Se all’interno della maggioranza giallorossa un’intesa totale sulla manovra economica fatica ancora ad arrivare, un primo accordo tra i partiti di governo è stato invece raggiunto sulla riforma della legge elettorale. Come affermato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, la maggioranza ha infatti deciso per una riforma in chiave proporzionale del sistema elettorale, ma con l’introduzione di correttivi anti-frammentazione: “Crediamo che sia la formula corretta per permettere al Paese di avere un dialogo tra le forze politiche ed avere un clima di minore contestazione, in modo da concentrarsi maggiormente sui temi”. Escluso dunque il maggioritario, il testo della nuova legge elettorale dovrebbe essere presentato entro la fine dell’anno.
Trovata l’intesa sul proporzionale, la maggioranza deve ora ragionare sul tipo di correttivi da introdurre. Al momento, le varianti sulle quali si sta ragionando sono due: sistema proporzionale con soglia di sbarramento nazionale al 4-5%; sistema proporzionale con soglia di sbarramento circoscrizionale sulla base del cosiddetto modello spagnolo. A seconda dei correttivi che verranno adottati i partiti più piccoli potrebbero veder aumentare o diminuire la loro reale possibilità di essere rappresentati in Parlamento: in particolare, se venisse adottata la variante costruita sull’esempio del sistema spagnolo, i partiti in bilico nel raggiungimento della soglia unica nazionale potrebbero veder eletti dei propri candidati quantomeno nelle circoscrizioni maggiori, corrispondenti alle grandi città. Da chiarire poi anche altre questioni di contenuto, a partire dalla scelta tra il voto di preferenza e l’introduzione di liste bloccate.
La legge elettorale oggi in vigore è la legge Rosato (dal deputato del Pd Ettore Rosato), nota come Rosatellum. A questa si deve l’attuale composizione di Camera e Senato, essendo stata applicata per la prima volta alle elezioni politiche del 4 marzo 2018.
Il Rosatellum prevede un sistema elettorale misto, ciò vuol dire che contempla sia una quota, in questo caso prevalente, di proporzionale sia una quota di maggioritario. Con questa legge infatti il 63% circa dei seggi viene assegnato con un sistema proporzionale, mentre il restante 37% circa (232 seggi su 630 alla Camera e 116 su 315 al Senato) attraverso un sistema maggioritario secco. Nel primo caso sono previsti collegi plurinominali in cui ogni partito o coalizione presenta una lista bloccata di candidati, mentre nel secondo caso sono previsti collegi uninominali – ogni partito o coalizione presenta un solo candidato – in cui ad essere eletto è solo il candidato che ha ottenuto più voti. Il Rosatellum prevede inoltre una doppia soglia sbarramento nella quota proporzionale: al 3% su base nazionale per i singoli partiti e al 10% per le coalizioni.
Con la riforma della legge elettorale dunque il governo giallorosso punta ad eliminare la quota maggioritaria, ossia quella in cui vige la logica anglosassone del first past the post, per la quale anche un solo voto in più fa la differenza nell’elezione o meno di un proprio candidato. Questo sistema infatti, stando agli ultimi risultati elettorali e agli attuali sondaggi politici che vedono la Lega di Matteo Salvini largamente primo partito in diverse parti d’Italia, costituirebbe un importante vantaggio per il Carroccio che, a meno di un’alleanza tra Pd e M5s, in caso di voto anticipato potrebbe conquistare la quasi totalità dei collegi uninominali, in particolare al Centro-Nord.
C’è però da dire che una buona legge elettorale dovrebbe essere slegata dalle logiche della convenienza politica e degli interessi partitici, dovendo in primo luogo garantire la rappresentanza delle diverse forze politiche ma anche la necessaria governabilità del Paese.
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