Cristiano Ronaldo sta mostrando, tutta in una volta, la sua umanità e questa volta la sensazione è davvero che l’era in cui ha dominato il calcio mondiale, sbracciando con Lionel Messi, sia giunta alla fine. L’inizio di stagione al Manchester United ha restituito al pianeta del pallone un campione diverso, meno brillante e meno letale, ma anche un po’ più solo. Cerchiamo di capire i motivi e se davvero la sua caduta dall’Olimpo è definitiva.
Nei giorni in cui Erling Haaland ha rubato la scena a qualsiasi collega, imponendosi come l’ultima grande cosa del calcio mondiale, la parabola discendente di Cristiano Ronaldo è arrivata probabilmente al suo punto più basso. A 37 anni, in molti si chiedono quali siano spazi e prospettive per un campione che è sempre più scomodo nella rosa di Erik ten Hag e che riempie le prime pagine dei giornali inglesi soprattutto a causa di errori sul campo o di scenari al ribasso sul calciomercato. CR7 è il fantasma del Superman che ha lasciato stupefatto per anni tutto il mondo del calcio e questa volta il canto del cigno per lui sembra inevitabile.
Cristiano Ronaldo non si riconosce più: è davvero la fine della sua era?
In barba a chi lo trovava antipatico, a chi sosteneva che di Ronaldo, quello vero, ce ne fosse solo uno, a chi l’ha sempre visto solo come il nemico numero uno di Lionel Messi, come in un cartone in cui recitava la parte dell’antagonista, l’importanza di Cristiano Ronaldo nel calcio mondiale non può essere ignorata.
Perché il portoghese è, o è stato, quel serbatoio quasi mistico di strafottenza, perfezione fisica, eccellenza d’etica lavorativa e dedizione, e poi un talento meraviglioso, da far impallidire uno come Alex Ferguson che l’ha lanciato, coccolato e portato ai massimi livelli. Sorrisi da bambino, da far rivenir voglia a chi già ne aveva visti tanti di cicli, per poi perderla solo qualche anno dopo.
Cristiano Ronaldo, quindi, la storia l’ha scritta, senza ombra di dubbio. Ha portato il Portogallo sul tetto d’Europa, prima in campo e poi da allenatore aggiunto in panchina, quando ha dovuto abdicare. E poi le coppe, luccicanti, splendenti, troppe ma per lui mai abbastanza. Di Champions League e palloni d’Oro ne ha accarezzato e sollevato al cielo a bizzeffe prima con il Manchester United, poi con il Real Madrid, in cui ha avuto la fortuna (e ce l’hanno avuta gli altri) di essere il frontman di una squadra praticamente perfetta, di qualità eccelsa e che aveva la capacità rara e inestimabile di valorizzarlo totalmente, soprattutto in zona gol.
Poi qualcosa è cambiato. Prima di tutto, il suo stile di gioco. Non più dribbling e finte ubriacanti per saltare due, tre, quattro avversari come fossero pupazzetti al suo cospetto. Più che altro una gestione serpentesca e silenziosa del gioco offensivo, molto più votata a farlo diventare un attaccante centrale aggiunto in area di rigore, incontenibile in marcatura per i difensori avversari. Per carità, dritto per dritto la sua velocità non si discute, né tantomeno un’elevazione e uno stacco aereo che è diventato ben presto marchio identificativo del suo gioco. Il CR7 esterno d’attacco, però, è andato scemando come un tramonto meraviglioso, ma che lascia spazio a una sera sconosciuta e insensibile.
Quello della Juventus era già un Ronaldo molto diverso. I bianconeri pensavano fosse la cifra mancante per arrivare sul tetto d’Europa, e invece hanno scoperto come si trattasse di un catalizzatore meraviglioso di gioco, ma non più un trascinatore tecnico. Un diamante lussuoso e prezioso, da copertina, ma che senza l’architettura giusta rischia di restare solo e dimenticato nel traffico delle difese avversarie. La Champions Ronaldo non l’ha portata a Torino, e questo è un dato di fatto, prima di scapparsene al Manchester United.
E lì la sua parabola discendente è andata pure oltre. L’aria da quelle parti è di nuovo ciclo che sta per iniziare, ma lo è da anni, tanto da essere diventata un’etichetta ammuffita e difficile da levarsi dalla fronte. Nonostante i pesanti investimenti, la passione, la storia, i tifosi e i campioni. Beh, a Ronaldo non è andata bene stavolta da quelle parti, tanto da non qualificarsi all’attuale edizione della Champions League, che per lui è linfa vitale.
La discesa di CR7 è giunta fino a Cipro
Dallo scorso maggio, poi, le cose sono evidentemente precipitate. Erik ten Hag ha le chiavi dello United e CR7 la sua copia non l’ha ricevuta. Il portoghese non è più titolare intoccabile dei Red Devils, anzi, e per uno come lui è praticamente una bestemmia. Fin dalla scorsa estate, il lavoro di Jorge Mendes è stato incessante per trovare una nuova sistemazione al suo capolavoro più riuscito, ma questa volta non c’è stato niente da fare.
Le porte in faccia sono state tantissime per il super agente, che ha proposto il suo assistito a mezza Europa senza trovare neanche un sì convinto. Ci ha provato anche in Italia, in particolare con Napoli e Milan: non se n’è fatto nulla. E i tempi non erano maturi neanche per l’uscita di scena dalle big internazionali, e quindi per un ritorno a casa, allo Sporting, nonostante le pressioni di mamma Dolores.
La stagione è ripresa e i mal di pancia, per forza di cose, sono finiti. Ronaldo, però, non è del tutto sereno, non può esserlo, e in campo non è più se stesso. In Premier League, ha giocato sei partite, di cui solo il 14% da titolare e ha realizzato zero gol e zero assist. Assurdo, se pensate ai numeri di solo due anni fa, senza andare troppo lontano. Nel derby contro il Manchester City, invece, contro un Erling Haaland mostruoso e letale, ha visto i suoi perdere 6-3 senza giocare neanche un minuto. L’allenatore ex Ajax si è giustificato dicendo che farlo entrare in una situazione di punteggio del genere sarebbe stata una mancanza di rispetto per un fenomeno come lui, ma non ha convinto nessuno.
In Europa League, ten Hag, invece, l’ha sempre schierato e lui ha anche messo a segno un gol e un assist, ma ieri contro l’Omonia ha toccato probabilmente il punto più basso. Lo United ha vinto 2-3, ma Ronaldo si è divorato un gol praticamente a porta vuota, servito in ottima posizione dal connazionale Dalot. Talmente strano per uno come lui che la rete mancata ha fatto rapidamente il giro del web, come la sua frustrazione. E non è un problema riferito solo ai Red Devils, perché il portoghese di Madeira ha fatto molta fatica anche in Nations League, nell’ultimo spazio dedicato alle Nazionali.
La sensazione è che qualcosa si sia rotto per un fenomeno che sembrava inossidabile, ma che a 37 anni non può più essere quello di una volta, non solo dal punto di vista fisico. Ora, per molti, è un lusso economico e non solo, visto che le pretese contrattuali restano importantissime. Anche sotto di vista tattico, con un calcio che va in una direzione sempre più totale per ogni ruolo, Ronaldo fa fatica a inserirsi e a giocare in coro, e comunque anche in una vetrina di campioni come il Real Madrid si va in una direzione diversa.
I media si affidano al calciomercato per trovare una collocazione a Ronaldo. Dopo il Mondiale, si parla della Turchia e del Galatasaray, in cui l’ambiente rovente di Istanbul potrebbe metterlo al centro della città. Oppure, c’è l’ipotesi statunitense, dove l’entusiasmo e la voglia di crescita potrebbe attirarlo. Come lo Sporting, e stavolta potrebbe essere la volta buona. Non nascondiamoci, però: tutte queste ipotesi hanno il sapore di un’uscita di scena che non è improvvisa e che non è prematura per un classe 1985, ma a cui probabilmente non siamo e non saremo mai pronti. Ma che vuol dire fine di un’era se hai scritto la storia e se ti chiami Cristiano Ronaldo. E anche i suoi massimi sostenitori non potranno che arrendersi all’evidenza dei fatti.