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Legge di Stabilità, accordo con i Comuni: “Sì alla local tax per il 2015′

Primo passo avanti nell’intesa tra governo e Comuni per la legge di stabilità e via libera per la local tax nel 2015. L’incontro, il quarto, tra esecutivo e Anci, ha prodotto un accordo su alcuni punti chiave, anche se le perplessità delle autorità locali non sono del tutto scomparse. I saldi dei tagli rimarranno invariati a 1,2 miliardi più 300 milioni varati in precedenza ma sul 2015. Per il presidente Anci Piero Fassino, ora la manovra è “più compatibile con la situazione economica dei Comuni”, grazie ad accordi che rendono “i risultati sostenibili”.

Il punto più importante è sicuramente l’approvazione e l’accordo sulla local tax, la tassa unica per i Comuni proposta da Matteo Renzi e che ora dovrà passare per le commissioni tecnici per gli ulteriori approfondimenti. L’imposta sarà in vigore nel 2015 e sostituirà Imu e Tasi; l’approvazione è prevista insieme alla legge di stabilità, attesa alla Camera per il 27 novembre, con la votazione finale che potrebbe slittare sotto le festività natalizie.

L’accordo con i Comuni rende, nelle parole di Fassino, la manovra “più sostenibile anche se onerosa” con la conferma di alcune delle richieste fatte dalle autorità locali. Sono stati così confermati per il 2015 gli oneri di urbanizzazione della spesa corrente, la possibilità di rinegoziazione dei mutui con la Cassa Depositi e Prestiti e l’impegno dello Stato per gli interessi sui mutui contratti sui nuovi investimenti. “Abbiamo ottenuto l’innalzamento della stima di valutazione dei crediti di difficile esigibilità, con il conseguente allentamento del patto di stabilità” ha spiegato in conferenza Fassino.” Sono state poi accolte le nostre istanze sulla rimozione dei vincoli ordinamentali per i comuni abilitati, stante tuttavia il rispetto dei vincoli del patto di stabilità”.

Qualche difficoltà in più arriva dalle Regioni che hanno chiesto una sospensione del parere, anche se il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, assicura su trattative con il governo in corso e “la volontà di arrivare a un’intesa”.

La Commissione Bilancio della Camera ha poi confermato una decina di proposte, di cui cinque arrivate dall’esecutivo, tra cui la stabilizzazione dei precari nella giustizia.

Bankitalia frena Renzi: ‘Pensioni a rischio con Tfr in busta paga’

Dal suo canto, la Banca d’Italia ha promosso la legge di Stabilità del governo Renzi, ma ha lanciato un allarme per il Tfr in busta paga che metterebbe a rischio le pensioni per i lavoratori più deboli. Anche l’Istat mette un freno alle prospettive di crescita su cui si basa la manovra di Pier Carlo Padoan: il rischio è di vedere annullati gli effetti positivi nel prossimo biennio 2015-2016 pur con lo stop della recessione. Infine la Corte dei Conti che teme l’aumento delle tasse locali dopo i tagli imposti a livello statale. Un quadro tutto sommato positivo per il governo ma con troppi punti interrogativi e soprattutto con il rischio di non rilanciare la crescita nonostante gli sforzi.

–> LEGGI LA RELAZIONE COMPLETA DEL VICEDIRETTORE DI BANKITALIA SIGNORINI [PDF]

Nel corso dell’audizione alle commissioni Bilancio della Camera e Senato sulla legge di Stabilità il vice direttore generale di Bankitalia Luigi Federico Signorini ha in genere promosso la manovra dell’esecutivo, ma ha sottolineato rischi reali che si prospettano a lungo termine in particolare con la scelta del Tfr in busta paga mensile. Da via Nazionale infatti si chiede che la misura sia temporanea, pensata cioè per un breve lasso di tempo e solo per rilanciare i consumi all’interno di un quadro macroeconomico che rimane complesso.

Lo smobilizzo del Tfr maturando inciderebbe negativamente sulla capacità della previdenza complementare di integrare il sistema pensionistico pubblico, che in prospettiva presenta bassi tassi di sostituzione, soprattutto per i giovani, mediamente più soggetti a vincoli di liquidità”, dice Signorini. Il rischio è dunque che lo spostamento di parte della liquidità nel presente vada a incidere sulle pensioni future soprattutto dei lavoratori più deboli che potrebbero avere “in futuro pensioni non adeguate”.

Il quadro generale della manovra viene comunque promosso dalla Banca d’Italia perché “evita il rischio di una spirale recessiva” a fronte di una recessione che rimane eccezionale, profonda e duratura: da qui la necessità di aggiustare i conti pubblici, anche perché a livello globale, la previsione è “nel complesso condivisibile” pur se “soggetto a rischi”.

La manovra nasce per rilanciare i consumi e la crescita, con una ripresa del Pil che il Paese non vede da anni, ma tutto dipende “dalle modalità con cui verranno effettuati i risparmi di spesa”. Quello che serve al Paese, sottolinea Signorini, è un’iniezione “di fiducia di famiglie e imprese, che può essere rilevante se le misure adottate saranno percepite come un orientamento duraturo di politica economica”.

Luci e ombre anche per il nuovo regime fiscale agevolato con imposta al 15% per lavoratori autonomi e imprenditori persone fisiche sotto la soglia dei 15.000 euro annui per i professionisti, consulenti e freelance e 40.000 euro per commercianti e artigiani.

Il pericolo è che ci sia una maggiore evasione da parte delle partite Iva e professionisti per rimanere al di sotto di tali soglie, anche perché “gli strumenti di accertamento induttivo del reddito – quali studi di settore e parametri – non si applicherebbero a questi soggetti”. Per Bankitalia è dunque un’operazione a rischio con una doppia evasione a carico anche dei fornitori dal momento che, per rimanere nelle soglie dei minimi, si potrebbe avere una mancata fatturazione a monte.

A rincarare la dose arriva anche l’Istat, secondo cui “nel 2015 e nel 2016 la crescita economica reale beneficerebbe in modo marginale delle manovre espansive, rimanendo sostanzialmente invariata rispetto al quadro tendenziale”. Lo dice il presidente dell’Istituto nazionale di ricerca, Giorgio Alleva: vero che nelle previsioni non sono stati inseriti gli “effetti delle riforme strutturali”, ma gli ultimi dati positivi sono “troppo frammentati e instabili per indicare con chiarezza una conclusione della lunga fase recessiva”.

In tutto questo ci sono però le previsioni sul Pil diffuse dall’Istat che prevedono per quest’anno una diminuzione pari allo 0,3% in termini reali, seguita da una crescita dello 0,5% nel 2015 e dell’1,0% nel 2016. A incidere nel 2014 è la domanda interna al netto delle scorte, data in ribasso, mentre quella estera crescerà di poco (0,1 punti percentuali); per avere qualche effetto positivo bisognerà attendere il 2015, con ulteriore rafforzamento nel 2016.

La crescita potrebbe non essere sufficiente per far ripartire l’economia, con un altro rischio che incombe. La Corte dei Conti teme infatti che le imposte locali possano aumentare per far fronte ai tagli statali. Insomma, il percorso intrapreso da Renzi e dal suo governo è rischioso e difficile e potrebbe non bastare per risollevare le sorti economiche del Paese.

Lorena Cacace

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