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Il mondo sta collassando. E, badate bene, non perché usiamo deodoranti spray, lacca per capelli o perché ci facciamo troppe docce. E neppure solo perché ci muoviamo quasi esclusivamente in macchina. E neanche per il fatto che ogni tanto buttiamo un foglio di carta nel bidone dell’indifferenziato.
Certo, queste cose contano, e come modificare le nostre abitudini dovrebbe certamente preoccuparci in modo costante, specie se abbiamo a cuore le sorti dell’ecosistema. Ma queste cose sono quasi ininfluenti in confronto alla prima, vera, urgente causa dell’inquinamento ambientale, delle emissioni di gas dannosi, del riscaldamento globale e dell’effetto serra: l’allevamento intensivo. Per garantire quotidianamente alla popolazione umana (numerosissima: 7 miliardi e mezzo) una porzione di carne che ormai qualunque medico o nutrizionista giudica eccessiva e smodata -per gli USA siamo ormai a 225 gr di carne al giorno procapite -, l’industria alimentare sfrutta e depaupera il 45% dello spazio disponibile sulla terra, considerando i campi di grano e soia e cereali necessari al sostentamento degli animali di allevamento e senza considerare, invece, la quantità impressionante di acqua che si consuma. Un esempio di cosa vuol dire impressionante? Fatevi questa idea: per produrre un hamburger (un hamburger! Un unico panino!) serve tanta acqua quanto a ciascuno di noi fare 60 docce.
Il film documentario Cowspiracy, presentato al MiVeg di Milano sabato scorso e seguito per Nanopress dalla nostra Simona Buscaglia (che ha realizzato l’intervista al co-regista del docufilm, Keegan Kuhn: guardatela qua sopra), tratta questo tema, portando mille esempi che dimostrano come l’industria alimentare stia devastando il pianeta, ma fa di più: accusa le organizzazioni ambientaliste di non vedere, di non denunciare, di non avviare campagne, di non fare pressioni. Di concentrarsi sui combustibili, che è vero, richiedono un intervento massivo, ma eventuali miglioramenti sulla sostenibilità del pianeta li vedremo quando, fra 100 anni? E’ necessario attivarsi subito. E non è così difficile: basta modificare le nostre abitudini alimentari. La dieta vegetariana, e ancor di più un regime alimentare vegano, smettendo ex abrupto buona parte dello sfruttamento ambientale, permette di intervenire immediatamente sulla sostenibilità globale, e di impattare sempre meno sul suolo, il consumo dell’acqua, la protezione delle specie.
E’ quanto sostiene Cowspiracy, è quanto ci chiede il pianeta, è quanto dobbiamo ai nostri figli.