringenti (soprattutto per i lombardi) per presentare i documenti necessari per poter disputare il prossimo campionato di Serie B corrono il rischio di non riuscire a farlo per dei cavilli burocratici. La scadenza, infatti, per mettersi in regola era mezzanotte del 21 giugno, poco più di 48 ore dopo che la squadra di Luciano Foschi è riuscita a tornare in cadetteria 50 anni dall’ultima volta, e a ridosso, praticamente, del caricamento dei documenti nel portale della Figc per quanto riguarda stipendi e pendenze fiscali e previdenziali per la società calabrese.
In questo caos, in cui la posizione dei blucelesti è forse più complicata di quella degli amaranto, che ora sono anche senza presidente e consiglio di amministrazione e con una società in vendita, a sperare ci sono soprattutto Brescia e Perugia che, pur essendo retrocesse, potrebbero tornare a far parte delle 20 squadre che militano nel campionato minore.
Il Lecco rischia la Serie D per lo stadio, ma soprattutto per le tempistiche: dalla promozione all’iscrizione in Serie B sono passati poco più di 48 ore
Per quanto riguarda il Lecco, che per altro ha dovuto aspettare dieci giorni in più sulla tabella di marcia per iniziare a disputare i playoff in cui poi hanno trionfato contro il Foggia domenica, il problema nasce dal fatto che lo stadio della città, il Mario Rigamonti-Mario Ceppi, è troppo piccolo e troppo poco attrezzato per le regole che impongono dalla Lega Serie B. Trovato in extremis un altro impianto, ovvero l’Euganeo di Padova, che dista più di 200 chilometri dalla città lombarda, non sono arrivate in tempo le autorizzazioni, quindi la Pec con l’okay della prefettura patavina, facendo passare i tifosi dal sogno più bello all’incubo più grande.
Perché la società bluceleste, che meritatamente e sul campo aveva ottenuto il diritto di iscriversi al campionato di Serie B, dicevamo, non ha ovviamente presentato in tempo la documentazione per potersi, invece, “accontentare” della Serie C, e quindi potrebbe addirittura dover ripartire dai dilettanti, ovvero dalla Serie D.
Anche considerando le colpe che possono avere i lombardi, che giocandosi l’accesso al campionato di cadetteria non si sono preoccupati (prima del tempo) di trovare uno stadio che potesse rispondere ai requisiti imposti dalla Lega – il loro ha circa 500 posti in meno di quelli minimi -, e poi non hanno chiesto una proroga una volta riusciti ad agguantare la meritata e storica promozione, e tantomeno si sono presi la briga di chiedere l’iscrizione a un campionato che, di fatto, non era più il loro, quello che è successo ha del paradossale, e del grottesco.
Per i tifosi certo, motore di un movimento come quello del calcio, che sempre più spesso vengono considerati alla stregua di clienti, per i calciatori che hanno raggiunto l’obiettivo, ma anche per la stessa società, a cui poteva (e forse doveva) essere concessa una proroga senza che venisse richiesta, specialmente perché il problema della vicinanza delle due date non era (e non è tuttora) dipeso dal Lecco, ma dal Siena, che infatti è finito per davvero tra i dilettanti. Insomma, come i ritardi sono stati concessi a loro, alla stessa maniera dovrebbero essere concessi a una squadra che in sede legale farà valere le sue ragioni, ma che sa già di partire sconfitta, a meno che non si decida di fare un campionato (di Serie B) a 21 squadre, o uno di Serie C a 61, come ultima ratio.
A maggior ragione, poi, si doveva pensare che sarebbero potuto essere un problema l’impianto in cui disputare le partite, perché anche le altre tre neopromosse in cadetteria, ovvero il Catanzaro, la Feralpisalò e la Reggiana, non giocheranno, almeno nei primi tempi, nella propria città e nel proprio impianto. Quella che farà meno chilometri per giocare effettivamente in casa sarà l’ultima, che si dovrà alternare con il Sassuolo, che le ha concesso l’utilizzo del Mapei Stadium, mentre i calabresi si dovranno trasferire a Lecce e gli altri lombardi a Piacenza.
La Reggina e le dimissioni del cda preoccupano anche Balata
Se per l’Oreste Granillo della Reggina, e di Reggio Calabria, non ci sono problemi, e avrebbe anche i requisiti per ospitare Inter, Milan e Juventus – come già successo in passato – in Serie A, la questione riguarda i problemi finanziari della società, che saranno messi sotto la lente d’ingrandimento della Covisoc, ovvero la Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche interna alla Federcalcio, che potrebbe, però, anche bocciare l’iscrizione dei calabresi per la seconda divisione.
Ma non solo. Perché è vero che gli amaranto hanno presentato all’organizzazione presieduta da Gabriele Gravina i documenti che attestano il pagamento di tre mensilità ai giocatori e anche il necessario per saldare cinque mesi di INPS e quattro di Irpef dovuti, per un totale di oltre 7 milioni di euro, ma all’appello mancherebbero i 757mila euro relativi al piano di ristrutturazione del debito con Agenzia delle Entrate (e altri creditori) che il club ha concordato col Tribunale di Reggio Calabria, con scadenza fissata al 30 giugno, ovvero oltre quanto previsto dall’ordinamento previsto dalla Lega per potersi iscrivere al campionato 2023/2024.
Già penalizzata nel corso della precedente stagione con un meno cinque, dunque, anche la Reggina, che ora, dicevamo, si ritrova senza presidente e senza consiglio di amministrazione per le dimissioni arrivate ieri per facilitare la vendita del club, rischia di dover rinunciare alla Serie B. Nel merito, è intervenuto, con una nota, il numero uno della Lega, Mauro Balata, esprimendo la propria preoccupazione per quanto successo.
“La Lega B ribadisce come fin da subito abbia evidenziato presso gli organi competenti la difficile armonizzazione di alcune disposizioni sulla crisi di impresa rispetto alla specificità dell’ordinamento sportivo – si legge nel comunicato stampa -, il cui fine ultimo è quello sempre di garantire il rispetto dell’equa competizione salvaguardando tutte quelle realtà che onorano gli impegni previsti dalle norme federali“. Il presidente, ancora, pur assicurando sempre il principio del merito sportivo, però, ha stigmatizzato “comportamenti che arrechino grave danno al movimento della Serie B e alle società associate che hanno rispettato le regole e norme federali“.
E quindi l’incertezza, che potrebbe essere risolta già a partire da domani nel corso di un’assemblea generale urgente. E che potrebbe anche reintegrare il Brescia, che di sportivo, nei playout persi contro il Cosenza, ha dimostrato veramente poco, e il Perugia, che è arrivata terzultima e che sicuramente non merita di essere premiata con un altro anno da passare in cadetteria.
È chiaro che le regole sono fatte per essere rispettate, ma varrà qualcosa in più il fatto che sia il Lecco, sia la Reggina hanno dimostrato sul campo di poterci stare in Serie B? Varrà qualcosa l’impegno, la fatica per un traguardo raggiunto contro le aspettative? Varrà qualcosa la fede di migliaia di persone che sono il motivo per cui si continuo a disputare i campionati di qualsiasi ordine e grado? Dopo tutto, diciamolo chiaramente, non è neanche la prima volta che si chiude un occhio.