La Camera ha ripreso l’attività con l’approvazione del ddl Fiano che introduce il reato di propaganda fascista. Il voto è passato con 261 sì, 122 no e 15 astenuti: ora ci sarà lo scoglio del Senato dove la maggioranza ha numeri più incerti. Nessuna sorpresa tra favorevoli e contrari con centrodestra e M5S che si sono espressi contro, con qualche scena non proprio edificante al momento del voto. Le proteste più forti sono arrivate dai partiti di destra, a partire da Fratelli d’Italia. Il capogruppo Fabio Rampelli ha attaccato pesantemente il testo che “vuole mandare in galera chi produce il vino ‘bevo nero e me ne frego’ e introduce la persecuzione della libertà di opinione“. Per Emanuele Fiano, PD, primo firmatario del testo, è invece una legge necessaria. “Il principio di libertà è alla base della legge che noi abbiamo fortemente voluto. Perché a 65 anni dalla Legge Scelba non è affatto scolorito il compito di combattere l’ideologia nazi-fascista, la carica di violenza razzista e di odio che essa comporta“, ha dichiarato.
Il provvedimento, che introduce nel codice penale il reato di propaganda fascista, (non compreso dall’attuale legislazione), aveva già scatenato polemiche tra maggioranza e opposizione. Lo scontro più acceso ci fu lo scorso luglio tra il PD e il M5S che si era espresso contro la legge definendola “liberticida“.
Così, il M5S è tra coloro che hanno votato contro la legge, con molte note polemiche, per quella che definiscono “una legge inutile e sbagliata, solo pura demagogia. Tanto tempo perso che poteva essere dedicato alle vere priorità del paese”.
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Il ddl Fiano riprende così il cammino verso il via libera definitivo a quasi due anni dalla sua presentazione da parte del deputato PD all’Aula: Il disegno di legge risale infatti al 2015, quando venne presentato per la prima volta.
A sostegno della legge si è espresso il PD nella sua interezza ma anche gli altri partiti della sinistra, compreso MdP, mentre M5S e centrodestra si sono detti sempre contrari, con toni anche piuttosto aspri, come fu nel caso di Alessandra Mussolini.
Cosa prevede il ddl Fiano
Il ddl Fiano prevede l’inserimento nel codice penale dell’articolo 293-bis che introduce il reato di propaganda fascista. Il testo indica che “chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità“, può essere punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni, pena aumentata di un terzo se il reato è commesso via web.
In particolare, con la nuova legge sarebbe un reato anche fare il saluto romano, così come la cosiddetta “Marcia su Roma” che il partito di estrema destra Forza Nuova vorrebbe organizzare nella Capitale in occasione dell’anniversario della vera marcia voluta da Benito Mussolini che segnò l’inizio della dittatura fascista.
Cosa dice l’attuale legge italiana sul reato di apologia di fascismo
L’attuale legge italiana contempla il reato di apologia di fascismo e non quello di propaganda fascista. A introdurla fu la legge Scelba nel 1952. L’obiettivo era vietare la “riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Con “riorganizzazione”, si intende quando “una associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista“.
Pertanto, “chiunque promuove od organizza sotto qualsiasi forma la ricostituzione del disciolto partito fascista” e “chiunque pubblicamente esalta esponenti, principii, fatti o metodi del fascismo oppure le finalità antidemocratiche proprie del partito fascista“, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni e la multa da 1.032 a 10.329 euro.
In seguito fu la legge 205 del 1993, conosciuta come legge Mancino, a punire “chiunque faccia propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi“; per questi reati è prevista la reclusione fino ad un anno e sei mesi o multa fino a 6.000 euro.
Viene punito anche chi istiga, con qualunque modalità, a commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi: in questo caso si incorre nel carcere da sei mesi a quattro anni.
Con la legge Mancino si puniscono gesti, azioni e slogan legati all’ideologia fascista e vieta, infine, ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
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