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L’attesa è finalmente terminata, Leonardo DiCaprio vince l’Oscar come Miglior attore protagonista per la sua interpretazione in The Revenant di Alejandro González Iñárritu. Le aspettative erano altissime e tutto il popolo dei fan di Leonardo era in fibrillazione per l’ennesima opportunità data all’attore, giunto alla sesta nomination in 22 anni. Praticamente alla fine della cerimonia di premiazione, Julianne Moore sale sul palco e rende nota la decisione dell’Academy, che ha riconosciuto la superiorità della performance di DiCaprio su quella di Eddie Remayne in The Danish Girl, di Matt Damon in The Martian, di Brian Cranston in Trumbo e di Michael Fassbender in Steve Jobs.
Agli Oscar 2016, Leonardo DiCaprio arriva con una lunga serie di occasioni perse alle spalle, che hanno giustamente sconcertato più volte gli amanti, più o meno fedelissimi, dell’attore americano. La prima nomination di Leo risale al 1994, quando giovanissimo veste i panni del fratello con problemi mentali di Johnny Depp in Buon compleanno Mr. Grape. Undici anni dopo ci riprova con il personaggio di Howard Hughes in The Aviator, mentre nel 2007 viene nuovamente candidato per Blood Diamonds. Il 2014 è l’anno della grande indignazione, causata dall’Oscar negato per The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, film nel quale Leo costruisce un personaggio intenso e memorabile, che finisce però per scontrarsi con la splendida rivelazione costituita da Matthew McConaughey in Dallas Buyers Club.
Cos’ha il personaggio di Hugh Glass in The Revenant che agli altri ruoli di Leonardo DiCaprio mancava? Oramai è noto che l’Academy ama particolarmente le trasformazioni fisiche e le interpretazioni estreme, ma questo fascino non è da imputarsi alla semplice modificazione corporea, a quanti chili un attore riesce a perdere o prendere, quanto alla tipologia di personaggio che emerge da queste metamorfosi. Più un personaggio è diverso dall’attore che gli presta il volto, più si intensifica il lavoro di preparazione e di immedesimazione richiesta, che mette veramente alla prova le capacità dell’interprete, spesso ma non sempre (come nel caso della goffa trasformazione cosmetica di DiCaprio in J. Edgar).
Nel caso di The Revenant, dove per altro Leo è muto in una vasta porzione di film, si viene a perdere totalmente la connessione con il Leonardo DiCaprio della vita reale, immerso totalmente in un ambiente naturale che lo sovrasta e lo ingloba, facendone essenzialmente un archetipo, un mero portatore di impulsi istintivi, quello alla sopravvivenza e quello alla vendetta. Se nel paranoico Howard Hughes di The Aviator, nel criminale dal cuore tenero di Blood Diamonds e nel vizioso broker di Wolf of Wall Street era ancora possibile intravedere il Leonardo mondano, engagé e quasi forzatamente trasformista, nel lavoro di Iñárritu abbandona ogni traccia di sé, per farsi trasportare senza opporre resistenza dalle necessità della narrazione. Gli Oscar 2016 premiano, quindi, DiCaprio non tanto per la sua capacità di stupire attraverso la recitazione, quanto per la sua resa consapevole al film, in cui si annulla attraverso un intenso lavoro di destrutturazione.
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