Una donna di Sassari è finita in coma per legionellosi, ancora non chiare le modalità del contagio. Si attendono i riscontri delle analisi.
I medici stanno analizzando la situazione per capire dove la donna abbia contratto il virus. Inizialmente si pensava alla piscina comunale ma poi le prime analisi lo hanno escluso. Altra ipotesi è che il batterio possa essersi annidato nei condizionatori, che se non puliti regolarmente possono portare a queste conseguenze, ancora però i sanitari non si sbilanciano. Le condizioni della donna sono molto delicate.
Una donna è finita in ospedale a Sassari, dopo aver contratto la legionellosi in modo ancora tutto da chiarire. Per la situazione molto delicata, è stata messa in coma farmacologico e ora i medici stanno cercando di capire come possa aver contratto il virus.
La paziente è originaria di Mores e si trova nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Sassari, dopo un primo ricovero all’Ozieri. Visto il repentino peggioramento i medici hanno disposto in seguito il trasferimento verso la struttura più idonea.
Non è chiaro come il batterio l’abbia contagiata e in un primo momento i medici pensavano a un collegamento con la piscina comunale di Cheremule, poiché la donna lavora nella ditta di pulizie che si occupa dell’impianto sportivo.
Così le autorità sanitarie hanno disposto la chiusura della piscina per gli opportuni esami dei tecnici dell’Asl, ma non è emerso nulla di preoccupante, quindi è stata riaperta al pubblico. Non è lì che la donna ha contratto la legionellosi quindi si fanno altre ipotesi, ad esempio impianti di condizionamento non opportunatamente puliti.
Le condizioni sono critiche perché sappiamo che questa infezione colpisce duramente i polmoni, provocando seri danni nei sistemi immunitari già cagionevoli.
La vicenda della donna di Sassari è partita alcuni giorni fa, quando il Comune di Cheremule era venuto a conoscenza dell’infezione. Così il sindaco Salvatore Masia si è attivato per far controllare la struttura dove la compaesana lavora.
Poi l’amministrazione ha rilasciato una nota: “Non c’è correlazione fra il caso di legionellosi e l’utilizzo della piscina, la cui acqua viene regolarmente trattata. I parametri sono risultati perfetti e nella norma”.
Prima di riaprire definitivamente l’impianto, ieri pomeriggio, per precauzione i tecnici del Servizio Igiene Pubblica hanno effettuato un trattamento anche sulle docce, portando la temperatura oltre gli 80 gradi per causare uno shock termico con lo scopo di far morire eventuali batteri presenti nelle tubature: la legionella non sopravvive oltre i 50 gradi. Sono infine stati sostituiti i soffioni perché comunque adesso per i residenti la paura è tanta e queste azioni si sono rese necessarie per garantire la sicurezza di tutti.
Viene comunemente chiamata legionella, ovvero come il batterio che la causa. La legionellosi, o malattia del legionario, può colpire a seguito del contatto con ambienti acquatici infetti perché proprio in questi luoghi il batterio trova le condizioni perfette per proliferare.
Parliamo di acqua artificiale o naturale, come sorgenti, acque termali, laghi, fiumi, zone fangose. In questi ambienti la legionella si moltiplica e poi trova un punto di unione con l’acqua con cui veniamo in contatto: impianti idrici cittadini, fontane, piscine e tubature.
Questi punti fungono poi da amplificatori e diffusori del microrganismo che attacca i polmoni causando difficoltà respiratorie. Si può venire infettati non solo dal contatto con l’acqua ma anche respirando aria malsana (ad esempio prodotta da un impianto di condizionamento non regolarmente sanificato) o tramite ferite.
Il contagio è raro nell’uomo, tant’è che i tassi di attacco nel corso di focolai epidemici sono inferiori al 5%. Anche la mortalità è rara però ci sono alcune condizioni che possono portare al decesso o comunque a gravi complicazioni del quadro clinico: gravità della patologia, appropriatezza della terapia antibiotica, luogo di contagio, condizioni pregresse del paziente).
L’incubazione arriva fino a 10 giorni, poi appaiono i primi sintomi come la polmonite infettiva. Nei casi particolarmente gravi, possono insorgere tosse, dolore al torace, febbre alta, cianosi e dispnea.
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