L’economia circolare è il supereroe che salverà il mondo? Non si tratta di un’esagerazione: questa nuova filosofia economica dai risvolti estremamente concreti potrebbe davvero deviare il cammino del pianeta verso quello che al momento sembra un inevitabile degrado ambientale. E innumerevoli progetti, i cui risultati sono estremamente interessanti, possono dimostrarlo.
In Italia, Eni è in prima linea nel campo dell’economia circolare e ha già messo in atto diverse iniziative di successo volte al recupero di preziosissime risorse che nell’economia di tipo tradizionale sono già state declassate allo status di “prodotto di scarto”. Queste risorse vengono re-immesse in un sistema in grado di auto-sostenersi e rigenerarsi a tutto beneficio dell’ambiente. Scopriamo gli esempi più significativi tra le proposte che Eni ha già trasformato in realtà.
Cos’è l’economia circolare?
Partiamo dalle basi e scopriamo che cos’è l’economia circolare. Si tratta di un sistema che, come esplicita il da nome, va a definire un’economia “ciclica”. L’economia circolare minimizza gli scarti recuperandone buona parte e si autoalimenta ottimizzando ciò che porta in dote. Nel caso di Eni l’impegno è poliedrico, si è andati ad esempio a trasformare raffinerie tradizionali in bioraffinerie; si è migliorata la resa di una società chimica lavorando sull’innovazione e si è lavorato sul recupero delle risorse per il risanamento ambientale.
Eni e la bioraffineria di Venezia
Per la prima volta al mondo si è trasformata una raffineria di petrolio in bioraffineria e il primato spetta a Eni, a Porto Marghera, Venezia. Lo stabilimento produce infatti green diesel, biocarburante rinnovabile di alta qualità che viene addizionato al 15% nel gasolio Eni Diesel+. Presto sarà seguita anche dall’impianto siciliano di Gela per raggiungere entro il 2021 la quota di un milione di tonnellate di green diesel italiano firmato Eni. Il fulcro del sistema è la tecnologia Ecofining™, sviluppata e brevettata dalla società del cane a sei zampe con Honeywell-UOP.
Ma come funziona? È presto detto: il sistema gli impianti idrogenizzano gli oli vegetali per realizzare il componente che garantisce caratteristiche migliori rispetto ai biodiesel tradizionali e minori emissioni inquinanti. Alla base ci sono scarti come oli alimentari usati, biomasse da rifiuti urbani e sottoprodotti di lavorazioni di materie prime vegetali e animali.
Eni è così diventato il primo utilizzatore di oli alimentari esausti in Italia grazie agli accordi con CONOE (Consorzio nazionale raccolta e trattamento oli e grassi vegetali ed animali esausti) e altre società municipalizzate, coinvolgendo in prima persona gli stessi dipendenti Eni per sensibilizzarli sull’importanza della raccolta di questo tipo di rifiuti. Gli oli vegetali esausti, in particolare, possono essere un pericolo notevole per l’ambiente se non smaltiti correttamente. Oppure, appunto, una risorsa preziosissima se raccolti, conferiti e rigenerati correttamente. A corollario, il progetto FORSU punta a produrre bio-olio da rifiuti organici, impiegandolo direttamente come olio combustibile a basso contenuto di zolfo per imbarcazioni o per produrre bio-carburanti negli autotrasporti. Un impianto pilota è in fase di realizzazione a Gela, mentre un impianto su scala semi industriale è previsto a Ravenna, nell’area di Ponticelle.
Eni e il progetto Italia
L’economia circolare di Eni trova un altro esempio concreto nel Progetto Italia, che allestisce impianti di generazione da fonti rinnovabili (soprattutto solare e fotovoltaico, ma anche eolico e solare a concentrazione) nelle aree industriali Eni bonificate e non più utilizzabili per altri usi. Questa energia pulita è poi sfruttata da Eni e immessa nella rete nazionale.
Questa è, in sintesi, la visione di Eni: meno sprechi, più risparmio, meno inquinamento, più rispetto per l’ambiente e maggiore salute per tutti.
Articolo in collaborazione con Eni